20 apr 2019 – Di Patrick Sercu, scomparso ieri all’età di 74 anni, il ciclismo sentirà la mancanza. Le persone a lui vicine, ovviamente, i suoi cari e poi il ciclismo.
Sercu, un nome di altri tempi, una sonorità dura che già impone rispetto, era il pistard. Uno degli esempi da portare a modello quando si parlava di corse su pista, di sei giorni. Quelle storie che mischiano la forza a un po’ di mistero quando osservi le foto e senti l’odore dell’olio dei massaggi e il fruscio delle biciclette sulla pista, catene silenziose senza cambi e tutta forza.
Sercu aveva 74 ed era un mito. Belga, nato a Roeselare nel 1944, un titolo olimpico nel chilometro da fermo conquistato a 20 anni e poi tantissimi trionfi su pista ma anche su strada (13 tappe al Giro d’Italia, 6 al Tour de France).
Il ricordo più bello è quello scritto da Silvio Martinello, da leggere tutto in un sorso:
Febbraio 1981, Palasport di Milano. Arriviamo in zona San Siro con il furgone del Comitato Regionale Veneto, in serata inizierà la 6 giorni di Milano con la gara inaugurale per la categoria Juniores, poi toccherà ai Dilettanti e poi ai Professionisti. Emozione, tensione, ma anche tanta voglia di vedere dal vivo, per la prima volta, uno spettacolo unico. Si scarica il furgone e si entra nel Palazzo, passando di fronte a delle stanze rigorosamente chiuse. Giovani Juniores vocianti ed eccitati, ma gli addetti ci impongono di non fare rumore, dentro quelle stanze ci sono dei corridori che stanno riposando. Sulle porte i cartelli con i nomi: Moser, Bincoletto, Bidinost, Pijnen, Clark, Allan, Fritz, Debosscher, Thurau, Bontempi, Sercù ed altri ancora. Si avanza silenziosamente di fronte a quelle porte chiuse, emozionati leggendo i nomi dei campioni che tra qualche ora saranno i protagonisti della 6 Giorni di Milano. 19.30 della sera, presentazione delle coppie, palchi gremiti, parterre dove non si trova un tavolo libero. Tocca a noi giovani e nel prepararsi ad entrare in pista da un cancello del lato opposto a quello dell’arrivo, si passa di fronte a degli uffici a vetri, attraverso i quali si poteva vedere chi ci fosse all’interno. Signore e signori vestiti come alla prima della Scala, ed in uno di questi uffici a parlare con un signore che poi negli anni ebbi modo di conoscere ed apprezzare, Nino Recalcati, due corridori già preparati, con le gambe oliate e pettinati per bene, Renè Pijnen e Patrick Sercù. Erano in quegli anni i “Capi” del variopinto ed affascinante gruppo dei Seigiornisti. Non volevo mai andare a letto, non perdevo una caccia dagli spalti del Palasport. Per la cronaca con Fabio Lana giungemmo secondi nella 6 giorni di categoria, quella dei grandi la conquistarono Patrick Sercù e Francesco Moser, Pijnen fu secondo con Fritz, specialista tedesco. Ogni giorno si entrava nel Palazzo sfilando di fronte alle stanze chiuse che ospitavano i Campioni e ci chiedevano di non fare rumore, le voci raccontavano che la sera precedente in cucina si era fatta festa fino al mattino, ed i Campioni dovevano riposare. Avranno anche fatto festa, pensavo, ma alla sera erano tutti brillantissimi e andavano come degli “animali”, ed i 15 mila del Palasport urlavano ed applaudivano. Che mondo affascinante quello delle 6 Giorni. Me ne innamorai allora, nel 1981. Il Kaiser Patrick Sercù non sapeva nemmeno chi fossi, mi conobbe qualche anno dopo, nel 1986. Aveva smesso da 2 stagioni, era diventato Direttore alla 6 Giorni di Gand e mi ingaggiò. Ero alla mia prima stagione tra i professionisti e correvo la mia prima 6 Giorni con i grandi. Maurizio Bidinost il mio