All’annuncio, qualche giorno fa, da parte della Ineos, del tentativo di Record dell’Ora di Filippo Ganna il prossimo 8 ottobre a Grenchen (Svizzera) ha fatto eco una nota piccata di RCS Sport che ha ritenuto opportuno sottolineare come non fosse opportuno piazzare una prova di questo tipo e interesse in contemporanea con il Giro di Lombardia, corsa storica del calendario internazionale del World Tour che, quindi, potrebbe perderne di interesse ed eco mediatico.
Già: non è sembrato opportuno a nessuno sovrapporre due eventi importanti e spettacolari anche se in modo molto diverso.
Il Giro di Lombardia è spettacolo sulle strade, pubblico, sfida di corridori e salite storiche. Il Record dell’Ora è un racconto di concentrazione, ripetitivo e noioso solo se lo si racconta male, è un’ora infinita in cui il ciclismo esprime tutto se stesso: dalla concentrazione alla preparazione, alla tecnologia di un mezzo che si preannuncia più avveniristico che mai.
Eventi opposti di grande ciclismo e a prescindere da come andrà a finire. Argomenti del momento che meritano il massimo risalto, evidenza, non oblio e neanche polemiche.
RCS, in quanto organizzatrice del Giro di Lombardia si preoccupa della sua notorietà e diffusione. Lo fa oggi come lo ha fatto in passato quando gli ha cambiato nome alla ricerca di un appeal che c’era già proprio con un nome storico. Se dicessimo “Il Lombardia” come è stato ribattezzato da un po’ di anni a questa parte, ci sembrerebbe di parlare di una corsa qualsiasi, quasi nuova, senza storia.
Invece con l’edizione dell’8 ottobre saranno 117 anni che si corre il Giro di Lombardia. È nato nel 1905, addirittura due anni prima della Milano Sanremo, pensate quanta storia in quel marchio che si è voluto buttare via in favore di una modernità che, in realtà, cerca le sue origini in tutti i campi.
Un po’ come cambiare i colori delle maglie di un Grande Giro, pensate se si chiedesse ai Francesi di cambiare il colore della maglia a pois della classifica degli scalatori al Tour de France. In Italia è stato fatto, al Giro d’Italia la maglia verde è diventata blu per accontentare uno sponsor che non sapeva di storia. Era stato cambiato il colore pure alla maglia ciclamino per un po’ di anni.
Ora RCS si appella, giustamente, alla storicità della sua corsa, il Lombardia, quello con lo spessore del Giro di Lombardia.
Curiosa questa sveglia tardiva per paura di disinteresse quando è proprio la Gazzetta dello Sport, quotidiano di RCS (che ha dato il colore alla maglia rosa del Giro, per ora senza ripensamenti) che dimentica il ciclismo spesso e volentieri.
Sono anni che il Giro d’Italia viene relegato in spazi secondari nella prima pagina invasa dal calcio messo sempre in evidenza anche per notizie secondarie. Pensate che il giorno della vittoria dello scudetto del Milan al vincitore della tappa del Giro d’Italia (Yates) non fu dato nemmeno uno spazio minimo in prima pagina.
Troppo spesso il ciclismo pare conquistare spazio sulla Gazzetta solamente quando si parla di scandali. Alle tante pagine giustamente dedicate allo scandalo della Federazione Ciclistica Italiana e ai 106 mila euro assegnati a chissà chi e chissà perché non corrispondono tante pagine di ciclismo pedalato. Sono stati completamente ignorati i campioni della mountain bike ultimamente, e sì che gli Azzurri hanno conquistato un titolo con Avondetto. E anche se la mountain bike non è argomento direttamente collegato a RCS ci sarebbe un movimento da promuovere per una ricaduta generale. Anche sul ciclismo su strada. Anche sul Lombardia che, altrimenti, finisce col cadere nel dimenticatoio e far perdere soldi a RCS (ecco il campanello d’allarme). Ma se il ciclismo interessa poco a chi lo organizza si fanno pure spuntate le armi per avanzare richieste più che legittime all’UCI.
21 set 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside