di Guido P. Rubino
Pensate al Tour de France e ai corridori che vi vengono in mente e come. Questi sono i nostri giudizi che non tengono conto solo della prestazione assoluta. Un po’ come a scuola quando si premia anche l’impegno e si tiene conto del comportamento degli alunni. Ve le presentiamo così come ci sono venute in mente, un po’ alla rinfusa (ma neanche troppo), direttamente dai nostri appunti.
Via alle pagelle del Tour de France 2021.
Tadej Pogacar: 10 e lode
Non si può dare meno di 10 a chi vince. Soprattutto come vince lui: dominando e a 22 anni. Che poi primo e secondo siano anche in classifica per la maglia bianca è cosa che deve far pensare sulla generazione di fenomeni che sta venendo su spazzando via tutto. Pogacar ha corso di testa e di gambe. Sembrava bastassero le gambe, per manifesta superiorità, in realtà ha mostrato pure di soffrire, e allora è tornata utile la testa, per controllare, per non spaventarsi (ma avrà mai davvero avuto paura?) e per gestire la squadra. Si muove da campione navigato a dispetto della giovane età. Anche con la maglia gialla non ha subito la pressione, sempre pronto a sorridere e a “giocare”. Ma pronto anche a vincere e stravincere le tappe in salita. Almeno si è recuperato un po’ di spettacolo perduto.
Pogacar, a nostro avviso, ha fatto a bene a vincere le ultime tappe di montagna. Ne aveva ed è stato giusto così. Come è stato giusto che sia stato lui a indossare la maglia a pois degli scalatori: che senso avrebbe avuto quella maglia sulle spalle di chi racimola punti nei GPM minori? Evviva i punti pesanti nelle salite definitive!
Alejandro Valverde: 8
Avesse vinto una tappa sarebbe stato un dieci pieno. Ma a uno di 41 anni che ancora è lì davanti a combattere dove gente che ha un lustro meno di lui già parla quasi da ex… be’, tanto di cappello. È arrivato secondo in una tappa e spesso nei momenti cruciali del Tour de France compariva all’improvviso nel gruppetto dei migliori. Non è solo forza, è testa, concentrazione ed entusiasmo da ragazzino. Nota di merito: andrà alle Olimpiadi ma non ci ha pensato per niente a ritirarsi.
Che gli vuoi dire se non “continua così”?
Sonny Colbrelli: 8
Che bello vedere la maglia tricolore del Campione Italiano lì davanti, bella evidente tra corridori di rango. Spesso in fuga, sempre a giocarsela. Nel giudizio dovrebbe contare il fatto che comunque non sia riuscito a finalizzare con una tappa, che avrebbe pure meritato. Ma è un combattente, uno che sa stringere i denti al caldo e al freddo. Un salto di qualità notevole.
Richard Carapaz: 7
Era la punta di riserva della Ineos, squadra fortissima cui è mancato il corridore pigliatutto e anche una sola vittoria. Tolto dai giochi Thomas (bravissimo a resistere comunque in corsa) è rimasto lui per il superteam inglese. Ma non ha potuto nulla contro lo strapotere dello sloveno che non ha lasciato spazio a nessuno. Anche a lui è mancata una tappa, ma forse no: in questo Tour il suo valore è stato proprio questo. Bene ma non benissimo.
Primoz Roglic: 5
Non lo bocciamo completamente (né lo mettiamo tra i non classificati) per come ha resistito a correre con metri quadri di pelle in meno. Chissà che dolore e che fatica anche solo per dormire. Ma un corridore come lui non può compromettere un Tour de France perché si distrae e si arrota nel gruppo. È vero che a volte la sfortuna ci mette la coda (in questo caso la ruota posteriore dell’incolpevole Sonny Colbrelli) ma ha fatto una caduta che a un campione non dovrebbe capitare.
