21 gen 2021 – Lasciamo da parte quelle invernali perché sono una nicchia che non rientra nel nostro discorso, ma se ripercorriamo la storia delle scarpe per il ciclismo agonistico, ci possiamo accorgere che nel corso del tempo queste sono cambiate e sono evolute per quel che riguarda i materiali, per lo standard di fissaggio con i pedali, per i sistemi e le tecnologie di chiusura; ma mai le scarpe di ciclismo sono cambiate per il design della tomaia, ovvero per la forma destinata ad avvolgere il piede. La silhouette è sempre stata quella a con taglio basso sulla caviglia, con quest’ultima libera di articolarsi in senso anteriore e posteriore e in questo modo anche più esposta all’aria, per ottenere la necessaria ventilazione in uno sport che si pratica soprattutto in estate, con il caldo. Tutto logico, no?
No, non tanto: delle volte è proprio quando hai il coraggio di rompere schemi consolidati che puoi ottenere soluzioni tecniche più funzionali e indovinate, soluzioni che elevano l’efficienza su un articolo che ha già raggiunto livelli prestazionali altissimi, e che proprio per questo non poteva che imboccare la strada di una piccola grande rivoluzione per essere migliorato ulteriormente, e in modo significativo.
Le nuove scarpe di vertice della collezione Specialized hanno avuto ambizione e coraggio di fare questo salto: si chiamano S-Works Ares ed irrompono con il loro design inedito, quasi simile a quello di una “scarponcino” o se preferite una scarpa da ciclismo invernale, con collo alto che copre una buona porzione della caviglia e lo fa non certo per proteggere il corpo dal freddo.
Le Ares sono scarpe d’altissima gamma destinate all’agonismo professionale, sono state realizzate grazie all’intuizione dei product manager Specialized e sviluppate in sinergia con un velocista del calibro di Sam Bennet; che sul design inedito di questa scarpa dice: «Mi piace davvero quando di qualcosa guardo il design e capisco la funzione che c’è dietro».
Lungi da noi da avere una briciola dei watt che sprigiona l’irlandese in volata, ma effettivamente è una impressione che dopo averle provate a fondo, e in esclusiva, abbiamo avuto anche noi di queste S-Works Ares.
Body Geometry
Forma della tomaia e sistema di chiusura delle S-Works Ares sono state profondamente rivisite rispetto alle precedenti scarpe d’alta gamma Specialized, ma tutto questo senza tradire il “pilastro” che caratterizza la produzione delle scarpe Specialized da quasi venti anni: la Body Geometry, che per spiegarla brevemente esprime l’approccio peculiare con cui la Casa americana progetta i suoi articoli nel rispetto delle basilari – e peculiari – regole biomeccaniche connesse con il gesto della pedalata. Diversamente dal camminare, infatti quest’ultimo è atto non naturale, di conseguenza necessita di adattamenti specifici che sappiano allineare il lavoro delle articolazioni coinvolte, al fine di sfruttare al meglio il lavoro espresso dai muscoli, garantire maggiore comfort e soprattutto evitare sovraccarichi alle articolazioni, che alla lunga possono causare problematiche importanti.
Nei fatti, il risultato di questo approccio sulle scarpe è prima di tutto quello che Specialized chiama Varus Wedge, una sorta di “cuneo” che sta a ricordarci quel rialzo che presenta la porzione mediana interna dell’intersuola delle scarpe Specialized: il Varus Wedge serve appunto ad allineare al meglio le articolazioni coinvolte nella rivoluzione di pedalata.
A questo Specialized aggiunge la possibilità di personalizzare ulteriormente la calzata grazie all’utilizzo di suole interne specifiche disponibili con tre diversi gradi di rialzo dell’arco plantare (Longitudinal Arch), sempre al fine di ottenere l’interfaccia “pianta del piede/scarpa” migliore in base alle differenti anatomie. Nulla di questo approccio è stato mai messo in discussione sulle scarpe Specialized degli ultimi quindici anni; evidentemente è la prova di qualcosa che funziona, di collaudato ed apprezzato sia dai corridori professionisti, sia dai normali cicloamatori che le scarpe Specialized di diversa tipologia e diverso grado qualitativo le calzano per le loro uscite di tutti i giorni.
È ovvio, nel tempo sono cambiati i materiali e come vediamo con queste S-Works Ares sono cambiate anche le forme, ma questo fondamentale pilastro biomeccanico resta alla base anche di queste ultime arrivate nel segmento scarpe “Specy”.
