6 dic 2017 – Durante il Training Camp di Tucson di Novembre Alberto Contador ha ripetuto quello che dice già da molto tempo, chiedendo il divieto di utilizzo in gara dei misuratori di potenza. Non è il primo che chiede questa soluzione. Sotto accusa all’inizio c’era solamente il team Sky di Froome, ma ora tutto il gruppo praticamente pianifica le proprie tattiche in base ai dati del potenziometro. Ed effettivamente in pista è vietato, o meglio: gli atleti lo usano per registrare i propri dati, ma non possono visualizzarli durante la prova. Forse sarebbe da espandere questo regolamento anche alla strada? Ho già scritto che sono contrario ai molti aiuti elettronici del ciclismo attuale durante le gare – radio in primis – e sarei io personalmente favorevole a vietare i powermeter come dice Contador, ma non sono totalmente convinto che il problema degli attacchi da lontano si risolverebbe. Penso che il campione vero, quello attaccante, non si fa fermare dai dati del rilevatore. Penso invece che il “problema” vero ora per lo spettacolo sia l’incredibile supremazia del Team Sky, che imponendo un ritmo difficilmente sostenibile da tutti durante tutto il percorso smorza qualsiasi velleità di battaglia.
Poi Contador riporta in auge un’idea già proposta da Francesco Moser una quindicina di anni fa: accorciare le tappe. Agli inizi del millennio l’idea sarebbe nata per contrastare il doping: meno chilometri, meno fatica, meno ricorso al doping. Terribilmente falso: se così fosse nei 100 metri a piedi non esisterebbe doping, invece la storia dell’atletica è costellata di tristi storie di campioni positivi ai controlli. La distanza non è direttamente proporzionale all’uso di doping. È il risultato che ne è direttamente proporzionale.
Contador, invece, chiede meno chilometri per aumentare la battaglia in gara. Un po’ come quando Jacques Villeneuve chiedeva più curve per i sorpassi in Formula 1, anziché più rettilinei. Potrebbe essere la formula giusta? In realtà una volta si diceva che la vera differenza fra un professionista e un dilettante era sulla distanza. In una gara di soli 120 – 140 chilometri un buon Under 23 potrebbe dare fastidio ai professionisti. Si creerebbe quindi più battaglia perché si diminuisce un fattore di selezione, la resistenza? La Vuelta ha adottato molte volte questo criterio, aumentando anche il dislivello in gara. I risultati sono stati buoni. Però secondo me si snatura il ciclismo, il vero ciclismo fatto non del più potente, o del più forte sulla salita singola, ma di quello che riesce ad emergere quando tutti sono sfiniti, magari sulla quarta salita.
Ricordo come Miguel Indurain avesse spesso difficoltà all’attacco delle salite, sui primissimi chilometri. Il suo motore doveva calibrarsi sulla pendenza. Non era solo quello che in gergo viene definito Diesel, era un Super-Diesel. Forse nel ciclismo moderno con meno chilometri Miguelon non sarebbe più il Signore incontrastato di ieri. La precisione nella preparazione atletica di oggi rende il livello molto appianato. Forse invece sarebbe allungandole che si ritroverebbe quel divario di prestazione fra un corridore e l’altro che può favorire un attacco, e che creerebbe anche un problema maggiore di gestione di tappa per una squadra leader come la Sky, che dovrebbe a quel punto distribuire le forze su distanze maggiori, e risulterebbe (forse) battibile.
Stefano Boggia
Grazie Stefano per i tuoi punti di vista sempre originali.
Anche io credo che l’allungamento delle tappe sarebbe il metodo più efficace per ridurre il controllo degli squadroni tipo Sky e per esaltare le differenze individuali fra i corridori con conseguente beneficio per la spettacolarità delle corse.
Purtroppo temo che questa proposta sia di difficile attuazione perché potrebbe richiedere variazione degli orari di arrivo e/o partenza che male si concilierebbe con le esigenze televisive (per quanto riguarda l’ arrivo) e con quelle delle amministrazioni locali e delle aziende sponsor della cerimonia del foglio firma per quanto riguarda la partenza.
Comunque vale la pena cercare di promuovere l’idea … GRAZIE !!
C’è anche un regolamento che dice che una corsa a tappe non possa superare un certo chilometraggio totale, per cui fare tappe troppo lunghe sarebbe un problema poi.
Sono d’accordo con l’idea di di Contador riguardo il divieto di utilizzo in gara dei misuratori di potenza ma, al netto dei problemi espressi nei due precedenti commenti, credo che tappe più corte (o più lunghe) incidano poco sulla spettacolarità di una tappa. Alla fine la corsa (senza ausilio di strumenti tecnoigici…) la fanno e la decidono gambe e testa dei corridori!