13 ago 2018 – È stato il Campionato Europeo delle riscosse. Da qualunque parte lo si guardi, questo evento continentale, ha da raccontare una rinascita, una rivalsa, un “ve lo avevo detto” positivo. E che soddisfazione. Tanto più perché questa rivalsa si è tinta di azzurro in molti modi e ha sorriso alla nostra nazione forse più di quanto ci saremmo onestamente aspettati.
Avevamo iniziato con la pista. Nel momento in cui la pista italiana sembrava andare in un baratro di possibilità con la “brutta” chiusura della struttura di Montichiari (in fondo erano problemi che già si conoscevano, perché non affrontarli per tempo e lavorare in emergenza a cose fatte?)
Una nazione senza velodromo coperto dove vuole andare? Gli Azzurri hanno ripiegato temporaneamente sul Vigorelli, in attesa di sviluppi. Bella rivalsa del velodromo milanese, volete mettere? Ma troppo ci sarebbe da fare lì. Intanto c’è da applaudire e pure forte. Le cinque medaglie portate a casa, due d’oro, nella rassegna continentale valgono tantissimo. Era “solo” un Europeo, ma i nostri si sono messi alle spalle nazioni che spesso primeggiano in campo mondiale. L’Europa è ancora al centro del ciclismo. Applausi a Marco Villa, e a tutti i responsabili della pista Azzurra. Inchiniamoci tutti alla loro forza e non solo agli atleti. si parla di pista come di progetti. Quando si parla di progetti si pensa a risultati futuri e investimenti che pagheranno nel tempo: da noi i risultati ci sono già. Il “ferro è caldo”, che aspettiamo per sfruttare la situazione?
Tanti argomenti di riscossa, abbiamo detto. La vittoria di ieri di Matteo Trentin ha messo il sigillo alla carriera di un campione che per modestia e generosità spesso gioca nelle retrovie e contribuisce al successo degli altri. Trentin è un corridore di primo piano, lo sapevamo già. Adesso lo sa tutto il mondo e non solo il continente di cui porterà fieramente la maglia da qui a un anno. Una riscossa e una rinascita la sua dopo la brutta caduta alla Roubaix che lo ha visto protagonista di una ripresa lenta e faticosa.
Quella di Trentin è anche la riscossa di Davide Cassani. Il nostro CT se lo merita e in diversi anni, ormai, di direzione della Nazionale maggiore di ciclismo ha ottenuto meno di quanto avrebbe meritato il suo talento di direttore d’orchestra. Di errori ne avrà pure fatti ma era anche in credito con la fortuna in più di un’occasione. Ieri ha recuperato qualcosa e gli auguriamo che la sorte abbia preso una direzione diversa finalmente. Cassani è sempre stato forte, non solo ora che vince. Lo era ancora da corridore quando era affidato a lui il compito tattico all’interno della corsa.
Una bella riscossa è stata anche quella di Marta Bastianelli. La campionessa del Mondo di Stoccarda 2007 ha avuto vicende di ogni tipo e i suoi rientri hanno sempre messo in evidenza un talento naturale che la benedizione di Glasgow 2018 ha confermato definitivamente. Non si vince così dopo tanti anni e tanti vicissitudini. Tenacia, bravura e forza per una ragazza (anche mamma) che ha passato i trent’anni e sembra avere ancora tanto da dire. Un applauso va, obbligatorio, al CT delle donne, Salvoldi. Per lui nessuna riscossa: vince sempre, riesce a costruire la nazionale perfetta e a motivare le sue ragazze tirando fuori il meglio anche dal punto di vista tattico. Perché nel ciclismo moderno la forza non basta, non sempre almeno. E il capolavoro tattico delle ragazze è stato orchestrato da Salvoldi in maniera, al solito, magistrale. Bravo lui, bravissime tutte.
Poi, bisogna dirlo, il Mondiale di Glasgow è la rivincita della multidisciplinarietà. I primi tre della prova su strada hanno a che fare col Ciclocross: Van Der Poel e Van Aert sono due grandissimi del Ciclocross. A dire il vero hanno dimostrato già in più di un’occasione che hanno talento per essere grandi ovunque si dovessero trovare a pedalare, ma il CX dà anche qualcosa in più in termini di tecnica e gestione del mezzo. Lo stesso Trentin non ha mai disdegnato questa disciplina. Sotto al diluvio di Glasgow forse ha contato più di qualcosa.
Multidisciplinarietà è anche la pista. Viviani continua a brillare e spesso le sue volate su strada sono vinte di forza ma anche di quell’occhio che si allena solo nei velodromi. Tra le donne è cosa normale correre su pista e su strada, tra gli uomini una vecchia scuola vorrebbe tenere i corridori solo su strada per evitare i rischi della pista. Ormai vogliamo pensare che quest’idea sia solo parte di un passato durato poco (una volta i campioni su pista ci andavano eccome e vincevano ovunque).
Infine, l’Europeo di ieri, è stato anche una rivincita tecnica. Molti corridori ieri hanno utilizzato ruote a basso profilo. Chi ha detto che le aziende impongano altro? I fornitori tecnici forniscono il top di gamma di varie tipologie. La scelta sta ai corridori e ai meccanici in base alle condizioni di corsa. Le ruote a basso profilo danno più sensibilità alla bicicletta.
Guido P. Rubino