19 apr 2018 – Francesco Moser ti risponde con quel suo sorriso un po’ storto se gli chiedi del figlio e del gossip in cui Ignazio si è andato a cacciare. “C’era tanta vigna da lavorare” aveva detto ai tempi del Grande Fratello con suo figlio era andato come partecipante. E se per un attimo le luci della ribalta in casa Moser non sono entrate per le ruote di una bicicletta poco male. La storia della dinastia Moser passa di là, per quelle ruote ora messe tutte belle in fila in casa Moser in un museo che ripercorre la carriera di Francesco, il più famoso della dinastia.
Una vita da film, perché il ciclismo è un’avventura che diventa affascinante e a volte nasce quasi per caso. Come quella bicicletta che il fratello maggiore, Aldo, ha regalato a un Francesco diciottenne. Roba che lui non aveva voluto saperne fino ad allora, salvo accorgersi subito che per la bicicletta era fatto apposta. Più che per la vita contadina, che in casa Moser è un’esistenza parallela mai abbandonata e pure fruttifera con tutte quelle vigne da curare.
È diventata un film la vita di Francesco Moser grazie al lavoro del regista Nello Correale e della Regione Trentino. Un film documentario che vedrà il debutto ufficiale al Trento Film Festival, ai primi di maggio, quando verrà proiettato ufficialmente per la prima volta.
Abbiamo avuto la fortuna di poter dare un’occhiata all’anteprima per la stampa che è stata proiettata a Milano, al Cinemino, una di quelle sale d’assai che non sono nate per gli effetti speciali ma che accolgono con calore chi vuole immergersi nelle storie. Quella dei Moser è una bella storia che si dipana sin dal primo Moser corridore, Aldo appunto.
Immagini in bianco e nero che si sovrappongono a quelle a colori e le parole dei corridori che erano in gruppo affianco al corridore di Palù di Giovo. Antiche rivalità che riaffiorano nei racconti che prendono colore nelle parole. Prima Merckx, poi Hinault e Saronni, tutti avversari che sono entrati nel film non solo nei filmati d’epoca, ma come intervistati e narratori stessi della storia del campione e senza far mancare qualche battuta pungente sempre sotto il segno di un rispetto che fa grandi i campioni. Compreso Merckx che ancora non si dà pace per quel record che gli è stato soffiato con un approccio tanto scientifico dove lui ci aveva messo solo rabbia e una forza pazzesca.
C’è un Moser anche insolito raccontato nell’opera di Correale. Da quello familiare, visto da lontano dalla moglie Carla, ai figli che si trovano con un padre ingombrante che ha in famiglia lo stesso carattere che in corsa gli è valso l’appellativo di “sceriffo”. Moser è l’uomo che lavora le vigne e che ci è sempre tornato anche tra una stagione e l’altra.
L’approccio semplice e familiare del ciclista di una volta che poi è diventato l’innovatore per eccellenza, quello che ha traghettato il ciclismo verso la modernità delle ruote lenticolari e dell’aerodinamica in un’epoca in cui i tubi per biciclette erano tondi e non si pensava più di tanto al cx. Roba da fantascienza sembrava quel Moser lì, ma poi tutto lo imitarono e i discorsi di aerodinamica divennero legittimi da quel record in poi. Il film su Moser è una climax che va a culminare col doppio Record dell’Ora di Città del Messico e poi col Giro d’Italia, compresi gli altri record che Moser continuò a conquistare con quelle biciclette sempre più strane e senza accorgersi degli anni che passavano. Lo scacco al tempo di Moser non è riferito solo a quello del cronometro.
Il tempo del film, invece, è di un’ora e mezza. Se nei primi minuti può apparire un po’ lento è solo perché affascina sulla distanza. E porta a casa il risultato. Roba da passisti insomma, com’è stato Francesco Moser da corridore.
Intanto si può dare un’occhiata al trailer:
Guido P. Rubino