28 luglio. 2020 – “Ancora più leggera, ancora più aerodinamica”: ogni volta che una nuova bicicletta da corsa di altissima gamma viene introdotta sul mercato siamo lì a chiederci come sia possibile che prodotti che al giorno d’oggi sono tecnicamente all’avanguardia possano essere migliorati su aspetti sui quali è difficile immaginare che ci siano ancora margini per fare meglio.
La risposta, questa volta, ce la fornisce in modo autorevole e certificato Specialized, che a noi di Cyclinside ha dato l’occasione esclusiva di testare ancor prima che fosse resa pubblica la più aggiornata versione della Tarmac. La Tarmac, sì, la bicicletta da corsa che nella ricchissima gamma prodotto del marchio californiano rappresenta da anni la migliore soluzione per adattarsi a corse su strada di tutti i tipi: corse in linea o corsa a tappe, corse su percorsi di montagna oppure su tracciati misti.
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La Tarmac incarna da quasi un ventennio l’immagine di perfetta polivalente nella linea di bici da strada Specialized. Nel frattempo la collezione si è arricchita e diversificata, si sono aggiunti altri modelli e “segmenti”, ma la Tarmac ha mantenuto intatto il suo dna di bici da corsa tuttoterreno, e lo ha fatto su tutte le versioni che nel corso del tempo si sono avvicendate. Appunto, la più aggiornata di queste è quella che abbiamo provato, è la “SL7”, un modello che conferma in pieno la sua natura di polivalente da competizione, ma che a tutto questo aggiunge caratteristiche inedite che la rendono soprattutto più aerodinamica. Il risultato è stato ottenuto non solo grazie al nuovo telaio, ma più precisamente attraverso un intero “pacchetto”, che oltre al frame-set ha dato la medesima importanza allo sviluppo di un set di ruote e un gruppo di guida, anche questi di nuova generazione.
L’unboxing
La nuova Tarmac ancora più aero
Deceuninck-Quick Step e Bora-Hansgrohe: sono due i big team del World Tour equipaggiati da più stagioni da Specialized, sono loro che hanno a disposizione una doppia opzione di scelta, la Tarmac per i percorsi “misti” e la Venge per quelli dove più contano la velocità e la scorrevolezza. A tal proposito il product manager Specialized Ben Piper mette nero su bianco un concetto importante:
«Indipendentemente da quanto fosse veloce la Venge e da quanto la Tarmac SL6 fosse guidabile in montagna, per i nostri rider, scegliere tra le due, significava scendere a compromessi il giorno della gara. E questo non andava bene. Ecco da dove arriva l’idea per la nuova SL7. Semplicemente non eravamo più disposti a dover scendere a compromessi».
Tradotto nella pratica e nei fatti, la nuova “SL7” è bici che sia a livello funzionale, sia a livello di design si avvicina nettamente alla Venge, ma a questo sommando tutto il patrimonio di leggerezza, guidabilità e polivalenza che storicamente contraddistingue questo modello “iconico” della Casa californiana.
Come si evince dal grafico la Venge si conferma leggermente superiore alla SL7 sul piano dell’aerodinamica ed è per questo che continuerà ad essere l’opzione dei pro rider che hanno la riduzione della resistenza all’aria come loro priorità. Certo è che in questa nuova versione, la piattaforma Tarmac ha fatto un salto avanti significativo dal punto di vista della penetrazione all’aria, al punto da fare seriamente concorrenza alla Venge (rispetto alla quale conferma la medesima configurazione angolare, dimensionale e le taglie prodotte). Specialized non quantifica quanto la Venge sia più veloce della nuova SL7 in termini di risultati in galleria del vento: fornisce però una comparazione tra SL6 e SL7, dove quest’ultima permette di guadagnare 45 secondi su una distanza di 40 kilometri percorsa in un’ora.
Il nuovo telaio
Solo la geometria e solo le taglie prodotte (in tutto sette: 44, 49, 52, 54, 56, 58, 61) sono rimaste invariate nel confronto tra il frame-set della precedente e di questa nuova Tarmac: le differenze sono in alcuni casi evidenti, in altri meno, ma in ogni caso ogni comparto del telaio è stato oggetto di revisioni e implementazioni rispetto al passato. Prima di tutto è la struttura stessa del telaio ad essere cambiata, secondo una logica che si adegua a sagome nuove delle tubazioni e che come al solito punta a massimizzare l’arcinoto compromesso tra rigidità e leggerezza. Dunque, il nuovo Tarmac impiega sempre lo standard costruttivo codificato con la sigla 12R (come sulla “6”), ma la nuova stratificazione ha permesso di arrivare comunque a un peso “da urlo”, nonostante sezioni esterne che in certi casi propendono di più verso l’oversize rispetto al passato. È prima di tutto il caso del tubo verticale, la cui sagoma ancor più filante è adatta ad accogliere un reggisella non più tondo, ma con profilo aero. Ed è anche il caso della zona anteriore, che nella più “stressata” area della congiunzione tra tubo sterzo e tubo superiore ha sagome esterne più generose che in passato e offre un’interfaccia di connessione con i componenti di guida totalmente rivisitata. Sulla bilancia il risultato è un telaio dal peso dichiarato di 800 grammi per la taglia 56 comprensiva della più leggera tra le colorazioni disponibili.
