di Maurizio Coccia
È il componente più nascosto quando si è sopra la bicicletta, ma in realtà è una parte che incide molto nel look del mezzo nel suo insieme. Pensateci bene: forma, tipologia e dimensioni della sella sono un aspetto che esteticamente non si può non considerare quando a una bicicletta si assegna il più immediato e istintivo dei giudizi, appunto quello estetico.
Successe così trenta anni fa, quando si passò gradualmente dalle tradizionali selle con scafo che copriva il morsetto alla nuova generazione di selle con scafo rastremato, quelle che sembravano “nude”, perché lasciavano esposta la testa del reggisella, che in questo modo poteva compiere un’escursione maggiore lungo il telaio della sella. La forma era legata principalmente alla funzione e solo in seconda istanza all’estetica, quell’estetica che all’inizio piaceva poco, ma cui però tutti gradualmente si abituarono, tanto che, qualche tempo dopo, le vecchie selle con scafo più avvolgente non le voleva più nessuno, tanto più che oltre ad essere meno regolabili erano anche molto più pesanti rispetto ai nuovi modelli.
Questa digressione ci serve per introdurre la sella che Selle Italia ci ha dato l’occasione di testare, che si inserisce nel filone sempre più ricco e fiorente delle selle “corte”, ovvero con uno scafo fino a tre centimetri più corto rispetto a quel che di solito accade.
Lo sappiamo, il mercato attuale delle selle è di certo più ricco di quello di trenta anni fa, ma in fondo il concetto non cambia: anche in questo caso la SP-01 Boost, e assieme ad essa tutte le selle con lunghezza compatta che si stanno affacciando sul mercato da qualche stagione, per convincere il pubblico dovranno prima di tutto superare lo scoglio forse più grosso sulla via della reale affermazione commerciale: quello che fa percepire visivamente selle di questo genere come tozze e sgraziate. Si tratta semplicemente di abitudine, ne siamo certi. Chissà, tra qualche anno l’orientamento estetico sarà completamente opposto e magari storceremo il naso a vedere le selle “lunghe”, ovvero quelle che ancora vanno per la maggiore di questi tempi.
Chi scrive, invece, pensa che in un mercato sempre più articolato e complesso come è quello dei nostri giorni, lo scenario più probabile in un domani neanche troppo lontano è quello in cui le due diverse tipologie di selle convivranno assieme, con le selle corte che avranno definitivamente superato quel pregiudizio estetico oggi ancora troppo diffuso. Detto questo, possiamo passare dalla forma alla sostanza, parlando del reale vantaggio ad utilizzare selle di questo tipo, in particolare selle come la SP-01 Boost, che oltre alle dimensioni compatte utilizza anche una particolare porzione posteriore sdoppiata, che rompe in maniera netta con le selle tradizionali. Esteticamente non vi piace neanche questa? Allora provate a guardare altrove e cominciamo a pedalarci sopra, perché ricordiamoci che la funzione della sella e di una bici è soprattutto questa.
Meglio le selle corte o le lunghe?
Esattamente come successe venti anni fa per il passaggio dalle selle con scafo “avvolgente” a quelle “rastremate” anche questa volta l’introduzione della nuova generazione delle selle corte trae origine da una reale esigenza da parte degli utilizzatori. Nello specifico le prime selle con scafo compatto comparvero qualche stagione fa nelle gare a cronometro, disciplina dove, in ambito Uci il, regolamento impone di non abbassare la distanza minima di 75 centimetri tra la punta della sella e le appendici manubrio. Per “aggirare” la norma e ottenere comunque assetti avanzati che favorissero la performance nelle gare contro il tempo, comparvero di conseguenza delle selle modificate, semplici adattamenti di modelli già in produzione, ma che semplicemente erano privati della parte anteriore della punta.
Il gradimento da parte dei cronoman fu tale che dai primi esemplari artigianali si passò a modelli di serie prodotti dalle aziende, modelli che poi man mano tanti corridori iniziarono ad apprezzare non solo nelle cronometro, ma anche nelle gare su strada.
