14 ago 2019 – “Il nostro ciclismo gode di ottima salute” dice Di Rocco dopo il Campionato Europeo. Ma il vero termometro del nostro ciclismo sono i quattro titoli Europei conquistati, o è la caduta di Pozzovivo del giorno dopo?
Il ciclismo italiano prende sempre di più la forma di una freccia, con alcuni fenomeni sulla punta, che riescono a riportare il nome dell’Italia in alto. Ma la forma giusta sarebbe quella della piramide, con una base grande che culmina con alcuni campioni.
Per avere una base grande bisogna lavorare su alcuni punti. In Italia appena si pronuncia la parola base si dice giovani. E così si parte con la ricerca del talento fra i giovani, e si continua a pensare in ottica freccia. La base, invece, dovrebbe essere costituita dai giovani ma anche dagli amatori, dai cicloturisti e dalla mobilità in bici in generale. Ognuno di questi punti ha il suo sviluppo. E questi sono i punti cu cui sta lavorando da anni la British Cycling per promuovere il ciclismo, e sono i punti dove anche la USA Cycling ha impostato la futura politica di sviluppo.
Dove sono le attività di promozione per la mobilità in bici in Italia? Cosa si sta facendo per la bicicletta pensata come mezzo di trasporto? Cosa si fa per la cultura della mobilità green, che oggi è un fulcro fondamentale del pensiero in tutta Europa eccetto che per l’Italia? È dalla cultura della bici che nasceranno i futuri campioni, non dai risultati.
Viene quasi da sorridere leggendo tutti gli apprezzamenti alla Nazionale di Cassani dopo questi risultati, mentre solo pochi mesi fa al Campionato del Mondo più di uno ne chiedeva le dimissioni. Verrebbe inoltre da ricordare che l’Italia in generale non nutre al momento grandi speranze per le corse a tappe, e che al momento non abbiamo un dopo-Nibali.
Ma la domanda vera è: qualcuno in questi mesi sceglierà il ciclismo come sport grazie ai risultati visti al Campionato Europeo, o viceversa diversi genitori scoraggeranno i propri figli a scegliere il ciclismo dopo aver visto l’ennesimo incidente, quello di Pozzovivo, professionista che pedala per quasi 40.000 km all’anno e che sa quello che fa, ma che non riesce comunque ad evitare una Fiat Punto che lo manda all’ospedale? Io la risposta credo di conoscerla, perché non vedo quella base larga della piramide. E non vedere quella base larga della piramide ora vuol dire non vedere nemmeno la punta della freccia fra qualche anno.
Stefano Boggia (https://www.daccordicycles.com/it/)
Caro Stefano Boggia,
Purtroppo credo di conoscere anch’io la risposta…