di Maurizio Coccia
21 mar 2021 – Shimano celebra oggi i cento anni di storia, l’azienda nipponica celebra l’evento con un sito dedicato e noi, nel nostro piccolo, gli rendiamo omaggio ripercorrendo la storia della più recente delle sue fantastiche “invenzioni”: la piattaforma Di2, che in soli vent’anni ha rivoluzionato il modo di intendere, percepire e interpretare la trasmissione della bicicletta. E come vedremo non solo da competizione…
Compiegne (Francia), 9 aprile 2006, ore 10:00: come ogni anno, all’ombra dell’austero Castello Imperiale, duecento corridori si apprestano al via della “Regina delle classiche”, la gara “monumento” che vale una stagione o una carriera, la “regina del nord”, o se preferite l’“inferno del nord”. Parliamo della Parigi-Roubaix, è ovvio, competizione che assieme ai corridori, mette sempre alla prova severa l’equipaggiamento tecnico, le biciclette e soprattutto i loro componenti. Tutti gli occhi e le attenzioni di pubblico e cronisti sono sui superfavoriti di giornata, Fabian Cancellara e Tom Boonen. Pochi, anzi quasi nessuno salvo il meccanico che si premura della sua strana bici, mettono gli occhi su Mashairo Shinagawa, minuto giapponese della Skill-Shimano, che da Compiegne partirà, ma non avremo poi notizia del suo arrivo in bici presso il mitico velodromo di Roubaix, ovvero 256 chilometri dopo, di cui 100 sul terribile pavé…
Tant’è: sulla Koga in alluminio del nipponico ci sono dei componenti particolari, mai visti prima: i comandi cambio hanno un display digitale alla sommità, cambio e deragliatore sono generosi, quasi oversize. Cavi e guaine? Quelle dei freni ci sono, sì, ma mancano i tradizionali due della trasmissione, visto che alla vista c’è uno strano cavo che corre parallelo al tubo diagonale, che non sembra alloggiare qualsiasi tipo di cavo metallico. Di cosa si trattava? Del prototipo di cambio elettronico Shimano utilizzato per la prima volta in una corsa pro, quello che quattro anni dopo arriverà nel mondo del ciclismo “che conta” a inaugurare quella piccola grande rivoluzione delle cambiate che ha introdotto la tecnologia Di2, sigla oggi assai comune per chi “mastica” di tecnica ciclistica.
Dove nasce il Di2
Shimano non fu la prima a sperimentare l’elettronica per gestire la trasmissione delle biciclette. Ancora prima di lei, e sempre sul banco di prova severo delle classiche del nord, era stata Campagnolo a testare a lungo i prototipi di quello che poi, un anno dopo la commercializzazione da parte di Shimano, nel 2011 diventò la piattaforma proprietaria della Casa di Vicenza, l’Eps, ed anche in questo caso a sperimentare i primi esemplari furono seconde o terze linee tra i professionisti, che però promuoveranno tutti a pieni voti qui prototipi, dimostratisi dubito in grado di reggere le condizioni estreme che proprio le terribili gare del nord per prime presentavano.
Ma la diffidenza verso questo tipo di componentistica era palese, lo era sia perché i primi esperimenti elettronici messi anzitempo in commercio durante gli anni Novanta avevano clamorosamente fallito sia sul piano commerciale che dell’efficienza (vedi i casi di Mavic con lo Zap e il Mektronic, sia quelli di Suntour con il BEAST), ma anche perché il dubbio dei tanti detrattori si fondava sulla meravigliosa semplicità del sistema meccanico, che peraltro proprio in quegli anni aveva raggiunto una affidabilità, una fluidità e una precisione che oggettivamente era difficile mettere in dubbio. Che motivo poteva esserci, allora, di essere condizionati da una batteria? E soprattutto, cosa poteva succedere in caso di improvviso guasto del sistema? Lo scetticismo di allora fa sorridere se pensiamo a cosa oggi è diventato il paradigma Di2, e se in senso più generale riflettiamo sul ruolo dell’elettronica nella gestione della componentistica della bicicletta moderna. Eppure ai tempi era più che giustificato. Ed è anche e soprattutto per questo che Shimano si muove con assoluta cautela, ponderando un passettino tecnologico alla volta e non a caso scegliendo un settore “soft” come primo campo di applicazione e poi di commercializzazioni di parti elettroniche di trasmissione: non l’agonismo, ma piuttosto il cicloturismo.
