14 giu 2017 – Il fulmine a ciel sereno o comunque poco nuvoloso, arrivò proprio alla vigilia del Giro d’Italia. Quando fu comunicata la positività ad un controllo precedente di Pirazzi e Ruffoni, due corridori della Bardiani che avevano già preso parte alla presentazione delle squadre che stavano per prendere il via alla corsa rosa.
Due positività vicine, in questo caso in contemporanea, per il regolamento UCI, fanno scattare la sospensione della squadra. Sospensione che non è arrivata – come qualcuno temeva – prima della fine del Giro (e avrebbe arroventato ancora di più la decisione degli organizzatori sulle squadre italiane lasciate fuori), ma qualche tempo dopo. E diciamo pure per fortuna. Tutta la squadra, insomma, non potrà prendere parte alle competizioni a partire dal 14 giugno e fino al 14 luglio.
La squadra italiana fa sapere, tramite un comunicato, che non intende ricorrere contro la decisione dell’UCI, ma si dice comunque profondamente amareggiata perché questa decisione non tiene conto del danno di immagine ed economico già subito dal team (che ha disputato il Giro con sette corridori, quelli nella foto d’apertura).
Che dire: giusto così? La regola dell’UCI (che fa riferimento all’articolo 7.12.1 del Regolamento Antidoping) è così “pesante” perché la positività ripetuta all’interno di una squadra viene considerata come una colpa che va probabilmente oltre la singola responsabilità del corridore. Pur non parlando di doping di squadra (ci vogliono ben altre prove), si considera comunque una corresponsabilità del team come per un “mancato controllo” sui propri atleti.
Insomma, è un messaggio forte e chiaro.
GR
A mio parere contro il doping mano pesante SEMPRE!
Verso i corridori in primis e anche verso i team. (tutti hanno uno staff medico, non possono non sapere)!