Durante il Giro d’Italia riempivamo i nostri taccuini digitali, ma anche fogli di carta, appunti, temi su cui tornare e ragionare anche prossimamente. Intanto abbiamo estratto alcune cose, piaciute e meno apprezzate, viste durante la corsa rosa.
Ve le elenchiamo qui di seguito alla rinfusa, divise un po’ come a scuola tra buoni e cattivi. Eccole qui, se vorrete, diteci la vostra.
Cosa ci è piaciuto
- I corridori tifosi che incontrano i loro idoli: Pellizzari e Maestri, Pogacar e Alaphilippe.
- Il campionissimo.
- Il percorso ben disegnato che ci ha fatto divertire dalla prima settimana.
- Il pubblico. L’amore per il Giro d’Italia coinvolge anche chi di ciclismo non si occupa mai.
- Italiani e Sloveni uniti a fare festa, il ciclismo è tifo dell’impresa.
- L’arrivo dell’ultima tappa a Roma. Al di là di contratti temporanei, dovrebbe essere istituzionalizzato come l’arrivo di Parigi del Tour (che batte, regolarmente, di parecchie lunghezze per bellezza e spettacolarità). Il pubblico romano tutt’altro che ostile: l’arrivo del 2018 è un ricordo lontanissimo.
- Lo spessore atletico e umano del redivivo Alaphilippe: l’abbraccio con Maestri nel dopo tappa di Fano.
- Il coraggio di Tiberi ad attaccare (più volte) Pogacar (senza rimanerne scottato). Atleticamente notevolissimo.
- Il ritorno di Cassani come opinionista sulla Rai.
- Il bambino ed il campione.
Cosa non ci è piaciuto
- L’Associazione dei Corridori e la CPA, che continuano a ribadire la loro inutilità. Anzi, peggio, visto che dicono cose e poi fanno il contrario. Non è una bella immagine a venirne fuori.
- Le ammiraglie: non sono loro a comandare i corridori? Le radio non dovrebbero servire solo per dire come correre, ma anche per evitare ai corridori figure barbine.
- Il meteo dispettoso delle cime importanti, ma qui non è colpa di nessuno, solo di chi continua a pensare che queste date siano giuste per il Giro. Vegni (quindi RCS) ha detto di star lavorando su questo con l’UCI. Speriamo bene, ma qualcosa bisogna fare, ormai è evidente.
3b. La riproposizione frequente di passi iconici ma troppo imprevedibili dal punto di vista della praticabilità: lo Stelvio rimarrà sempre mitico pure se non ci passa il Giro. Tutti hanno capito che ormai non serve andare a tremila metri per fare spettacolo in salita, anzi. E se si vuol proprio passare dallo Stelvio, bisogna spostare il giro a giugno (e incrociare sempre un po’ le dita). - Alcuni tifosi, troppo invadenti e, in definitiva, pericolosi per i corridori e loro stessi. È il rovescio della medaglia di un pubblico fantastico. Per fortuna con poche eccezioni.
- Il poco rispetto evidenziato da alcuni corridori. Certe dichiarazioni hanno fatto male al Giro e ai corridori stessi. Si permetterebbero al Tour? Al di là degli interessi economici, questa mancanza di coerenza denota poca serietà e le scuse, cui sono inevitabilmente costretti, attenuano poco la figuraccia.
- I corridori che dicono che non si possa fare una discesa a zero gradi con la pioggia (la neve è altra questione).
- Pogacar che sale sul podio finale di Roma con la bandiera slovena su una spalla e quella degli Emirati Arabi sull’altra. Pogacar è sloveno, non emiratino.
- La poca attenzione ai corridori italiani da parte dei media.
- L’epilogo scontato già dalla partenza.
- L’arrendevolezza dei secondi. Ok, Pogacar è stato di un altro pianeta, ma almeno provare a metterlo in difficoltà con alleanza trasversali?
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D’accordo su tutto. In particolare sul punto 3 è stato bellissimo far scoprire il Mortirolo e la Salita del Colle delle finestre in Val di Susa