4 giu 2019 – È strano a dirsi, ma durante il Giro d’Italia uno degli articoli più letti, quello su cui tantissimi lettori si concentravano ogni giorno su Cyclinside, era il pezzo che avevamo dedicato ai commentatori Rai. Commenti mediamente negativi si aggiungevano ai nostri dubbi.
Lo avevamo scritto a marzo, ben lontani dal Giro ma con un primo assaggio di novità già ascoltate. Partendo da lì (per chi volesse riportiamo quell’articolo in fondo a questa pagina) ora vale la pena fare il punto della situazione considerando il commento, ma anche il resto, visto che il Giro d’Italia sono cambiate parecchie cose nell’esposizione mediatica del prodotto Rai.
Facciamo il punto, dopo l’esame Giro d’Italia ci sono considerazioni da fare
I commentatori
Al Giro d’Italia il commento Rai è tutto cambiato, in parte rivoluzionato, ma anche nuovo.
Di De Luca e Petacchi si è detto di tutto ma con troppa acredine per due che sono, di fatto, dei bravi professionisti. De Luca è uno che pedala (letteralmente), studia i corridori ed essendo partito dalle corse dei giovani, li conosce pure bene. Il suo modo di condurre la telecronaca è buono ma, c’è poco da fare, non coinvolge come il suo predecessore, Francesco Pancani, curiosamente ritornato in moto e pronto a giocare da fuoriclasse senza lamentarsi, ma facendo vedere la differenza in ogni intervento. Un raffronto abbastanza impietoso.
Ma il Giro d’Italia di De Luca, tutto sommato, è filato abbastanza liscio e senza troppi intoppi, qualche scivolone un po’ ingenuo (quello sulle “chiacchiere da bar” sul “erano tutti dopati e oggi no”, vorremmo non averlo mai sentito) ma comunque “ha portato la bicicletta all’arrivo” come si dice di un onesto pedalatore. E certo non è un compito facile tenere un microfono nelle maratone di dirette infinite con tappe a volte davvero monotone.
Forse ancora più difficile era l’eredità di Silvio Martinello (comunque in radio in coppia formidabile con Emanuele Dotto) che il pur bravo Petacchi ha raccolto con entusiasmo, competenza e bravura.
Poi il pasticciaccio dell’inchiesta in cui si è letto pure il nome dell’ex velocista spezzino. Un vero disastro di immagine anche per la Tv di Stato che è corsa ai ripari allontanandolo e mettendo stabilmente al suo posto Stefano Garzelli. Una disdetta che non ci voleva davvero dopo già le critiche che ai piani alti si erano attirati con i nuovi commentatori. Garzelli è competente e spesso lo abbiamo sentito andare oltre le parole del commento tecnico, perdendosi un po’ e sovrapponendosi a De Luca. Meccanismo da collaudare certamente e, in questo senso, è pure ingiusto fare paragoni con altra coppia già rodate del passato più o meno recente.
Fabio Genovesi
La novità introdotta quest’anno (e già, parte, sperimentata con Stefano Rizzato in passato) è la terza voce, al di fuori del contesto specialistico del ciclismo.
Avere qualcuno che parli di altro è certamente una buona idea allora, ma Fabio Genovesi merita qualche riga in più.
Sui social è stato crocifisso frettolosamente anche da gente del mestiere (e dell’ambiente) con qualche scivolone di stile che sapeva di invidia. Tra i due commentatori il ruolo dello scrittore era chiaramente di contorno e additato per la sua evidente poca dimestichezza col ciclismo tecnico. La veemenza degli attacchi che ha subìto ce lo ha fatto diventare istintivamente simpatico ma poi, coi giorni, si è fatto apprezzare anche da molti degli appassionati che inizialmente lo criticavano.
Ricordiamo che il Giro d’Italia è più di una corsa in bicicletta, è il racconto di un Paese, della sua geografia e della sua cultura. E le storie trovate da Genovesi erano anche un piacevole intermezzo nelle prime tappe più noiose di un Giro disegnato all’antica. Con il passare delle tappe, lo scrittore è riuscito anche a fare breccia nel cuore degli appassionati e i giudizi su di lui sono cambiati quasi radicalmente in molti casi. Esperimento riuscito e promozione.
Stefano Rizzato
Consensi unanimi, e come potrebbe essere altrimenti, li ha riscossi Stefano Rizzato. Il suo ruolo di intervistatore a caldo dei corridori lo ha interpretato in maniera splendida: aveva le domande giuste e fatte con prontezza e competenza. Ha intervistato tutti i corridori con gentilezza e nella lingua che preferivano, dando sfoggio di perfetto inglese, francese e spagnolo. Poi traduceva indicando gli spunti più interessanti. Insomma: un professionista serio, preparato e brillante. Ed è forse il più giovane della spedizione Rai. All’unanimità è quello con cui tutti vorremmo seguire una corsa.
Una nota dolente: gli interpreti
Dopo aver detto di Rizzato fa ancora più male parlare degli interpreti messi in pista dalla Rai. Inglese e francese sono stati tradotti in simultanea in maniera imbarazzante facendo venire un serio dubbio di competenza, oltre che di assoluta mancanza di specializzazione tecnica (che ci può stare, ma almeno che si traduca letteralmente quel che dicono gli interlocutori!). Due esempi su tutti per rendere l’idea: nella zoppicante intervista a Lappartient (il numero uno dell’UCI, mica l’ultimo gregario) si traduce “wild card” (il permesso speciale per la partecipazione alle corse riservato alle squadre non World Tour) in “cartellino bianco”. Con evidente confusione di “wild” con “white”.