Vanno poi menzionati altri piccoli aggiornamenti tecnico/funzionali, primo tra tutti quello che permette alla forcella e al carro posteriore di ospitare ora coperture fino a 32 millimetri di sezione (prima erano 30); ancora, la testa del nuovo reggisella dedicato a questo frame è provvista di un’inedita “finestra” posteriore che consente l’alloggiamento dell’unità di gestione dei sistemi di trasmissione elettronici di generazione Shimano Di2. È una soluzione, questa, pensata più che altro per agevolare il lavoro dei meccanici, che in questo modo potranno effettuare più agevolmente eventuali regolazioni della trasmissione in corsa rispetto a quel che invece sarebbe loro concesso con la cosiddetta “Junction box” posta nella più abituale collocazione all’estremità del manubrio.
Cockpit integrato? No, grazie
Diversamente da altri costruttori che nel medesimo segmento delle bici da corsa “performance” hanno proposto set di guida integrati, la soluzione scelta sulla nuova Tarmac SL7 è in un certo senso controcorrente: la casa americana ha infatti sposato una soluzione “classica”, nel senso che tiene separati attacco e curva manubrio, ma lo ha fatto con una visione e una interpretazione moderna, nel senso che la componentistica di guida che allestisce la SL7 ha tutte le possibilità di regolazione e l’adattabilità antropometrica propria dei set separati e quasi tutti i benefici dei moderni set di guida costruiti in pezzo unico (questi ultimi sono generalmente più leggeri).
Ecco, allora, che per allestire il cockpit dela SL7 sugli allestimenti al top la curva in carbonio impiegata è la medesima S-Works Aerofly II già in uso sulla Venge, che in questo caso viene però accoppiata ad un attacco manubrio inedito, sviluppato sulla base e sulla scorta delle caratteristiche morfologico/funzionali dell’attacco in uso sulla Venge, ma rispetto a questo più leggero di 45 grammi: il nuovo attacco manubrio in alluminio chiamato appunto Tarmac consente l’alloggiamento integrato dei cablaggi sia che si scelga una configurazione elettronica che meccanica e soprattutto ha un design che a livello aerodinamico si adegua perfettamente alle sezioni a lui adiacenti di sterzo e di piega manubrio.
Sulla nuova Tarmac scompaiono così tutti i cavi a vista che ancora caratterizzavano la versione precedente, andando così non solo e non tanto in direzione di un vantaggio estetico, ma più che altro di un vantaggio aerodinamico. Va da sé che nella interpretazione di Specialized, se un corridore ha preferenze tecniche o esigenze particolari, nulla gli vieta di sostituire la Aerofly II con una piega diversa o quantomeno intervenire millimetricamente nella inclinazione di quest’ultima rispetto all’attacco.
Ruote, una piccola grande rivoluzione
Nelle versioni di vertice di serie “S-Works” il rinnovato “pacchetto” Tarmac SL7 è completato in modo esemplare con un set di ruote altrettanto nuove, uniche nel loro genere, con cerchio a profilo differenziato. Sì, è vero, che il profilo del cerchio sull’anteriore e sul posteriore sia diverso non è certo una novità per un articolo di questo genere (anzi è cosa frequente su tanti set di produzione attuale), ma sulle nuove Roval Rapide CLX questo fa notizia per due motivi: prima di tutto lo scarto tra l’altezza dell’anteriore e quella del posteriore è di ben 9 millimetri (51 millimetri la prima, 60 la seconda), e soprattutto troviamo un profilo del cerchio “spanciato” sull’anteriore, che nel punto di massima larghezza arriva a 35 millimetri, mentre il posteriore ha un profilo meno rotondo e più riconducibile a una “V” che non va oltre i 30.7 millimetri di larghezza.
Insomma, un set di ruote con due cerchi in carbonio con forma, profilo e larghezza tutti differenti sull’anteriore e sul posteriore. Esattamente come per il telaio una forma di questo genere scaturisce dalle prove effettuate in galleria del vento svolte con le più svariate direzioni e intensità possibili dell’aria.
