di Guido P. Rubino
1 giu 2021 – Il Giro d’Italia è sempre appassionante e negli ultimi anni ha riservato comunque sorprese e interesse. Il bello del Giro è che diventa bello da vedere anche quando si vorrebbero alla partenza i corridori più blasonati, che spesso preferiscono evitare per andare al Tour de France. Anche quando quelli più forti vengono tagliati fuori da imprevisti di varia natura.
Il Giro regala sorprese e piacciono pure.
A questo punto, dopo la chiusura dell’ultima tappa, si potrebbe dire che il Giro è stato vinto dal predestinato Egan Bernal. Sì, e invece no. Bernal non è stato padrone assoluto del Giro. Quando si pensava lo stesse diventando il suo trono è vacillato e abbiamo scoperto Damiano Caruso – che sapevamo già ma non a questi livelli. Ci ha regalato storie bellissime nello stupore del gregario assurto a capitano.
I gregari al Giro
Negli ultimi anni il Giro d’Italia ha pescato i campioni tra i gregari. Quest’anno è stato il turno di Caruso, che ha dovuto fare le veci di Mikel Landa, sarebbe arrivato secondo lo spagnolo? L’anno scroso lo stesso Tao Ghoghegan Hart, promosso sul campo dopo la caduta di Geraint Thomas. E ancora Carapaz vinse un Giro d’Italia dopo il forfait, ancora una volta, di Landa.
Giro di seconde linee allora? Sarebbe una lettura ingiusta e pure sbagliata. Anzi, mette in evidenza come le squadre moderne, almeno le più importanti, abbiano corridori di altissimo livello potenzialmente in grado di vincere al posto dei loro capitani. E segnatevi il nome di Martinez, altro gregario di stile, l’angelo custode di Bernal.
Troppe fughe?
Probabilmente sono state troppe le fughe all’arrivo se pensiamo ad alcune tappe con traguardi da grande ciclismo. Senza togliere nulla ai vincitori, più che meritevoli, una grande corsa a tappe è fatta di nomi importanti, campioni contemporanei, che firmano i traguardi più prestigiosi. Mancanza di rispetto del gruppo? Probabilmente è solo un “problema” di qualità delle squadre (vedere sotto).
Il percorso
Quando era stato presentato il Giro d’Italia si era detto di salite poco “cattive” con conseguente preoccupazione di poca spettacolarità. Anche questo Giro, tuttavia, ha dimostrato che non conta tanto quanto sono importanti le salite, quanto il modo in cui vengono affrontate. Tanto più che alcune delle azioni spettacolari di questa edizione sono accadute in discesa o nei tratti che precedevano altre salite: la tattica vince sul percorso e se le ammiraglie la studiano bene lo spettacolo è assicurato anche con le radioline. Certo, ci manca lo spettacolo del tappone dolomitico, che probabilmente non avremmo visto in diretta e non sapremo mai se avrebbe cambiato le cose o solo rimarcate.
Un problema di squadre al Giro
Al Giro d’Italia c’è chi ci vuole andare, chi ci deve andare e chi ci vorrebbe andare ma non può. Tra quelli che ci devono andare ci sono quelli che a volte non se lo meritano troppo. Parliamo di squadre che portano i corridori in bello spolvero puntando solo ad alcune tappe, per poi riportarli a casa con scuse pure plausibili ma che suonano stonate con lo spirito del ciclismo. Remco Evenepoel lo avrebbe finito sui gomiti il Giro, si contrappone ai vari Ewan e Merlier che non hanno convinto troppo con i loro ritiri. Tanto più che Merlier, a neanche una settimana dal ritiro, ha vinto il Giro del Lussemburgo in gran forma. E no, non si fa così e non importa che il regolamento lo permetta. Si parte per arrivare al traguardo, non per allenarsi. Ehi UCI, c’è qualcosa che non va anche qui!
