Mathieu van der Poel è scappato via a poco meno di sessanta chilometri dal traguardo, dopo aver scatenato già la guerra ai 150 mettendo subito in chiaro le cose, con la squadra davanti a fare selezione per entrare subito in sicurezza (per quanto abbia senso questa parola alla Roubaix) già nei primi tratti di pavé. A quel punto è diventata di contorno anche la chicane famigerata all’ingresso di Aremberg. È servita? Non potremo mai dirlo con certezza. Sicuramente ha tolto qualcosa allo spettacolo, ma ha permesso ai corridori di entrare in fila nella foresta, quindi scegliendo tutti il punto migliore dove pedalare, al centro, piuttosto che rischiare nei fianchi più inclinati e pericolosi. Dopo cento metri erano di nuovo lanciati al massimo della velocità possibile in quel tratto. Con le bici che galleggiavano sulle pietre, quelle dei più bravi e forti e quelle che ci si incastravano dentro. Già lì VdP, di gambe, ha messo tutti in fila strappando via altri tre corridori dai sopravvissuti fino a quel tratto.
La capacità di guida di van der Poel ha fatto il resto, anche quando è scappato via l’ha fatto con naturalezza, come se le gambe in croce le avessero solo gli altri. Che prima di mollare hanno provato a riprenderlo a darsi qualche cambio, continuando a perdere secondi.
Anche perché dietro, con l’indiavolato Pedersen – l’ultimo ad arrendersi all’evidenza dell’olandese – c’erano due cagnacci come Vermeersch e, soprattutto, Philipsen. Il belga veloce, vincitore della Sanremo, era in stato di grazia, inseguiva pure le mosche senza apparente difficoltà e prometteva di arrivare a spasso per suonare tutti sul traguardo.
Peccato per Viviani e Milan, caduti malamente a inizio corsa, in un tratto d’asfalto, per colpa del nervosismo del gruppo e forse una moto di un fotografo – abbiamo visto Milan inveire contro a gran voce. Per loro un ritiro doloroso (Viviani in ambulanza).
La corsa non è stata certo noiosa. Abbiamo assistito a un manuale di guida della bicicletta e di abilità funambolica. Van der Poel, anche col vantaggio sempre più verso i tre minuti, ha continuato ad aggredire ogni curva. Le ruote a cercare la sponda interna a inizio curva per anticipare la traiettoria. Altri, in quel punto, dovevano ancora girare. Un’abilità che è valsa secondi al campione del mondo che si sono accumulati curva dopo curva.
Forza e sicurezza, da cominciare a festeggiare già a chilometri dal traguardo. Il resto una passerella trionfale, fino al velodromo, come al solito, tutti in piedi sugli spalti ad applaudire il campione assoluto in maglia iridata.
Per la Alpecin una doppietta fotocopia come lo scorso anno: al secondo posto ancora Philipsen, che ha battuto Pedersen. Veermersh si è classificato sesto a completare il trionfo del team.
foto: Sprint Cycling Agency
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