Chiusura e “taglio” mai visti
L’architettura del sistema di chiusura e la forma alta della tomaia sono dunque i cardini della piccola grande rivoluzione di cui sono interpreti le S-Works Ares. E sono strettamente interconnessi uno con l’altro. L’obiettivo, ancora una volta, è ottenere un guadagno in termini di trasferimento di potenza, ma farlo senza disperdere nulla dei contenuti biomeccanici di cui si è detto. Per ottenere questo risultato i progettisti Specialized hanno dunque giocato di ingegno e allo stesso tempo hanno sfruttato al massimo le proprietà dei materiali e degli standard tecnologici in loro possesso oggi.
Rotori micrometrici
Dunque, al posto della classica struttura con linguetta centrale che caratterizza la stragrande maggioranza delle scarpe da ciclismo attuali, la tomaia di queste S-Works Ares ha scelto la strada di una struttura tubolare della parte destinata ad interfacciare il collo del piede. Su questa sorta di “calza” sono destinate ad agire – “abbracciandola” in modo uniforme – delle ampie porzioni di tomaia su cui si inserisce il sistema di chiusura con lacci gestiti da rotori micrometrici. Inoltre, a beneficio sia del confort che della stabilità, nella porzione frontale la calza è realizzata con un tessuto a rete morbido ed elastico, mentre nella zona posteriore che interfaccia il tendine d’Achille combina materiali diversi funzionali ad assicurare sia comfort nel contatto con la pelle, sia stabilità in questa zona che è cruciale per evitare eventuali scalzate del piede nei momenti di massimo sforzo.
Distribuzione delle forze
Il vantaggio di questa innovativa struttura “a collo alto” è che l’architettura di chiusura può sfruttare un’area utile sul collo del piede molto ampia, che prima di tutto significa possibilità di distribuire le forza di ritenzione in modo più omogeneo, e inoltre permette di disegnare e posizionare le porzioni di tomaia destinate alla chiusura nel modo più congeniale possibile rispetto alla fermezza del serraggio e allo stesso tempo all’ergonomia. A corredo di tutto c’è poi la validità dei materiali molto tecnici impiegati su questa tomaia, primo tra tutti il tessuto Dyneema, non una novità sulle calzature Specialized, che spicca per resistenza, traspirabilità e leggerezza.
Due rotori Boa
A gestire la ritenzione sono gli altrettanto noti e collaudati “cricchetti” micrometrici Boa, nella più aggiornata versione Li2 presentata la scorsa estate. I due Boa sono indipendenti e veicolano il laccio ad alta resistenza su un passante nel caso della chiusura in corrispondenza della punta, e su ben cinque passanti nel caso della chiusura sul collo del piede: questi ultimi disegnano in questo modo una superficie di chiusura ampia e articolata, a beneficio di comfort ed efficienza nella ritenzione. A detta del produttore, questa nuova mappatura del sistema di ritenzione ha prodotto un incremento della superficie a contatto con il collo del piede del 20 per cento rispetto ai più tradizionali sistemi di chiusura, pur se con rotori micrometrici.
Suola collaudata
Infine la suola, è la collaudata Fact Powerline, leggera e rigidissima, ovviamente in carbonio, con un indice di rigidità massimo nella scala di riferimento interna Specialized (grado 15, che ricordiamo essere numero interno, non confrontabile con altre numerazioni analoghe utilizzate da altre aziende di settore). Una suola simile, combinata alla nuova architettura della tomaia e al nuovo sistema di chiusura consente al corridore di esaltare ancor più l’efficienza in termini di reattività allo scatto e alle accelerazioni e ridurre al minimo qualsiasi possibilità di disperdere i watt espressi dai muscoli.
La nostra prova
Tutte le impressioni che leggete nei nostri collaudi non possono che essere impressioni personali e soggettive, ci mancherebbe; questo vale ancora di più quando si parla di un accessorio a diretto, stretto e totale contatto con il corpo come sono un paio di scarpe. Nel caso di queste S-Works Ares, però, a oggettivare il nostro feedback è la possibilità di fare una comparazione diretta con le scarpe direttamente imparentate con queste, le Specialized S-Works 7 che utilizzano la stessa suola e materiali molto simili alle nuove, le stesse che chi scrive utilizza abitualmente (o almeno lo faceva fino a che non arrivassero queste S-Works Ares… ). Anche le S-Works 7 sono scarpe di altissima gamma destinate all’agonismo, ma ovviamente la differenza più evidente con le Ares è l’assenza del taglio “alto” e l’impiego di un’architettura della tomaia “classica”, ovvero con linguetta.