Una sella corta, e anche la nostra prova di questa SP-01 Boost ce lo ha confermato in pieno – rende la seduta più agile e “snella”, facilita gli spostamenti antero-posteriori lungo lo scafo per adattare la posizione al terreno e/o all’intensità dello sforzo del momento e, non da ultimo, rende anche il componente più leggero rispetto al modello tradizionale provvisto di punta pronunciata. Quel che è accaduto in ambito professionistico è che tanti corridori sono passati ad utilizzare le selle corte, perché – per caratteristiche anatomiche, per esigenze personali e aggiungiamo per motivi ancora una volta legati semplicemente all’abitudine – tanti corridori continuano oggi ad utilizzare le selle “normali”. Questo per dire che quello delle selle compatte è sicuramente un nuovo paradigma di sella, ma non necessariamente è il migliore di tutti: piuttosto è un’opzione in più che al professionista o all’amatore che sia aumenta le possibilità di scelta rispetto a un componente così importante e personale come è appunto la sella, ne amplia le prerogative offerte sia in senso ergonomico, sia funzionale.
Quanto detto riflette perfettamente la filosofia di Selle Italia nel momento in cui ha introdotto sul mercato la sua ricca categoria di selle corte: il marchio veneto le identifica tutte con la sigla Boost, ma, a parte il nome, il concetto di fondo non cambia: le Boost sono solo una delle numerose categorie di selle previste nella collezione, sono una delle tante che assortiscono e completano il programma di classificazione e di identificazione della sella migliore che l’azienda di Casella d’Asolo chiama ID Match, Identity Match System. Ad esempio la SP-01 Boost che abbiamo testato è particolarmente indicata per individui della categoria ID Match S3, dove S sta ad indicare una larghezza posteriore adatta ad individui con distanza tra i due trocanteri di tipo “stretto” e 3 una morfologia del piano d’appoggio adatta ad utenti con un grado elevato di rotazione del bacino.
La SP-01 Boost è però disponibile anche in versione appartenente alla categoria L3, con una larghezza posteriore che passa dai 130 millimetri della versione testata a 146 millimetri, per adattarsi così ad utilizzatori con una maggiore distanza intertrocanterica. Questo almeno è quel che riguarda le possibilità ergonomiche offerte da questo nuovo modello, perché se dall’ergonomia passiamo ai materiali va detto che la SP-01 Boost è proposta nella più leggera variante Kit Carbonio che abbiamo provato noi (con telaio in composito proprietaria chiamato Carbo Keramic), in variante TI 316 (telaio in lega di titanio Ti316) e infine in variante Manganese (con telaio in manganese). Prezzi rispettivamente di 270, 189 e 124 euro.
Le impressioni su una sella compatta e “oscillante”
Premesse obbligate prima di parlare di impressioni su un componente come la sella: chi scrive pesa 65 chili, ha un bacino di dimensioni medio-piccole ed è provvisto di una buona elasticità dorsale; pedala abitualmente su una sella “standard”, ovvero una sella lunga, in particolare una Selle Italia Slr Friction Free (appartenente alla categoria S2). Non è certo la prima volta che utilizzo una sella compatta (altri modelli similari prodotti da altre case li ho testati su altri modelli di bici, ma è la prima volta che faccio un test di durata con questo tipo di sella). Ho utilizzato per circa tre mesi (e una trentina di uscite) la SP-01 Boost montandola su una Cannondale System Six, ovvero su una bici aerodinamica e non certo una delle bici più confortevoli presenti sul mercato. Anche per questo ero molto curioso di testare l’effettiva validità della tecnologia “Suspension Link Movement” che utilizza questo modello, lui e tutte le selle Selle Italia che utilizzano l’architettura SP (compresa quella con lunghezza standard, ovvero la “non Boost”), con uno scafo dall’architettura inedita, unica nel suo genere. Sì, perché al posto della struttura tradizionale, sulle selle SP la parte posteriore della sella realmente si sdoppia con due parti indipendenti tra loro; le due parti lasciano al centro un foro di grandi dimensioni che Selle Italia etichetta con il nome “Superflow” e soprattutto lasciano al componente la possibilità di adattarsi all’oscillazione che le ossa ischiatiche compiono in maniera alternata durante la pedalata.
