di Guido P. Rubino
L’aerodinamica spinta a tutta e la ricerca di rigidità su pista ci hanno detto alcune cose interessanti nel corso delle Olimpiadi appena terminate. In particolare, stiamo pensando alle biciclette che Lotus ha preparato per gli atleti britannici che portano con sé un’innovazione interessante: l’allontanamento del telaio dalle ruote. Libertà di forme permesse dalle biciclette da pista, che non hanno freni, ma che ora possono essere riprese più facilmente anche su strada.
Se certe misure erano imposte dalla componentistica, in questo caso i freni, l’arrivo dei freni a disco ha svincolato dalla necessità di distanza minima dalle ruote. Ma c’è anche dell’altro.
Partiamo proprio dalle Lotus del team UK che in pista a Tokyo abbiamo visto spesso vincenti: il concetto di base (potete ritrovarlo nel nostro articolo che dedicammo all’epoca della presentazione della bicicletta) parte proprio dal considerare le ruote come generatrici di vortici aerodinamici cui è più conveniente tenere lontane le strutture della bicicletta. Da qui l’allontanamento degli steli della forcella e del carro posteriore.
A ben vedere una soluzione del genere è stata adottata già da altri modelli di biciclette anche se in maniera meno eclatante e soprattutto a carico della forcella.
Già, la “nuova era” della telaistica, quella dei freni a disco, era vista con preoccupazione da chi temeva le sollecitazioni di un freno posto così vicino al mozzo: uno sforzo tremendo da sopportare per i telai che si vogliono comunque ultraleggeri.
Detto e fatto però, dimostrando che i materiali possono questo e altro, con la fibra di carbonio poi…
Ma non è questo il punto. Togliere i freni caliper dalla bicicletta ha significato una possibilità in più: quella di modificare la struttura che contiene le ruote. Da qui hanno fatto festa le gravel (che hanno potuto aumentare a piacimento la “clearance”, ossia lo spazio a disposizione per montare gomme più grandi) ma anche le biciclette da corsa che pure hanno iniziato a proporre sezioni di gomme sempre più generose senza artifizi diabolici e con rischi di strusciare gomme con misure poco precise (piuttosto frequenti invero).
E poi c’è l’aerodinamica
Questo aspetto è stato la caratteristica in più che si è aggiunta ai valori di peso e rigidità nei comunicati stampa sbilanciati al marketing ma non solo: le biciclette aerodinamiche, diciamoci la verità, sono anche molto belle per che ama la bicicletta moderna. Questa caratteristica spesso è diventata fondamentale nella scelta di un nuovo modello a prescindere dalla velocità con cui si pedala normalmente.
Ma se torniamo a pensare alla prestazione, quella che ha voluto e le ruote ad alto profilo sempre e comunque, dove il vento laterale è stato affrontato riconsiderando le forme dei profili, piuttosto che una – spesso più efficace – riduzione, l’abbandono dei freni caliper può essere considerato il gradino evolutivo che può convincere anche i più convinti detrattori dei freni a disco.
Nel sistema dinamico che è la bicicletta da corsa le ruote sono un punto nevralgico molto importante. Non solo si muovono in maniera indipendente nella struttura di telai e forcella ma, nella parte superiore al mozzo, si muovono nello spazio (rispetto alla strada e quindi all’aria) più velocemente di tutto il resto della bicicletta. L’aerodinamica, quindi, conta ancora di più. Se nel punto in cui la ruota tocca, col battistrada, il terreno la velocità è zero, all’opposto è il doppio della velocità cui sta procedendo il ciclista. Procedendo tranquillamente a 30 all’ora, quindi, avremo una parte della nostra bicicletta che va costantemente a 60 all’ora. Le considerazioni aerodinamiche, allora, iniziano ad acquisire una certa importanza almeno per quanto riguarda la parte della ruota dal mozzo in su, proprio quella che, normalmente, è imprigionata da forcella e carro posteriore.
Quindi torniamo al punto di partenza: allontanare il telaio dalla ruota, numeri alla mano (soprattutto quelli di Lotus, appunto) conviene un bel po’ e, in maniera proporzionale, anche a chi non punta a risultati assoluti. Una bicicletta fatta in questo modo promette di essere, proporzionalmente, più scorrevole per tutti.
Vedremo sempre di più telai con carro e forcella larghissimi? Non possiamo dirlo al momento, ma un allargamento potrebbe offrire anche altri vantaggi: pensate ai mozzi ad esempio. Già in passato abbiamo parlato di allargare la battuta posteriore dei mozzi, ora questa misura potrebbe crescere a dismisura e non sarebbe più necessario lavorare su ingranaggi e catene sempre più sottili (qui, in realtà, entrano in gioco altre considerazioni che non tratteremo in questa sede). Anche la stabilità laterale delle ruote potrebbe averne un vantaggio.
E l’occhio, che in definitiva vuole sempre la sua parte (soprattutto su un bene “emozionale” come la bicicletta) siamo sicuri che si abituerebbe rapidamente. Non credete?
23 ago 2021 – Rirpoduzione Riservata – Cyclinside