Era andato così forte, anche per dimostrare a Pogacar, sin dai primi chilometri, che non ci sarebbe stato niente da fare in quella cronometro, che correva persino il “rischio” di vincere la tappa.
Però aveva parlato col suo compagno di squadra, non uno qualsiasi: Wout Van Aert, alla mattina. Si erano scambiati gli sguardi prima di andare verso la gara e si erano capiti.
Chissà, forse Jonas Vingegaard aveva pure visto lo sguardo di Van Aert prima della partenza. Non lo aveva mai visto così serio, così puntato all’infinito, verso il traguardo. Uno sguardo che ripercorreva la ricognizione vedeva già la gara in attimo prima di correrla. Una concentrazione che forse non aveva mai avuto, nemmeno prima di vincere un mondiale.
Quella cronometro doveva sapere di riscossa, non vendetta, ma rivincita. Dopo che due anni fa era finita così male, con la beffa a Roglic negli ultimi chilometri, la maglia gialla dissolta. Lo sguardo incredulo con cui Van Aert osservò quella sconfitta ora era dentro quegli occhi che miravano il percorso. Niente da fare, oggi si chiude un cerchio.
Anche Vingegaard sapeva di quei giorni, ma oggi sarebbe stato diverso. La Jumbo Visma di due anni fa, pur forte, non era nemmeno l’ombra di quella del Tour de France 2022. Una vera corazzata, difesa su tutti i lati e con, forse, ancora qualche sorpresa.
Pure Jonas Vingegaard aveva da togliere un sasso dalla scarpa. Ma certo. Tutti quegli scatti che Pogacar gli aveva fatto nelle tre settimane precedenti, per batterlo quando poteva o anche solo per innervosirlo e dirgli che era lui il più forte. Quindi pronti via a tutta. Subito miglior intertempo e ok ragazzi forse può bastare così per mettere in chiaro un paio di cose. Poi anzi no, proseguiamo ché le gambe non hanno mai girato così, magia e fulgore di questa maglia più bella di tutte.
Intanto davanti c’era Van Aert, fenomento a cronometro, piatta mista che sia lui è un fenomeno. Come in salita, come in volata. Ma oggi voleva dimostrare qualcosa.
Allora Vingegaard a tutta fino alla fine. Poi si rende conto. Dall’ammiraglia gli dicono qualcosa: stai battendo anche il tuo compagno di squadra.
E il capitano, allora, scende dal trono di cannibale e si fa capitano. Si concede un sorriso: ha vinto il Tour. Si rialza e addio aerodinamica, le gambe accompagnano i pedali e i secondi scorrono quel tanto che basta.
Van Aert dalla sua hot seat capisce il gesto, scioglie la tensione e ha voglia di festeggiare. Dove, allora, se non con il suo amico? Si era mai visto un campione accogliere un compagno di squadra, campione anch’esso, al termine di una cronometro. Giù, a un passo dal traguardo a braccia alzate.
Stavolta abbiamo vinto noi.
24 lug 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside