Da Lance Armstrong in poi il ciclismo è cambiato nel modo di pedalare in salita. Badate bene, non ci riferiamo ai motivi che hanno portato l’americano alla squalifica e alla rimozione dagli ordini di arrivo, ma alla nuova concezione di pedalata, per cui la potenza di può fare anche con un alto ritmo, non solo con i rapporti lunghi.
Chi si ricorda quel primo Tour de France del 1999 vinto da Armstrong si ricorderà anche dello shock che fu vederlo pedalare a quel ritmo altissimo di pedalata, non solo in salita ma anche a cronometro, dove addirittura arrivò a vincere una tappa all’incredibile ritmo medio di 120 pedalate al minuto. E Armstrong ha fatto scuola: da lui in poi il ritmo medio di pedalata in salita si è alzato, tutti hanno seguito l’americano ed hanno lavorato sullo spostare la propria curva di potenza a regimi più alti.
Prima di lui c’erano i mitici attacchi di 53 in salita di Piotr Ugrumov, gli attacchi di chilometri in piedi sui pedali di Laurent Jalabert o Luc Leblanc, il rapportone di Gianni Bugno. Tutta preistoria. Armstrong, poi cancellato dagli albi d’oro, ha spinto il ciclismo verso una nuova era.
E la nuova era è ora rappresentata da Froome. Ancora frullate incredibili di gambe, un’agilità impensabile, anche se dobbiamo dire che nel 2017 il numero di pedalate di Froome è stato inferiore a cui ci aveva abituato negli anni passati. A quanto si è visto anche la prestazione assoluta non è stata così superiore agli avversari come negli anni scorsi, ma il numero di pedalate inferiore è palese, e soprattutto è stato palese durante i momenti critici di gara, quando Froome invece ci aveva abituato a mega frullate a velocità impensabili.
Influenza triathlon?
Sarà una variazione voluta? Negli ultimi anni il Triathlon ha portato una ventata di novità nel ciclismo. La preparazione dei triatleti ha evidenziato alcune caratteristiche necessarie in gara ed in allenamento trasportabili nel ciclismo su strada. Una di queste è il ritmo di pedalata piuttosto basso, necessario per ottenere un minor dispendio di energie in ottica di affrontare lunghissime distanze e di avere ancora le gambe per il tratto finale di corsa a piedi. Questo accorgimento è già stato ampiamente “copiato” dai cronomen su strada, che negli ultimi anni pedalano a ritmo meno elevato.
Un passo indietro
Si parla molto di un team tecnologico, la Sky di Froome, senza mai considerare che questo approccio al ciclismo non è assolutamente una novità. Grande esponente di questa mentalità fu Bjarne Riis, vincitore del Tour 1996, e poi l’avvento dell’US Postal di Armstrong che lavorava in modo molto simile alla Sky odierna. E dal 1999 ad oggi è sembrato che chi riuscisse a sviluppare la stessa potenza con un rapporto inferiore sia quello che poi dettasse legge a fine Tour. Il passo indietro di Froome è uno sviluppo ulteriore in direzione di un miglioramento o il segno di una piccola flessione del campione della Sky, ormai da 6 anni sulla breccia?
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)
il pedalare di Froome e quello di Bugno sono ambedue un pò ridicoli.
È il parere di uno che non si firma nemmeno…