Dopo le prime due giornate di pasticci organizzativi la Vuelta aveva bisogno di parlare di agonismo, più che di polemiche. E ci è riuscita.
Quasi.
Succede che ci si entusiasma quando a muoversi sono i pezzi da novanta, e quando metti nei primi posti della classifica Evenepoel, Vingegaard, ma anche Ayuso, Roglic, Soler e Mas sai che lo spettacolo c’è stato e come primo arrivo in salita non si può che applaudire.
Quasi, perché subito dopo il traguardo, in pieno entusiasmo, Evenepoel è piombato sulle troppe persone ammucchiate lì agganciando lo zaino di una ragazza e cadendo malamente a terra. Niente di grave, a dispetto del sangue che ha irrigato il viso del vincitore odierno, ma altra tirata d’orecchie per gli organizzatori che si sono rivelati ancora una volta un po’ approssimativi.
Aso, che succede? L’UCI, speriamo, prenda appunti perché confermiamo l’impressione di essere in una versione ciclistica di Giochi Senza Frontiere, dove la sorpresa arriva quando non te l’aspetti. Anche dopo il traguardo stavolta.
La Vuelta, intanto, ha preso il volto dei campioni, Evenepoel l’ha presa anche in faccia, ma intanto veste la maglia rossa.