Nexus e Nexave, prodromi del Di2 che più si conosce
Introdotto da Shimano nella stagione 2000, il sistema Auto-D Nexus ruota attorno al mozzo Inter-4, con cambio interno a quattro velocità, a sua volta connesso a un sensore di velocità, a un’unità di comando e a un motorino elettrico e unità CPU che permettono di cambiare automaticamente il rapporto di moltiplica in base alla velocità. Il motorino ha una struttura compatta così da ridurre il consumo elettrico e necessitare di conseguenza di una batteria di ridotte dimensioni. Efficiente, leggero ed esteticamente pulito, «questo sistema – si legge nel catalogo dell’epoca – può equipaggiare bici in grado di attirare potenziali ciclisti spesso impauriti dal labirinto di cavi delle bici tradizionali e dalla complessità delle cambiate nelle biciclette a rapporti multipli».
In fondo, filosofia e obiettivi delle future trasmissioni Di2 per biciclette da competizione saranno anche questi, proprio perché le basi di questa piattaforma che ha rivoluzionato il modo di intendere la trasmissione di una bici saranno le stesse a prescindere dalla tipologia di bici sulla quale viene applicata: ci parlando di semplificazione ed efficienza nello contempo. Tra l’altro, il fatto che Shimano abbia approcciato l’elettrificazione delle trasmissioni con il segmento del cicloturismo non sminuisce certo la portata di questo cambiamento o quantomeno gli assegna meno “dignità” come a volte succede nel nostro Paese: ricordiamoci sempre che per un’azienda come quella in oggetto quello del cicloturismo è un asset basilare, che probabilmente ha (relativamente) meno importanza in un mercato “viziato” di agonismo come è il nostro, ma che è tutt’altro che secondario per un colosso mondiale della produzione di componenti per bicicletta.
L’anno zero
Ma il vero “anno zero” per la generazione Di2 è il 2002, anno che segna progressi importanti in ambito “elettrico” di Shimano, ma se è così è ancora e solo in ambito di bici comfort, o meglio di bici Premium Comfort, come appunto Shimano etichetta per la prima volta la componentistica elettrica nel 2002, anno nel quale, per la prima volta, nel catalogo compare la sigla Di2, che sta per Digital Integrated Intelligence.
La tecnologia Di2 è applicata per la prima volta su un gruppo competo “allargato” per bici da cicloturismo, si tratta della inedita serie Nexave 910, che per la prima volta applica la gestione elettrica (ed automatica) delle cambiate a un cambio a parallelogramma e a un deragliatore gestiti entrambi da pulsanti che si possono montare a manubrio. Sempre a manubrio è montato un display da cui si può gestire e monitorare anche altri, compreso – udite, udite – il controllo elettrico della gestione di una forcella anteriore e di una sospensione posteriore previste per questa specifica categoria di biciclette Premium Confort.
Il cambio, da parte sua, è impostabile su tre diverse modalità di cambiata automatica, la normale “D” che assicura il miglior compromesso tra forza applicata ai pedali e velocità, la sportiva “Ds” che si adatta a una guida più sportiva, e la più rilassata “L” che assicura sequenze di cambiate più lente che si addicono a bassi regimi di forza applicata. Quattordici anni dopo, la generazione che ancora oggi – marzo 2021 – è sul mercato, replicherà in qualche modo funzionalità simili con le operatività “manuale”, “automatica” e “semiautomatica” delle cambiate. Tutto in fondo, cominciò anche da lì, da quel rivoluzionario Nexave 910, quello che qui in Italia passò quasi inosservato, sia perché il nostro è sempre stato un mercato sia agonisti, ma forse perché il mondo era ancora troppo indietro rispetto a quei concetti. O forse Shimano era troppo avanti…
Il Di2 approda nel ciclismo che conta
Nel 2004 la tecnologia Di2 applicata sulla serie Nexave fa un salto avanti con la serie C810, che oltre a portare a 24 le moltipliche disponibili, prevede un sistema di alimentazione autonoma, grazie a una dinamo integrata nella ruota libera del mozzo posteriore, che provvede alla gestione sia dei deragliatori, sia delle sospensioni. Arriviamo al 2005, e l’implementazione di questa stagione è declinata sulla serie Nexus, quella con cambio integrato nel mozzo: la serie Cyber Nexus è in pratica l’ultima evoluzione del mozzo Auto-D del 2000, che porta le velocità a 8 e che si alimenta con la rotazione del mozzo anteriore.