In questo senso il cerchio anteriore è più “panciuto” in larghezza ma meno pronunciato in altezza perché genera turbolenze tutte diverse rispetto alla posteriore e perché deve offrire meno superficie utile possibile all’aria proveniente in direzione laterale; sul cerchio posteriore, invece, la direzione dei flussi è tipicamente diversa, e avere un cerchio dal profilo più alto e dalla sezione più acuminata è la soluzione migliore per vincere la resistenza all’aria in tutte le situazioni che si possono incontrare in gara percorrenza.
A completare la logica aerodinamico/funzionale delle nuove Roval Rapide CLX c’è una gola identica sia per l’anteriore che per la posteriore, con canale interno di 21 millimetri destinata ai soli pneumatici di tipo copertoncino (per Specialized il tubeless non è ancora uno standard che soddisfa al 100 per cento i criteri di sicurezza), che a detta del produttore trovano in quella da 26 millimetri la sezione di copertura migliore per esaltare le caratteristiche di questa coppia.
Peso? Da notizia anche questo: nonostante di fatto appartengano al rango delle ruote ad alto/altissimo profilo le “CLX” hanno un peso complessivo di soli 1.400 grammi (741 post., 641 ant.). Tutto questo senza dimenticare che, per i patiti del peso o della salita, i grimpeur troveranno nelle già note Roval CLX Alpinist una valida alternativa per buttare ancora giù qualche grammo (1.248 grammi la coppia) e rendere la SL7 più predisposta per la salita di quanto non lo sia di serie negli allestimenti top di gamma, che appunto montano le Rapide CLX.
Due gradazioni di carbonio
Come accade ormai da anni anche il nuovo frame-set Tarmac è declinato in due gradazioni di carbonio, che vedono al vertice quello con carbonio e processo di costruzione di quest’ultimo chiamato Fact 12r (è utilizzato su tutti gli allestimenti siglati “S-Works”) e a seguire quello con carbonio e processo di costruzione Fact 10r (utilizzato a sua volta su tutte le versioni siglate Pro ed Expert).
Sempre come al solito non ci sono differenze geometriche e dimensionali tra le due gradazioni di fibra, così come entrambe si avvalgono di un criterio costruttivo testo ad assicurare all’utilizzatore le qualità strutturali, e di conseguenza di guida, a prescindere dalla taglia che si considera, secondo quella logica che in casa Specialized viene chiamata Rider-First. Il telaio Tarmac Sl7 di grado 10R ha un peso di 920 grammi, ovvero 120 in più del Fact 12r.
Allestimenti e prezzi
La piattaforma Tarmac SL7 è già da oggi disponibile sul mercato.
Questi gli allestimenti
- S-Works Sram Red eTap AXS, 10.999 euro
- S-Works Shimano Dura-Ace Di2, 10.799 euro
- Frame-set S-Works (telaio, forcella, reggisella, attacco manubrio, serie sterzo), 4.199 euro
- Pro Sram Force eTap AXS 1X e ruote Roval Rapide CL, 7.249 euro
- Pro Shimano Ultegra Di2 e ruote Roval Rapide CL, 6.849 euro
- Expert Shimano Ultegra Di2 e ruote DT Swiss R470, 5.299 euro
- Expert Shimano Ultegra e ruote Roval C38 Disc, 4.999 euro
Le impressioni: forte su tutto e dappertutto
Specialized Italia ci ha spedito una Tarmac SL7 in versione S-Works montata Sram Red eTap AXS. La taglia? Una 54, perfetta per i 173 centimetri di chi guida, che ha subito posizionato l’attacco manubrio a battuta sul tubo di sterzo, in linea con le proprie caratteristiche antropometriche e soprattutto in linea con l’indole di un telaio progettato per l’agonismo puro e quindi predisposto per assetti bassi del set di guida. Il peso complessivo rilevato è stato di 6.750 chili (senza pedali). Per sviluppare il feedback che leggerete tra poco ho pedalato otto volte con la Tarmac, su percorsi prevalentemente misti, di distanza massima di 90 chilometri, con una certa predilezione per i percorsi ricchi di salita e meno per i percorsi scorrevoli.
Prima di salire su questa, in passato ho pedalato a lungo con il modello Tarmac, lo ho fatto anche a buon livello agonistico amatoriale, ma non mi sento neanche di abbozzare un confronto tra i due modelli, perché quella che ho usato in passato era la generazione Tarmac SL4, rispetto alla quale questa SL7 è un’era geologica avanti.
