In una lettera all’edizione milanese del Corriere di oggi, un cittadino si lamenta della cattiva organizzazione di Milano durante il Fuori Salone, evento diffuso di questi giorni. Riporto: “tra cantieri, piste ciclabili, restringimenti stradali […]”.
Non entro nel merito dell’organizzazione che riguarda l’evento, evito accuratamente Milano in auto se non in casi di estrema necessità, quindi non saprei dirne, ma è quanto meno curiosa l’idea che le piste ciclabili vengano inserite tra i problemi, invece che tra le soluzioni.
Proprio qualche giorno fa sono andato a Milano, dopo qualche avventura ferroviaria che non manca mai (ho un rapporto di amore e odio per i treni che, in qualche modo, riesco a perdere troppo spesso) a un corso di aggiornamento che parlava di mobilità leggera organizzato dall’ottimo Pier Augusto Stagi, direttore di Tuttobici, cui aveva invitato, tra gli altri Marco Pascali, vicedirettore di Quattroruote ma anche ciclista. Il bravo (lo penso sul serio per diversi motivi) collega ha detto una frase che immagino venga dal sentire dei suoi lettori, che parlava delle strade milanesi “invase dalle piste ciclabili”.
Insomma, è la dimostrazione che il problema è l’approccio culturale alla questione, non solo strutturale. Se l’arredo urbano delle nostre città è pensato, e continua a essere progettato, con precedenza automobilistica, partendo da queste asserzioni il cambiamento è visto inevitabilmente come un fastidio.
Le idee per cambiare le cose ci sono e la testimonianza di Arianna Censi, assessora alla Mobilità del Comune di Milano, parla di progetti concreti, fattibili a diverse distanze temporali, anche col coraggio di fare scelte di cui godranno i suoi successori politici.
Una questione culturale, prima ancora che politica e tra le domande senza risposta c’era anche questa avversione alla bicicletta di colore politico.
La necessità dell’evidenza
Non si tratta di una questione di imposizioni, è venuto fuori dalla chiacchierata cui partecipavano anche Gianni Bugno, Federico Balconi (avvocato che ha fondato Zerosbatti, per seguire i problemi dei ciclisti), e Piero Nigrelli, di Ancma. Le abitudini non si cambiano con multe costrizioni ma con la convenienza.
Rapporto 70/30
È il rapporto tra i cittadini che usano mezzi pubblici o biciclette rispetto a quelli che vanno in auto nell’area urbana di Milano. Una percentuale che si ribalta quando si fa riferiment all’hinterland milanese dove, evidentemente, muoversi con i mezzi pubblici non è ritenuto più conveniente come nella zona centrale.
Una questione di atteggiamento
Insomma: cultura, progetti, idee e un minimo di intraprendenza. Perché a operare i cambiamenti, anche quelli convenienti, ci vuole un pizzico di coraggio. Perché se gli spostamenti all’interno delle aree urbane sono tutti fattibili in bicicletta (dove si parla di una media di cinque chilometri di viaggio), la cosa più difficile, a quanto pare, è iniziare.
Poi si scopre che la bicicletta, oltre che utile, è anche divertente e conveniente.
Io mi accontenterei già di non sentire più discorsi che parlando di “intralcio”. Le automobili non hanno più diritto di altri mezzi di circolare su strada. Se abbiamo una patente, dovremmo saperlo già.