Qualche giorno dopo Demare vittorioso a Modena diceva di essere soddisfatto perché gli mancavano i risultati (j’ai eu un manque de réussite) e viene tradotto con “ho avuto un mancamento” (in volata!?). Roba da sfidare il teatro di Gigi Proietti, se non fossimo stati al commento del Giro.
I successivi interventi nelle interviste di Stefano Rizzato ne hanno, in più di un’occasione, sminuito il risultato. Cartellino rosso senza appello.
Un professionista serio: Marco Franzelli
Nelle prime tappe ci aveva preoccupati. Franzelli parlava lentamente, camminava sulle uova di un’esperienza che evidentemente non aveva nel ciclismo. Poi ci ha messo la sua bravura giornalistica, la malizia del vecchio capitano e ha cambiato marcia. Nell’aria familiare della Formula 1 a Modena, dove forse si è fatto pure prendere un po’ la mano dalla passione: ha chiamato in diretta Leclerq, pilota Ferrari – una promessa – nel giorno della morte di Niki Lauda emozionandosi a intervistarlo. Solo che dall’altra parte c’era Valerio Conti, la Maglia Rosa che è stato sbolognato dopo poche battute a favore della Formula 1. Un siparietto pure simpatico a opera di un professionista molto bravo. Ed ha avuto modo di dimostrarlo dando al Processo alla Tappa un carattere piacevole nel prosieguo e nel finale del Giro.
Ettore Giovannelli (dai box)
Un altro professionista brillante, importato dalla Formula 1, è stato Ettore Giovannelli con le sue domande nei… box, ovvero ai pullman o comunque in giro a intercettare i corridori. Lavoro tutt’altro che facile anche se porti la maglia della Rai. Intercettare i corridori in determinate situazioni richiede modo e sangue freddo. Lui li ha avuti entrambi, probabilmente abituato agli stress delle piste a motore.
Pancani e Saligari
Due colonne della telecronaca. Del primo abbiamo detto. Professionalità e competenza strabordanti, da dispiacersi quasi quando restituiva la linea. Il secondo preciso e puntuale come sempre. La risposta giusta quando gli si chiedeva della tattica anche se ogni tanto si faceva prendere la mano dalla spettacolarizzazione a tutti i costi di tappe anche inesorabilmente noiose. In questo Giro d’Italia non c’è stato nessuno dei ventagli previsti. Alcune erano solo tappe drammaticamente piatte. In tutti i sensi.
Inquadrature spettacolari
Visto che si parla di televisione non si può non dare una nota di merito alle riprese TV. Tutt’altro che facili (e spesso in condizioni meteo complicate) e con pochi errori, tutto sommato perdonabili.
Vero che con un Paese come l’Italia è facile pure, ma spesso gli operatori hanno aggiunto del loro facendo godere il pubblico di inquadrature davvero piacevoli. Curioso solo che nelle riprese ravvicinate delle biciclette si andava quasi sempre a “beccare” lo stesso marchio. Manco a farlo apposta. Non pervenute, o quasi, le biciclette dei primi della Classifica Generale. Pazienza. Ma forse va pure bene così visto che sbirciare sulle biciclette per molte squadre resta un tabù. Gli sponsor ringraziano.
Guido P. Rubino
Commentatori Rai, la svolta strana (e le punzecchiate di Martinello)
Una cosa è sicura Pancani deve tornare a fare la telecronaca
Ero preoccupato al pensiero del giro senza Martinello,unico neo avevano il vizio di parlare tra di loro come se fossero al bar,poi la buona notizia di Petacchi veramente in gamba e mai fuori dal Suo incarico,poi la doccia gelata con la sostituzione con Garzelli che proprio non mi è piaciuto con i suoi commenti spesso inappropriati l’avevo già pizzicato per le buche a Roma nel 2018,vorrei sapere come fa a dire il rapporto che usa il corridore con 12 ingranaggi,era ed è anche il vizio di “maltodestrine”.Come si fa a vedere un ct. della nazionale fare spot a prodotti ciclistici,tra l’altro non per colpa sua ma in momenti quasi sempre finali.Ottimo Saligari qualche volta si faceva prendere la mano dalla sua enorme esperienza.In quanto a Genovesi molto in gamba ma un pochino ripetitivo. Ottime le riprese anche se ho notato che dopo le tappe toscane ed umbre sono un pò peggiorate,colpa del paesaggio oppure era cambiata la mano.In conclusione un attimo dopo l’arrivo spegevo il televisore e non nego che durante la trasmissione a volte toglievo audio.Comunque un gran bel giro d’ITALIA.Buon lavoro
A mio modesto avviso da spettatore e ciclista amatoriale, è che “cavallo vincente non si cambia”. la coppia Pancani Martinello e il commento in moto di Saligari, sono state sempre di eccellenza. Prego vivamente che presto si possa riavere il trittico sopra indicato.
De Luca e gli altri li impiegherei ma lascerei la diretta ai due impareggiabili cronisti.
PER FAVORE BASTA ITALIACHESE NON NE POSSIAMO PIU’ CON BUGNO SIAMO AL “CIAO MAMMA SONO ARRIVATO UNO”. SALIGARI TORNA AL PIU’ PRESTO, BRAVO COMPETENTE E SINTETICO.
MARCHIGNOLI GL / LOCATE DI TRIULZI MILANO.