18 mar 2018 – È comparsa un’auto all’improvviso, ieri, sul percorso della Milano Sanremo. Un’automobile uscita da una strada privata in un tratto dove l’autista immaginava non passasse la corsa. Ma era una di quelle strade divise in due da una siepe centrale, quelle che quando passa la corsa c’è un segnalatore ad avvisare del pericolo (come su una rotonda).
I primi mezzi della corsa e poi il primo gruppo dei ciclisti è passato a sinistra, dando forse la sensazione che quel tratto di strada, sulla destra, fosse libero. Al sopraggiungere degli altri corridori e poi delle ammiraglie e di tutti i mezzi al seguito quell’auto si è trovata inesorabilmente in mezzo alla corsa. Dentro alla corsa, come non aveva immaginato il suo autista e come sarebbe vietato dalla legge che è sempre bene chiarire: tra la macchina con il cartello “Inizio gara ciclistica” e l’ultima con la scritta “Fine gara ciclistica” la strada è interdetta a tutti i veicoli non autorizzati (biciclette comprese, sia chiaro – a spiegare pure certi interventi piuttosto decisi in passato delle Forze dell’Ordine). Lo dicono la legge e il buonsenso. Comportarsi diversamente significa creare un pericolo per chi corre e anche per se stessi (servisse almeno questo).
Eppure continua a succedere. La storia del ciclismo è piena di episodi di questo tipo, alcuni tragici e disgraziati (ricordate l’incidente di Pantani alla Milano Torino?)
In Italia non c’è una legge che limiti, come in altri Paesi, il numero di uscite private sulla strada pubblica. Altrove non ci possono essere più di tot uscite ogni tot metri. Qui si fa quasi come ci pare e le cose ciclistiche passano davanti a un’infinità di passi carrabili regolarmente autorizzati. Impossibile mettere in sicurezza tutto il percorso. E la Milano Sanremo, con i suoi quasi 300 chilometri e tutta quella via Aurelia che dà sul mare è forse la corsa più a rischio in questo senso.
Sicurezza in bicicletta è anche questo: far sapere a chi guida un’auto che una gara ciclistica, tra quei due cartelli, è strada vietata, accesso vietato, come andare contro mano, come andare su una via pedonale, come entrare in auto in un bar.
Episodi come quello di ieri ne capitano di continuo alle corse. Quello di ieri ha avuto i riflettori delle telecamere, altri si risolvono con una discussione e qualche insulto di chi si ritiene defraudato del suo diritto alla strada. Non c’è un diritto alla strada, ci sono regole cui attenersi che si dovrebbero studiare per conseguire la patente di guida. E le multe, nel caso, sono anche pesanti. Come si spera sia stata quella comminata ieri. E la scusa del “non lo sapevo” in questi casi, non vale.
RC