Lo scatenato Pogacar visto a Fossano non ha fatto altro che alimentare un dibattito che tanti sollevavano ben prima dell’inizio di questo Giro 2024: chi riuscirà a fermare Pogacar? Come contrastare una superiorità atletica che sembra schiacciante?
Noi abbiamo pensato di chiederlo ad Andrea Ferrigato, ex professionista a cavallo degli anni Novanta e Duemila, più che altro perché oltre ad essere esperto di tattica, Ferrigato è stato corridore ai tempi dell’altro grande dominatore incontrastato dei grandi Giri, Miguel Indurain:
«È un Giro anomalo, questo – spiega Ferrigato, che oggi organizza viaggi cicloturistici in Italia -. È normale che sia così quando c’è uno come Pogacar».
L’attacco di Fossano è stato criticato dai più. Lei che ne pensa?
«Penso che sia facile criticare un’azione del genere. Ma allo stesso tempo è difficile farlo. Secondo me Pogačar è uno che si diverte. È la sua indole, è un esuberante, lui ci sta male se non vince. È uno che ha bisogno continuamente ci conferme».
Ai suoi tempi, “un certo” Miguel Indurain si divertiva lo stesso come si diverte Pogacar oggi?
«La vedo dura che Pogacar possa riuscire a vincere cinque Tour de France e tre Giri d’Italia come ha fatto Indurain, ma di sicuro Indurain si divertiva meno di Pogacar. Con tutto che anche la sua superiorità era schiacciante, esattamente come quella di Pogacar. Lo sloveno è uno che ti stacca in salita, Indurain era uno che ti dava cinque minuti a cronometro».
Ma Indurain avrebbe mai fatto qualcosa simile allo scatto che ha fatto Pogacar a Fossano?
«Assolutamente no, anche perché era un altro ciclismo, era un’altra epoca. Ed era così perché non c’era tutto il controllo e la tecnologia che c’è nel ciclismo di oggi. Oggi tutti sanno quali sono i valori e limiti di potenza dei corridori. Le corse di oggi sono, per questo, molto più decifrabili e controllabili di quello che erano ai miei tempi. Ed è per questo che, pur se non sono più nel mondo del professionismo ma sono fuori, percepisco che in gruppo c’è una sorta di rassegnazione alla superiorità di alcuni corridori, come appunto Pogacar. AI miei tempi, invece, c’era molto più nervosismo proprio perché noi si conoscevano i precisi limiti atletici di chi correva con te come invece succede oggi».
Ci aspetta un Giro noioso, insomma?
«No, il colpo di mano può sempre starci, l’eccezione o il record sono sempre da mettere in conto, come successo nella prima tappa con il numero che ha fatto Narvaez».
Chi e come potrà mettere in difficoltà Pogacar da qui alla fine del Giro?
«Sono pochi, anzi solo una squadra, la Ineos. La Ineos è la sola squadra che ha un organico all’altezza di metterlo in difficoltà, perché ha almeno cinque uomini di spessore e non due, al massimo tre, come invece succede in altri team. Il problema è che la Ineos che si è vista fino ad oggi è poco cattiva, poco incazzata… E invece dovrebbero essere più decisi a rispondere o prendere iniziative proprio in un contesto dove è proprio la maglia rosa ad osare, ad attaccare. Inoltre, è proprio questo il modo in cui strada facendo puoi trovare alleanze per contrastare un fenomeno come Pogacar».
E al contrario, scattando, la maglia rosa si crea nemici…
«Ripeto, non mi sento di criticare Pogacar per la sua condotta di gara. E secondo me anche i suoi tecnici hanno capito la psicologia dell’atleta in questione, anche perché ha tecnici validissimi come Fabio Baldato: credo che Pogacar sia l’atleta al quale la vittoria viene più facile, ma allo stesso tempo è quello più difficile da gestire. Ma non puoi frenare il suo istinto e il suo talento, il carattere rimarrà sempre quello, ne sono certo. Al massimo puoi smussarne gli angoli, ma il carattere non glielo cambierai mai. E se lo freni rischi solo di soffocarlo».
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