I tempi ormai sono maturi, Shimano a questo punto è già pronta per preparare il “grande salto”, con la tecnologia Di2 che approda nel mondo delle competizioni. Arriviamo allora ai primi prototipi e alle prime sperimentazione in corsa, esattamente da dove eravamo partiti noi con questo articolo: il 2006 e il 2007 sono gli anni della sperimentazione in incognito (anche) nelle Classiche del nord, poi si fa presto a passare direttamente ai primi esemplari preserie in corsa, visti al Tour de France 2008: Fabiam Wegmman e Joost Posthuma sono tra i primi a testare il sistema; non corridori sconosciuti, per carità, ma neanche “prime linee”, che invece ancora rimangono alla finestra prima di sperimentarli in corsa.
L’anno della definitiva consacrazione della tecnologia Di2 anche in ambito “road race” è il 2010: la tecnologia viene declinata sulla componentistica di vertice Dura-Ace. Ad assegnare la portata innovativa alla nuova piattaforma, ma anche a dargli un carattere di continuità nella storia di Shimano, c’è la nuova sigla che appaia la già nota Di2: il nuovo reparto Di2 ha la sua sigla specifica, SEIS, che sta per “Shimano Electronic Intelligence System“, ma che allo stesso tempo rimanda anche a quel “pilastro” nella storia della componentistica Shimano per le competizioni che è stata la tecnologia indicizzata SIS, di cui abbiamo già parlato ampiamente qui.
Tant’è, da questo momento in poi, per il Di2, la strada sarà tutta in discesa: i corridori fidelizzano presto con una componentistica che unisce l’affidabilità assoluta che ha sempre identificato Shimano con una velocità e una continuità nella operatività che non ha eguali in ambito meccanico. A tal proposito è importante precisare che quando Shimano progettò i suoi gruppi elettronici per bici da competizione era certamente in grado di proporre una gestione wireless del sistema. La scelta deliberata di non farlo fu dettata ai tempi dalla volontà dei progettisti di rendere il sistema perfettamente impenetrabile ai disturbi elettromagnetici di vario tipo, a partire dalla classica banda 2.4 Ghz utilizzata da molteplici dispositivi elettronici fino ai disturbi eventualmente presenti all’interno del gruppo di ciclisti.
Gli anni recenti in sintesi
I passi successivi della Di2 in ambito agonistici ci portano direttamente ai tempi recenti: per sintetizzarli li possiamo riassumere nell’estensione della tecnologia anche alla classe Ultegra (2012), poi nell’atteso passaggio al mondo della mtb (2015), nella progressiva sempre maggiore integrazione della componentistica Di2 con il telaio della bicicletta, nella estensione alle motorizzazioni della Casa chiamate Steps, a seguire nell’introduzione delle funzioni automatiche della cambiata (prima con l’Xtr del 2015, poi con il Dura-Ace del 2017) e a corollario di tutto nel controllo sempre più totale, preciso e funzionale di tutte le operatività del sistema gestibili anche in remoto e in modalità wireless, con la piattaforma dedicata e Tube.
La prossima tappa
La prossima tappa? La prossima tappa che segnerà a breve l’evoluzione della tecnologia Di2 sarà nell’ambito della componentistica “strada”, lo abbiamo capito; non sappiamo ancora cosa sarà nel dettaglio; molto probabilmente sarà interamente o parzialmente wireless (lo abbiamo già detto qui), quel che è certo è che seguirà i pilastri dei suoi soli venti anni di storia, ma che tecnologicamente parlando sembrano un periodo lunghissimo di soluzioni che non hanno fallito un colpo.