Dunque, in entrambi i casi ho utilizzato la taglia 43.5, che si adatta perfettamente ai 270 millimetri di lunghezza del mio piede. La differenza di peso tra i due modelli è minima: 520 grammi al paio per le “7”, 554 grammi per le “Ares”. Questo significa che la diversa architettura della tomaia produce un incremento di peso trascurabile, nulla in confronto a quel che il nuovo design produce in termini di calzata e di efficienza. La suola Fact Powerline – e questa la conoscevamo già – oltre ad essere rigida sa anche essere estremamente ergonomica, così come conoscevamo l’estrema morbidezza e allo stesso tempo resistenza del tessuto Dyneema, già diffusamente utilizzato su altre calzature Specialized come le S-Works 7. La differenza è che ora, partendo dalla base di quella stessa suola in carbonio, sfruttando le qualità delle ampie porzioni in Dyneema, le S-Works Ares fanno davvero un passo avanti significativo, spostano l’asticella dell’efficienza a un livello che effettivamente mai avevo percepito su una scarpa da ciclismo: il grande valore aggiunto è tutto nel nuovo design, nei contenuti tecnici che vi abbiamo illustrato. La sensazione ad avere sulla pelle quella sorta di “calza” è tutto meno che qualcosa di oppressivo o ingombrante, come forse si potrebbe pensare a prima vista. Il contatto della scarpa con la più delicata porzione anteriore del collo è morbido, perché lì a interfacciare direttamente la pelle c’è un tessuto in rete soffice ed elastico; sulla parte posteriore, invece, ossia quella a contatto diretto con il tendine d’Achille, a dare stabilità e contenimento al tallone è il cupolino preformato (identico a quello delle S.Works 7) e sopra di questo una porzione di sostegno alta 1,5 centimetri in più rispetto alle scarpe precedenti , rivestita esternamente con Dyneema e imbottita con una schiuma morbida proprio in corrispondenza del contatto con il tendine.
Tornando alla porzione anteriore, a realizzare la chiusura premendo uniformemente sul collo del piede sono i due resistenti lembi di tomaia che si sovrappongono, che agiscono direttamente sulla morbida calza sottostante; dei due lembi, quello esterno ha un design a goccia, che “abbraccia” e “fascia” il collo del piede spingendosi ben oltre l’ideale linea che divide longitudinalmente il collo.
Ergonomia
È evidente che l’efficienza e l’ergonomia di questo sistema di serraggio sono completate dalla relativa architettura strategica con cui sono disposti i passanti e la fibbia micrometriche di gestione della ritenzione sul collo del piede, non una semplice giunzione che unisce due punti (o al limite due aree), ma una vera e propria triangolazione che va a coprire un’area vasta del collo del piede. In questo senso la chiusura sulla punta è invece più “ordinaria”, ovvero tiene strette due aree, benché anche in questo caso le porzioni di tomaia che gestisce sotto siano comunque molto estese. Il risultato in termini di sensazioni che percepisci al piede? Aumentando l’area, e allo stesso tempo aumentando l’altezza sul collo dell’area destinata al serraggio, la calzata non può che essere incredibilmente più comoda e morbida su tutto il piede, in particolare sulla porzione del collo. Il sistema è tra l’altro tutt’altro che oppressivo sulla caviglia e tantomeno limita l’articolazione di quest’ultima, al punto che quasi non percepisci di avere qualcosa a contatto con la pelle.
Qualità di questo tipo significano che anche quando per semplice curiosità ti spingi a incrementare oltre misura il livello di ritenzione, avrai sì la sensazione di un piede bloccato quasi in una morsa, ma realmente non avrai alcun punto o area di pressione localizzata. Tutto questo con la praticità, la velocità e la precisione che garantiscono i rotori Boa, che in questa più aggiornata versione Li2 sono diventati anche più pratici grazie alla possibilità di rilasciare completamente la tensione con il loro nuovo sistema a baionetta: tutto questo torna utile quando ad esempio si devono sfilare le scarpe. Migliorata è anche la presa con le dita dei due rotori, grazie alla nuova finitura microscolpita.
Peso, colori, misure, prezzo
Il paio di S-Works Ares in taglia 43.5 che abbiamo ricevuto per il test ha fatto segnare 554 grammi di peso al paio. Oltre a questa colorazione Black le scarpe sono disponibili nella variante Team White utilizzata dal team Deceunink-Quick Step di Sam Bennet e Julienne Alaphilippe. Previste inoltre altre due colorazioni, la White e la Red: quest’ultima sarà prodotta solo in questa fase di lancio e al termine di questo primo lotto non sarà più disponibile. Le misure disponibili vanno dalla 37 alla 47, con mezze misure dalla 42 alla 46. Il prezzo indicativo al pubblico è di 419,00 euro.
Ulteriori informazioni: https://www.specialized.com/it/it
Maurizio Coccia