Che poi a che serve avere squadre chiaramente non invogliate ad andare al Giro? Meglio dare spazio alle squadre Continental allora, che almeno fanno divertire per fughe e sorprese e magari ci presentano un campione. O almeno non finiscono la corsa in due.
Sicurezza sì, sicurezza no.
Il tema è sempre caldo, anzi scottante come asfalto rovente su cui a volte scivolano i corridori. È sicuro il Giro d’Italia? Gli sforzi organizzativi sono stati enormi e sarebbe ingiusto non riconoscerlo. Pensate al primo arrivo di gruppo, quando Molano ha inavvertitamente sbattuto sulle transenne il compagno di squadra Gaviria a cui stava tirando la volata (!). Gaviria si è appoggiato ai tabelloni riuscendo a rimanere in sella e non cadere. Quanti altri arrivi di corse internazionali (viste anche quest’anno) avrebbero sostenuto una sicurezza di questo livello?
L’incubo della caduta di Fabio Jacobsen al Giro di Polonia dello scorso anno è presente. Per cui brava RCS nei dettagli.
Per contro sono stati fatti notare anche dei problemi di percorso: uno su tutti la tappa con arrivo a Cattolica quando è caduto Dombrowski addosso a Landa dopo aver investito l’adetto alla segnalazione dello spartitraffico. Tra curve, contro curve, rotonde e ostacoli in mezzo alla strada forse si è rischiato troppo. E lo ha sottolineato Ilijo Keisse (Deceunink): la sicurezza non è sufficiente. Però si tratta pure di un percorso approvato e non scoperto il giorno prima.
Insomma, se si vuole lavorare sulla sicurezza forse sì, qualcosa in più si può fare. Anche RCS evidentemente, che rimane, comunque, una delle organizzazioni che fa di più.
Tappe pericolose?
Il nodo è qui. Dopo la frazione di Morbegno dello scorso anno speravamo di non vedere più una cosa del genere al Giro d’Italia. Invece, anche se in maniera meno caotica, qualcosa è successo anche stavolta. La tappa di Cortina d’Ampezzo ha evidenziato qualcosa che non funziona, ne abbiamo già parlato qui, e su cui l’organizzazione del Giro dovrà lavorare a fondo per stabilire un rapporto corretto con le squadre più che con i corridori che a volte sembrano davvero guidati con miopia. In un Giro d’Italia a fine maggio sulle Alpi nell’ultima settimana (ma capitava anche a giugno, tanto più) un paio di giorni di brutto tempo sono da mettere in conto, non si scappa. Altrimenti si deve ragionare su salite diverse, al di sotto dei duemila metri, ma a quel punto va ripensato tutto il ciclismo: una responsabilità che il Giro non meriterebbe davvero.
Moto, macchine e confusione
Nella tappa con arrivo a Campo Felice stava per accadere il patatrack, poi non è successo niente e via così, non se n’è parlato. Ma la quantità di veicoli in corsa è davvero elevata. Non solo al Giro ovviamente, accade in tutte le gare di alto livello. In passato sono già accaduti problemi e, a quanto pare, per quanto si lavori sulla sicurezza, il problema sembra essere proprio il numero. Chi gestisce i veicoli in corsa può essere bravissimo, ma con quei numeri il rischio c’è. Prendiamone atto. Anche in altre tappe si è parlato dei troppi veicoli in corsa. Lo stesso Ganna ha detto di situazioni quantomeno di allerta proprio per le troppe moto. Una bella contraddizione pensare che quelle moto sono lì soprattutto per la sicurezza, ma è anche un dato statistico: se sono troppe aumentano le situazioni di pericolo che si possono creare.
Diversi problemi, quest’anno, anche per le ammiraglie coinvolte in diversi incidenti anche oltre quello, inammissibile, dell’investimento di Pieter Serry, ci sono stati diversi tamponamenti che hanno creato qualche problema alle squadre.
Forse chi guida l’auto ha troppe cose da seguire? Il problema, ovviamente, non è solo del Giro d’Italia ma sarebbe da prendere in considerazione più della questione borracce.