Peccato solo che oggi, a 45 anni, non ho più le gambe di un tempo, altrimenti ci sarebbe da divertirsi molto di più con un mezzo del genere… Non è una considerazione troppo ovvia questa: ci ricorda come e quanto questo sia un mezzo che puoi apprezzare e sfruttare in tutto il suo potenziale soprattutto se sei agonista di alto, anzi altissimo livello.
In questo senso può sembrare altrettanto scontato dire che questa SL7 sia bici che invita a scattare e variare continuamente ritmo: non potrebbe essere altrimenti su una bici che alla collaudata geometria racing che caratterizza la Tarmac da molte stagioni aggiunge una validità strutturale che ha fatto grandi passi avanti e a tutto questo aggiunge delle ruote che sposano perfettamente l’indole del telaio e in genere le caratteristiche del ciclismo agonistico dei nostri anni. È un ciclismo che chiede performance dal primo all’ultimo minuto di gara, un ciclismo dove la polivalenza nelle caratteristiche atletiche è sempre più importante e dove anche agli specialisti di questo o di quel terreno non è concesso di affrontare con leggerezza le situazioni e i terreni verso i quali sono meno portati. È un ciclismo che chiede di essere e di andare forte dappertutto, quello odierno. Ecco, la Tarmac SL7, e in particolare la verisone S-Works che abbiamo avuto la fortuna di provare, è l’esatta trasposizione meccanica di questo concetto.
Ovvio che servono gambe buone per sfuttarla appieno. Ciò non toglie, che anche se non ti chiami “Allaphilippe” o “Sagan”, con una bici del genere puoi se non altro toglierti lo sfizio di pedalare su un mezzo identico a quello che utilizzano i pro, visto che il materiale dato ai team è identico a quello sul mercato.
Ma torniamo alle impressioni vere e proprie: oltre alla reattività a stupirci è stata l’incredibile facilità che questa bici ha a raggiungere, e poi a mantenere, le velocità elevate. Ora, se questo sia più per merito delle forme aerodinamiche del telai, se sia merito delle nuove ruote e della loro incredibile scorrevolezza o se ancora sia più un effetto del nuovo manubrio aerodinamico, tutto questo in fondo conta poco; quando utilizzi una bici la devi considerare nella sua interezza, come pacchetto completo, ed appunto in questo senso la S-Works Tarmac SL7 ha tutto in regola per considerare le sue scelte tecniche perfettamente coerenti, integrate le une con le altre, secondo una filosofia comune che punta alla prestazione senza compromessi. Compromessi con cosa? Con il prezzo neanche tanto, perché in fondo il costo di questa variante top di gamma è allineato a quello dei competitor (11.000 euro tondi tondi). Compromessi con il comfort? Neanche troppo, perché in termini di assorbimento delle sollecitazioni ci sono modelli ancor più “granitici” della Tarmac (per rimanere in Casa Specialized uno di questi è la Venge). A questo aggiungiamo che il manubrio aerodinamico Aeorfly II ha rivelato una comodità inaspettata, a giudicare dal suo “spigoloso” profilo della sezione alto-centrale: sì, se lo impugni lì non è il massimo del confort, ma per stare più comodo basta rimodulare la presa alto centrale poggiando i palmi nella porzione in cui il manubrio inizia a curvare: in effetti è questa un’impugnatura molto usata dai corridori nelle fasi di “calma” di una corsa e alla lunga si rivela anche più comoda della presa alta tradizionale, quella con i palmi “piatti”.
Qualche nota infine alle ruote e al loro design differenziato: a dispetto del loro profilo alto (o di dietro altissimo?) si tratta di un set che assicura le prestazioni su tutti i terreni e tutte le situazioni, comprese quelle (moderatamente) ventose, dove il design “panciuto” dell’anteriore gestisce bene l’impatto con l’aria proveniente di lato.
Non nascondo poi che avere (e anche vedere) un cerchio così “massiccio” sull’anteriore, ti infonde tanta sicurezza, anzi all’inizio vedere quel fianco che deborda dai limiti della copertura ti lascia anche spiazzato. Impieghi poco per capire che di quel profilo ti puoi fidare e puoi anche spingere un po’ oltre i tradizionali limiti che hai in discesa, perché a guadagnarci è la stabilità soprattutto quando le velocità si fanno importanti.
Ulteriori informazioni: https://www.specialized.com/it/it
Maurizio Coccia
Bello l’articolo , confermo tutto , e una bici mixsata tra Venge e Tarmac la sto usando da qualche giorno e ti da impressioni di guida eccezionali ,avendo anche altre bici per ora credo che sia una delle migliori sul mercato , TOP.
Gianfranco