Mathieu van der Poel: 7
10 per la prima settimana da fenomeno assoluto, 4 per come si è ritirato, cogliendo subito l’occasione appena perduta la maglia gialla: la media è 7. Vero: probabilmente non sarebbe servito a niente correre per qualche altro giorno e l’esigenza delle Olimpiadi è reale, tanto più nella mtb dove, all’acclimatamento e al fuso orario, serve anche un adattamento al mezzo. Ci sta, ci sta tutto, ma quel ritiro così è stato troppo secco, una porta chiusa in faccia al pubblico, da calcolatore che non è. Però è stato entusiasmante. Il suo modo di correre, con attacchi da lontano a costo di sfinirsi e spegnersi in anticipo, la maglia gialla in fuga: roba da ciclismo di altri tempi. Davvero formidabile e a contro corrente rispetto al ciclismo super tattico e organizzato in cui sembrava di stare andando (e in cui siamo andati appena si è ritirato, per questo ci ha fatto ancora più rabbia – ma da tifosi ovviamente).
Julian Alaphilippe: 9,5
Un attaccante così merita di aver corso due Tour de France in maglia iridata pur avendo vinto – per ora – un solo Mondiale. Spettacolo vederlo all’attacco generosamente, anche a costo di pagarla con gli interessi. Sua la prima maglia gialla, suo il primo Mont Ventoux, sue le fughe e le urla di un pubblico entusiasta non solo francese. Certi campioni del mondo mettono d’accordo davvero tutti. Evviva. Il premio finale della combattività, probabilmente, l’avrebbe meritato lui.
Wout van Aert: 9,5
In fuga con Mathieu van der Poel in maglia gialla i due se la ridevano pure: bel ciclismo che fa godere anche i tifosi avversari. Van Aert è una forza della natura. Anche lui spesso in fuga, fortissimo a cronometro, fortissimo in salita (non si vince a caso una tappa che si arrampica due volte sul Mont Ventoux), fortissimo in volata: perfetta e potente nell’arrivo di Parigi. Roba da cannibali se non fosse che si trova in quella generazione di fenomeni che sembra ridimensionare imprese che invece è bene rimarcare. E anche lui è in sella, lì davanti, dalla stagione del ciclocross. È un altro di cui ancora non sappiamo i limiti. Ha fatto bene ad aspettare la fine del Tour prima di andare alle Olimpiadi. E non solo per la vittoria a Parigi.
Vincenzo Nibali: 5
Il minimo sindacale ha provato a farlo, ma non ha mai dato l’impressione di poter veramente lasciare il segno. Ci ha provato, ha trovato pure le fughe giuste, ma poi è sparito puntualmente nei momenti importanti. Al secondo risposo è sparito proprio perché, come programmato, si è ritirato per pensare alle Olimpiadi che qualche dubbio, sulla convocazione, se lo portano dietro.
Anche lui avrebbe sperato in qualcosa di più, inutile negarlo, anche per eliminare quell’ombra della convocazione olimpica honoris causa. Ma Nibali è Nibali e gli va dato rispetto comunque. È un professionista formidabile che sa esattamente ogni pedalata che fa. Alle Olimpiadi non lo vediamo vincente ma potrebbe farci divertire un bel po’. L’insufficienza è “solo” per il suo Tour de France poco al di sopra dell’anonimato e per uno del suo calibro non è sufficiente.
Mark Cavendish: 10
Dai, a ruote ferme ce lo può pure dire: probabilmente non ci credeva nemmeno lui, non così almeno. Sarebbe stato già incredibile a vincere una tappa, poi per forza e circostanze ha dominato le volate e “salvato” la seconda settimana del Tour de France dalla noia di una classifica inscalfibile. Ha eguagliato Merckx nel numero di vittorie ed è diventato pure molto più sorridente di quando vinceva da giovane. Davvero un campione a tutto tondo.
Merito anche della squadra, che lui ha saputo valorizzare (meriterebbe una voce a parte Tim Declerq, locomotiva che ha portato a spasso il gruppo per centinaia di chilometri a controllare che lo svantaggio dalle fughe non dilagasse) e compattare. Alcuni punti del suo voto, Cavendish, li deve anche a uno stratosferico Morkov: con un un’ultima punta così è stato quasi facile vincere per lui. In almeno un’occasione ci ha dato pure l’impressione di aver rallentato apposta…
Caleb Ewan: 6
Ok, in volata è fortissimo. Ok, non gli serve la squadra, è un gatto per come schizza via tra le ruote altrui ma ha pure una guida estremamente delicata, ai limiti del pericoloso. E infatti prima o poi doveva accadere. Nella foga di svicolare via trovandosi chiuso ha toccato la ruota di Tim Merlier ed è rovinato a terra falciando pure Peter Sagan. Il voto glielo diamo perché una tappa l’ha vinta.
Peter Sagan: 6
Ha fatto quel che ha potuto e ha vinto pure la paura e il dolore dopo essere stato sbattuto a terra da Caleb Ewan. Dietro a Cavendish spesso c’era lui nelle volate successive. Si è dovuto fermare proprio quando non ha più potuto resistere. La testa è sempre vincente. Tenace.
Jonas Vingegaard: 8
È stato l’unico che, anche solo per un momento, ha dato l’idea che Pogacar potesse avere un avversario reale. È durato il tempo di una discesa dal Ventoux, poi tutto è tornato sotto controllo per sua maestà Tadej e forse ci abbiamo sperato pure un po’, per non rischiare una noia che poi, effettivamente, c’è stata. Ma le forze sono quelle, del vincitore e degli avversari.
Possiamo rimproverare a Vingegaard la mancanza di un po’ di coraggio. Ma è giovanissimo e pure lui ha gestito benissimo tre settimane di corsa. In un altro ciclismo sarebbe un 10 pieno tanto per capirci (e avrebbe la maglia gialla).
Mattia Cattaneo: 6,5
Be’, come lui ne potremmo nominare diversi per vari motivi e allungare questo articolo oltre il sostenibile per qualsiasi lettore. Ma ci piace parlare di Mattia anche per campanilismo. Per un’Italia partita per il Tour più povera che mai (ci riferiamo al numero dei partecipanti) uno come Cattaneo è una bella riscossa. Non è giovane, ma è un corridore maturo e tenace. Bello da vedere lì davanti spesso. Per un voto più alto è mancata un’impresa, pur non vincente, ma era legato alle sorti di Mark Cavanedish. È uno che non molla. Ha sfiorato i primi dieci e ha chiuso 12°. Non male.
Davide Formolo: 6,5
Tra alti e bassi è stato una bella spalla per Tadej Pogacar. Ecco, forse ha trovato il suo ruolo ideale. In questo Tour, ovviamente, lo spazio a disposizione era quello. Altrimenti avrebbe potuto provare qualche fuga, ma non lo avremmo visto vincente a dire il vero. Non in questo momento almeno.
Chris Froome: NC
Siamo stati indecisi, fino all’ultimo se includerlo nel giudizio perché la sua corsa è stata nell’anonimato più totale. Cosa se ne fa di un Tour de France così uno che ne ha vinti quattro? Non è mai stato competitivo, ma è partito lo stesso, è pure caduto nella prima settimana e ha stretto i denti senza mollare mai. A Parigi è arrivato 135° a più di quattro ore da Pogacar.
Ora deciderà del suo futuro, ma intanto ha onorato il Tour de France, tanto di cappello vecchio ragazzo!
Geraint Thomas: NC
Partito da capitano, arrivato nel gruppo degli anonimi, solo un paio di volte in testa al gruppo, cercando di aiutare Richard Carapaz, l’altra punta della Ineos. La tirata in testa sui Campi Elisi è valsa l’onore a un altro che avrebbe potuto tranquillamente tornarsene a casa e nessuno avrebbe avuto da ridire. E pensare che dalle prime cadute disastrose era anche uscito perfettamente indenne, evitandole. Peccato, ma lo rivedremo sicuramente.
19 lug 2021 – Riproduzione riservata – Cyclinside