compagno di avventura, classe e motore per lo specialista friulano, che aveva il compito di sostenere un giovane di discrete speranze ma senza esperienza. Velodromo di Gand che conoscevo per averci corso i Campionati del Mondo Militari nel 1982; oro nella corsa a punti, argento nell’inseguimento a squadre e bronzo nell’inseguimento individuale il bottino personale, ma soprattutto licenza premio da Maggio a Dicembre, con rientro in caserma per ritirare il congedo. Patrick mi aveva visto l’anno prima ai mondiali di Bassano del Grappa, e mi diede fiducia facendomi esordire in quella tradizionale 6 Giorni. Mi aggrappavo all’esperienza di Maurizio Bidinost, mio compagno di coppia e Pierangelo Bincoletto, altro grande specialista Italiano. La piccola colonia Italiana condivideva il piatto di pasta alle 4 del mattino, al termine delle gare, in una vecchia stanza di un vecchio hotel di fronte alla stazione di Gand. Esperienza drammatica; 1 Clark-Doyle, 2 De Wilde-Tourné, 3 Frank-Vaarten….11 Bidinost-Martinello a 67 giri di ritardo. L’apice lo toccai durante la terza serata, quando nel frullatore in cui mi trovavo, feci una manovra azzardata portando a terra con me Clark e Doyle. Quando ebbi il coraggio di riaprire gli occhi vidi in piedi sopra di me Patrick che mi guardava malissimo, e per un attimo pensai avesse una gran voglia di “spegnermi” come si fa con un mozzicone di sigaretta. Mi scusai e fui felice di vedere che i danni provocati erano lievi per me ma soprattutto per Clark e Doyle che vinsero meritatamente quella 6 Giorni. Il sottoscritto fortunatamente crebbe, fino a diventare di quel fantastico mondo uno degli attori principali, trovandomi in tante occasioni dentro un ufficio a vetri a parlare con l’organizzatore, preparato per correre, gambe oliate e ben pettinato, e spesso l’organizzatore era proprio Patrick. Vedere sfilare oltre il vetro giovani eccitati che guardavano dentro per provare ad incrociare lo sguardo del loro beniamino, e tornare indietro nel tempo a quel 1981, e sorridere dentro di me pensando a quanta strada fossi riuscito a fare, ed essere seduto allo stesso tavolo con colui che per quel fantastico mondo rappresentava il riferimento principale. Parlare con lui, ascoltare i suoi suggerimenti, imparare i suoi segreti, capire che esisteva stima reciproca. Farsi due risate ripensando al 1986 ed a quella prima traumatica esperienza di Gand….67 giri di ritardo: ”meglio non si sappia Silvio”, mi diceva! Che la Terra ti sia lieve Amico Mio, è stato un onore esserti vicino e condividere un pezzo di strada insieme, da oggi mi sento un pò più solo.
https://www.facebook.com/Sil.Martinello/posts/2273508406230019?__xts__[0]=68.ARDNUsSTPzEp4F5j96CZkPeTIWZDaYGrKuQfNHzBKSGloNQ82lCT92fPoeLhAiHn5r2zK9TkN-ZFKvoO8iEGrv6vbTOpD5Fzr8PxoE2M5WGNJASp1SyMXozMoY5OEWErzcvGsHylK0diU9xWi5SMHYOCe6YGCg8JFaM9jtM_nmMeIRzl6AW6-mcydBrOhZ5p4i4VIHpeLE9usQZkVTlONrkNDhzeyXz0a9bHmkZh6yVaMsOUbHHLGyY2D8vvf704rv-pV18InHuN-pIukI1F4S7AIEzfTXGtsbFXSqFJzMW10E6fx2NhM5cwLRT7xAXc4g91dhsgmo5YUc1_zF8vUYQi&__tn__=-R
Redazione Cyclinside (foto FCI)
C’ero alla sei giorni del 1981,,, c’ero come spettatore, troppo giovane per calcare il parquet del Palasport, ma irrimediabilmente attratto dal fascino della pista, della tantissima gente, della mondanità che si respirava in quel luogo magico, dei corridori che, dalla balaustra, vedevo sfrecciare in un misto di potenza ed eleganza.
C’ero io ma, soprattutto, c’erano i grandi campioni, ognuno con il proprio stile dentro e fuori dalla pista…
Tra tutti, spiccava Sercu… Un campione, un signore.
Ciao Patrick.