22 feb 2020 – A una settimana dalla fiera abbiamo visto i numeri e valutato pure le reazioni di espositori e visitatori. E anche di quelli che la fiera l’hanno seguita da più lontano, non essendoci venuti fisicamente.
La fiera piace anche se, in questi anni, il concetto di fiera è stato messo più volte in discussione. Economicamente, per chi fa i conti a corto raggio, non è più conveniente. Pensare di tornare a casa da una fiera con qualcosa in più è impensabile per chi espone. Una fiera, inevitabilmente, ha dei costi più elevati di qualsiasi altro evento, ma è anche il luogo ideale dove si incontrano idee e si discutono soluzioni. Un’occhiata alla gamma completa dei marchi partecipanti è più di quanto si possa trovare in qualsiasi negozio. e delle biciclette, a volte, ci si innamora anche di un colore, prima ancora che chi le ha fatte si metta a spiegarci le qualità tecniche.
I numeri di CosmoBike Show, edizione 2020 parlano chiaro: 35 mila visitatori. Sono tremila in più rispetto all’edizione dell’anno passato. Fate pure un po’ di tara a questi numeri, ma il risultato resta importante e non è da trascurare. C’erano alcuni grandi marchi che, da soli, giustificavano una passeggiata in fiera, a nostro parere, ma c’erano anche grandi assenti, come è ormai tradizione di ogni fiera ciclistica, anche delle più grandi. Però c’erano, come al solito, tante idee, dalle bici in tutti i materiali possibili di T°Red alla De Rosa del campione europeo Elia Viviani. Le Wilier Triestina dell’Astana e le Scott della Mitchelton-Scott, poi Merida, Canyon (che ha permesso di toccare con mano modelli che si possono acquistare solo sul web) e tanti altri, tra cui artigiani come Bressan. Componentistica e accessori, anche utili per chi pedala in città.
Abbiamo assistito a incontri preparati, come quelli organizzati dalla Gazzetta dello Sport che, partner dell’evento, ha richiamato diversi nomi importanti a raccontare di loro (da Saronni a Colnago, tanto per dirne due) ma ha colto l’occasione anche per presentare il Campionato Italiano di quest’anno.
E poi gli incontri casuali, quelli che in fiera avvengono tra chi non si è dato appuntamento ma fioriscono in nuove idee: abbiamo visto anche questo ed è anche per questo che viene da dire che una fiera valga sempre la pena.
C’era anche il turismo. In fiera si è svolta la premiazione dell’Italian Green Road Award. Il premio del cicloturismo voluto da Ludovica Casellati e dal suo Viagginbici.com che negli anni si è distinto per aver valorizzato le vie verdi italiane più importanti. Ed è stato anche da stimolo per il completamento di percorsi che hanno, tramite il premio, potuto ottenere sovvenzioni e spinte al completamento per disegnare un’Italia sempre più pedalabile e magari anche più sicura per le due ruote.
Argomenti attuali come quelli dell’economia ciclistica di cui, in parte, vi abbiamo già raccontato con la nostra mini inchiesta sugli effetti del coronavirus sul mercato internazionale della bicicletta (cliccate qui).
Non ultimo, anzi sempre molto attuale, il ruolo dell’Italia in un mercato che tira verso l’estero ma poi si guarda dentro e scopre la fortuna di avere tanti marchi e artigiani sempre attivi. Il cuore della bicicletta continua a battere ne Bel Paese e una fiera importante ne è anche testimonianza. Guai a mollare il colpo pensando che le fiere non servano. A perderne sarebbe l’immagine di tutti gli italiani che lavorano nel settore. Anche di quelli che di una fiera credono di poterne fare a meno.
Guido P. Rubino
Seguo questo evento da quando si e trasferito ( diciamo così) da Padova molto sinceramente devo dirvi che ogni anno che passa più mi delude disertato dai grandi veri marchi, sia di cicli che di ricambistica,poi questo anno veramente credo ai minimi storici, peccato abito in provincia e partecipo andandoci in bici, 30 km neanche una passeggiata ma per la bici si fa tutto con passione.