Ha aperto il gas all’ultimo chilometro del Galibier, una-due-tre volte. Fino ad abbatterlo nelle gambe, chissà la testa. Pogacar ha provato le gambe di Vingegaard che ha dovuto lasciarlo andare via. Poco più dietro Evenepoel, bella gamba ma contro quei due c’è poco da fare. Avrebbe perso ancora di più in discesa.
Pogacar sta bene, benone. Ha accarezzato le curve di asfalto riparato come un vaso cinese aggiungendo secondi col contagocce ma inesorabile. Quando poi la strada si è fatta dritta non ci sono state neanche le curve per recuperare e ha agguantato la maglia gialla e la tappa.
Quattro moschettieri in maglia gialla sarebbero stati insostenibili al Tour e allora i perversi regolamenti dei piazzamenti hanno deciso che a partire col simbolo del primato, oggi, fosse Carapaz, con un passaggio di testimone degno delle migliori staffette.
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Ma c’era il Galibier a interrompere una sincronia insolita di classifica mentre le squadre si dividevano il lavoro in testa al gruppo dei loro leader condivisi.
C’è stata quasi una volata per imboccare il Galibier. Non era previsto il lato più duro della salita storica, peggio la discesa. È stata proprio la maglia gialla di oggi a perdere per primo contatto sotto la forza della UAE che ha voluto provare la condizione di Vingegaard e della sua squadra che lo ha lasciato presto da solo. Ma più che scarsi gli altri, sono sembrati mostruosi i compagni di squadra di Pogacar rimasti in tre sugli ultimi otto rimasti selezionati. Fino allo scatto del capitano, come da manuale.
E se Pogacar è il capitano, Almeida è il direttore sportivo in corsa. Lo abbiamo notato quando è andato a riprendere Ayuso che era rimasto in fondo al gruppetto senza tirare. Ha smesso di pedalare e lo ha aspettato: “O vai a tirare o ti stacchi”. Parole secche hanno portato lo spagnolo subito davanti a fare il suo. Più chiaro di così.
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