Storie opposte ieri al Tour de France. Quella di Houle, vincitore col dito puntato in su a chiamare il fratello scomparso dieci anni fa in un incidente e quella, silenziosa e lontana, di Marc Soler.
di Houle hanno detto tutti, sono le belle avventure che regala la bicicletta.
Di Soler si è detto meno. Ieri è quello che ha pedalato più di tutti invece. Per così tanto tempo da arrivare 15 minuti dopo il tempo massimo che pure è stato aumentato del 20 per cento tenendo conto del caldo eccezionale di questi giorni.
Avete mai pedalato col mal di stomaco? Aveta mai vomitato in bicicletta, e proseguito?
Anche senza essere passati per questi estremi conoscerete la sensazione di pedalare stando male. Le gambe diventano molli come spugne, la testa si svuota, difficile pure guidare la bicicletta. Ogni pedalata è un dolore, il pensiero di smettere che martella dentro. Il dubbio di aver mai cominciato.
Soler era lì, già staccato di qualche minuto dal gruppo prima che iniziassero le salite. Non c’era neanche più la terza ammiraglia con lui, ma il furgone di supporto. Vuoi salire?
Ha scosso la testa, poi accostava a bordo strada a dare ancora di stomaco.
Intanto dietro è comparsa la figura sinistra del furgone scopa. Quello che simbolicamente raccoglie i corridori ritirati, ripulisce la strada dagli avanzi umani del Tour de France, dalle giornate storte nel giorno sbagliato.
Marc Soler non ha voluto saperne. Davanti si gettavano per l’ultima discesa, prima di giocarsi la tappa e lui scollinava sulla prima salita di giornata.
Lo sapeva già come sarebbe andata a finire. Si è messo a spingere per cercare di recuperare pescando nel poco o niente delle forze rimaste.
Ma è il Tour de France, e giusta o sbagliata che sia, finché ci sono le gambe e una bicicletta, si pedala. C’è il pubblico del Tour de France da rispettare. Loro sono lì ad aspettare da chissà quando, figurati se gli passo davanti in automobile, seduto comodo.
E così via, ogni pedalata una in meno da fare. Metri in meno verso un traguardo sempre troppo lontano. Che poi è un pedalare da soli, nel caldo, si attutiva il rumore del pubblico. Si sentivano solo i pensieri e la voglia di crederci dove gli altri non ci credevano già più.
Tanti pensieri e quella speranza che è rimasta un sogno. Per quindici maledetti minuti.
Onore a Soler, come a Morkov, fuori tempo massimo anche lui qualche giorno fa.
20 lug 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside