di Maurizio Coccia
Dopo aver fatto breccia sulle mtb lo standard del tubeless si sta imponendo in modo sempre più massiccio anche nel ciclismo stradistico. Lo conferma la “spinta” che da qualche stagione sta imprimendo l’industria di settore, sia quella relativa ai produttori di coperture, sia dei produttori di ruote.
L’offerta tubeless è notevole e – ancor più importante da annotare – è concentrata soprattutto nella fascia alta delle collezioni dei diversi marchi. Quindici anni fa l’industria del “ciclo” tentò allo stesso modo di imporre lo standard del tubeless nel ciclismo stradistico: fu un flop, non tanto perché i tempi erano prematuri, ma perché il tubeless di allora aveva specifiche tecniche e caratteristiche di installazione più difficoltose rispetto a quelle del tubeless attuale.
Sicuramente è anche per questo scomodo retaggio se tanti praticanti stradisti – soprattutto di casa nostra – ancora storcono il naso quando gli parli dei vantaggi tecnici che il tubeless (attuale) ha rispetto al suo concorrente “storico”, ovvero il copertoncino. Anche questo ci ha spinto a pubblicare questo articolo che mira a sfatare i luoghi comuni più frequenti sull’argomento. Per sciogliere eventuali altri, lo ripetiamo, vi consigliamo di visitare gli stand del settore “ruote” e “coperture” all’imminente Cosmobike Show.
1 – Il tubeless è più pesante del copertoncino
Il malinteso per cui uno pneumatico tubeless pesa più di un copertoncino deriva dalla prima “era” degli pneumatici stradistici tubeless, quella di venti anni fa, successiva al lancio, da parte di Mavic Michelin e Hutchinson di uno standard di copertura e relativo cerchio che avevano specifiche tecniche diverse rispetto a quelle del tubeless che conosciamo oggi. I vecchi tubeless UST avevano infatti talloni più robusti rispetto a quelli dei tubeless attuali; allo stesso modo avevano una struttura della carcassa più massiccia. Il peso della copertura era di conseguenza maggiore rispetto a quello dei copertoncini (ma in ogni caso era generalmente inferiore a quello dell’accoppiata “copertoncino + camera d’aria”). Al contrario la stragrande maggioranza dei tubeless odierni hanno una carcassa identica a quella dei copertoncini, di conseguenza il peso è praticamente lo stesso (e il risparmio di peso che deriva dall’eliminazione della camera d’aria ancora maggiore rispetto a quello di una volta).
2 – Il tubeless è scorrevole quanto un copertoncino
Utilizzando coperture tubeless il risparmio di peso connesso all’eliminazione della camera d’aria non riguarda solo la riduzione ponderale in sé delle due ruote nel loro complesso; no, i grammi in meno afferiscono un componente rotante della bicicletta e – cosa ancor più importante – sono localizzati sulla parte periferica della stessa. Questo produce un vantaggio anche in relazione alla resistenza al rotolamento, che con una massa periferica inferiore viene per forza di cose a ridursi. È anche vero che al posto della camera d’aria dobbiamo considerare il peso del liquido sigillante che andrà necessariamente inserito nella copertura tubeless: ma il peso del liquido da utilizzare sarà comunque inferiore a quello di una camera d’aria, se solo si considera che la quantità necessaria per sigillare un tubeless stradistico è al massimo di 40 ml, ovvero 40 grammi circa, ossia meno del peso della più leggera tra le camera d’aria.
3 – Il tubeless è difficile da montare
È un altro retaggio dei tubeless della prima ora, che appunto a causa delle differenti caratteristiche dei talloni richiedevano maggiore forza per essere interfacciati sul fianco del cerchio. I tubeless odierni hanno dei talloni che rispetto agli omologhi cerchietti dei copertoncini cambiano solo per il profilo, di conseguenza la loro installazione nel cerchio è pressoché identica a quella dei copertoncini. Differenze nella difficoltà del montaggio possono pertanto derivare dalle differenze costruttive tra un modello e l’altro, oppure dalle differenze morfologiche o dimensionali del margine del cerchio sul quale lo si va ad installare.
4 – Con i tubeless non si fora
Non è vero, e questo vale ancora di più per le moderne coperture tubeless, che appunto hanno una struttura della carcassa in tutto simile a quella dei copertoncini. È vero, invece che con i tubeless si fora molto di meno rispetto ai copertoncini (e anche ai tubolari). Primo perché manca una camera d’aria interna e di conseguenza non esiste la possibilità di “pizzicare”, e poi perché il liquido che si usa per sigillare la tenuta dell’aria funziona anche da presidio che sutura (quasi) immediatamente i fori che potrebbero penetrare la carcassa. In realtà il liquido riesce a suturare solo piccoli fori, quelli con dimensione inferiore al millimetro; nulla può rispetto ad oggetti grandi che trapassassero la carcassa o peggio rispetto a tagli e lacerazioni della stessa.
5 – Con i tubeless è possibile utilizzare pressioni di esercizio bassissime
È un’errata convinzione che deriva dalla assenza di camera d’aria della copertura tubeless, elemento che potrebbe indurre a pensare che anche gonfiando la gomma a poche atmosfere non si corre il rischio di forare e allo stesso modo si ottengono vantaggi notevoli sul piano del comfort. In realtà, esattamente come per tutte le tipologie di copertura da bicicletta, anche i tubeless hanno una pressione di esercizio minima e massima che vanno rigorosamente rispettate, pena improvvise perdite di pressione durante la marcia (appunto in caso di pressione sotto il minimo consentito) oppure di cedimenti strutturali al fianco del cerchio (in caso di pressione sopra il massimo).
6 – È meglio utilizzare i cerchi tubeless ready con i tubeless non con i copertoncini
Più che tubeless le moderne ruote tubeless sono quasi tutte tubeless-ready, ovvero possono accogliere sia penumatici tubeless, sia i copertoncini. La forma interna dei fianchi è infatti strutturata per interfacciare i talloni di entrambe le tipologie di copertura, garantendo la medesima efficienza, sicurezza e funzionalità sia all’uno che all’altro standard.
7 – Con i tubeless è difficile risolvere una foratura
È un altro luogo comune da sfatare: togliere una copertura tubeless dal fianco del cerchio richiede una procedura e una forza quasi identiche a quelle che servono per smontare un copertoncino: le sole differenze sono relative alla forza che occorre per “stallonare” il tallone dal cerchio e poi all’incombenza in più di svitare dal cerchio la valvola nativa tubeless per lasciare spazio alla valvola della camera d’aria che sia andrà a inserire e che ci permetterà di “tornare a casa”.
8 – Con gli accessori giusti si possono convertire al tubeless anche i cerchi per copertoncino
Nulla di più sbagliato e di più rischioso: i fianchi di un cerchio per copertoncino hanno una modellazione interna che non può assicurare al cento per cento la tenuta ermetica dell’aria; questo anche se si va ad utilizzare il migliore dei nastri coprinippli e il migliore dei liquidi sigillanti. Il rischio, laddove inizialmente questa conversione funzionasse, è che in corsa possano verificarsi improvvise perdite di pressione, con conseguenze facilmente immaginabili per l’utilizzatore…
9 – Il tubeless perde pressione velocemente
Se il tubeless è installato correttamente e se si impiega la giusta quantità di liquido sigillante non ci sono ragioni per pensare che una copertura di questo tipo si sgonfi velocemente, o almeno che perda pressione più velocemente di quanto solitamente accade al suo più diretto “concorrente”, il copertoncino. Come per quest’ultimo bisogna di certo considerare una fisiologica perdita di pressione dovuta alle porosità dei materiali (per il copertoncino dovuta alla ineliminabile permeabilità all’aria della camera d’aria, per il tubeless alla permeabilità all’aria della carcassa), ma in entrambi i casi il calo di pressione nel tempo è trascurabile o quantomeno non è argomento sufficientemente valido per decretare la bontà dell’uno oppure dell’altro standard.
10 – Il tubeless ha bisogno di poche cure. Quando si consuma si cambia
Il sigillante interno alle coperture tubeless degrada o evapora con il tempo: questo impone a chi utilizza i tubeless di prestare un’attenzione particolare alla sostituzione del liquido stesso. La frequenza della sostituzione del liquido è variabile: è direttamente proporzionale alla temperatura ambientale (in estate si secca prima) o alla frequenza di utilizzo (più si usa la bici più il liquido tende a degradare). In ogni caso è raccomandabile controllare stato e quantità del liquido sigillante almeno ogni 4, 5 mesi.
Maurizio Coccia