Posizionarsi in sella
Prima del Suspension Link Movement parliamo però delle impressioni a pedalare su uno scafo così compatto, nella fattispecie lungo 250 millimetri. Sulla SP-01 Boost, così come su molte altre selle di questa tipologia, lo sviluppo inferiore richiede all’utente una maggiore sensibilità nel trovare la corretta inclinazione. Più facile è stato invece trovare il giusto avanzamento/arretramento sul morsetto reggisella: su una sella corta come è questa gli spostamenti che puoi compiere sullo scafo sono limitati, o meglio contemplano solo le aree su cui è necessario stazionare in base alle diverse situazioni; si può sedere sulla punta quando si è “a tutta” o quando si è impegnati in una cronometro oppure si può stare più arretrati quando si pedala in salita spingendo “al passo”. Di sicuro, però, il peso del corpo non può “cadere” nella porzione mediana, che, dato lo sviluppo compatto del componente, è qui in proporzione più largo rispetto alle selle tradizionali. Di conseguenza è quasi impossibile sbagliare nella definizione del corretto posizionamento della sella sul morsetto. Quel che è certo è che rispetto alle selle tradizionali le transizioni tra i due possibili punti di seduta – posteriore e anteriore – sono per forza di cose più veloci e istintivi; inoltre, l’assenza di quei 25, 30 millimetri di “naso” non scarifica la sola reale funzione che questa parte della sella ha nell’economia del componente: aiutare il ciclista ad avere maggiore sensibilità nella guida e nell’equilibrio, specialmente in discesa. Una sella come la SP-01 Boost, invece, ti garantisce tutti i vantaggi di agilità nei movimenti, velocità e reattività tipiche di selle così poco ingombranti e ti assicura possibilità elevate di sfruttare e utilizzare in maniera corretta le aree della sella deputate all’appoggio del tuo corpo.
Passiamo ora alla particolare tecnologia “oscillante” che garantisce questo scafo. La sua porzione posteriore è composta da due parti indipendenti: a detta del produttore un’architettura simile ha non solo un vantaggio ergonomico, ma apporta anche vantaggi in termini di comfort, visto che permette di funzionare da vero e proprio ammortizzatore che lavora principalmente in senso verticale, e anche un po’ in senso laterale, ossia complanare al piano di appoggio. Non a caso Selle Italia reputa adatta la SP-01 Boost anche all’utilizzo fuoristradistico.
Impressioni? Salendo in sella, e poi spingendo forte “ sui pedali dalla posizione seduta, l’oscillazione che percepisci è minima, ma è quanto basta per privilegiare la comodità, in particolar modo quando oltrepassi le tre ore in sella; l’oscillazione concessa è inoltre quanto basta per non disperdere mai la potenza profusa dalle gambe sotto forma di ondeggiamento superfluo dello scafo. La SP-01 Boost è insomma una sella destinata alla prestazione, soprattutto quando si considera questa leggerissima (163 grammi rilevati) variante di alta gamma chiamata Kit Carbonio, con telaio in carbonio e scafo in nylon caricato al 30 per cento di carbonio. Una nota conclusiva sulle dimensioni del telaio: la particolare architettura ad elementi indipendenti che ha la SP-01 Boost ha obbligato Selle Italia a limitare la lunghezza di un rail che è già di per sé compatto a causa dell’appartenenza alla famiglia delle selle “corte”. In particolare i centimetri di escursione concessi sono sei, circa 2 in meno rispetto a tante selle standard. In realtà questo è un falso problema, nel senso che un telaio con escursione ampia può essere di reale aiuto solo quando c’è necessità di correggere attraverso la posizione della sella una misura sbagliata di telaio.
Galleria fotografica
Ulteriori informazioni: https://www.selleitalia.com
11 feb 2019 – Riproduzione Riservata – Cyclinside.it
Inoltre non è possibile con questa sella mettere una borsetta sottosella.