Le chiamano semplicemente “bici strane” perché incuriosiscono per le forme insolite e hanno i pedali. Però sono il frutto di un ragionamento e di qualche bel progetto. E vivono ancora nell’iperuranio delle idee fatte della loro perfezione che, quando si prova a portarla giù, nel mondo di tutti i giorni, trova qualche difficoltà ad attecchire.
Le bici strane sono più di un’idea. Potrebbero essere una soluzione alla mobilità di tutti i giorni perché hanno un senso pratico che va oltre il concetto stesso di bicicletta come normalmente la intendiamo. La bicicletta la usiamo per pedalare, poi, una volta a casa o a destinazione, dobbiamo trovare un ripostiglio, magari sicuro.
Le bici strane no. Si piegano, si accartocciano su se stesse e si portano via. Le semplici pieghevoli già piacciono tanto. Altre hanno ancora qualcosa di diverso e anche più tecnologico. Avevamo visto da vicino la Sada bike, qualche tempo fa. L’idea diventata forma di un giovane ingegnere che ha pensato di far chiudere la bici come un ombrello. Curiosando in rete abbiamo trovato anche altre soluzioni. C’è un progetto di un’università inglese che val la pena guardare. Aspettate prima di dare un giudizio estetico. Quel che è diverso salta naturalmente all’occhio, ma prima di rifiutarlo conviene osservarlo per un po’. Sono idee che domani potrebbero essere normali. Cento anni fa, d’altra parte, l’idea era che un carro potesse andare a motore.