26 feb 2019 – È poco più di una settimana, ormai, che CosmoBike Show ha chiuso i battenti ed è il momento di tirare una riga e pensare cosa è stata l’ultima fiera in Italia.
Pregi e difetti di una fiera che ha visto un suo apice e poi un calare di attenzione da parte delle aziende ma non del pubblico. E questo è un primo punto. Anzi è IL punto su cui è il caso che venga imperniata qualsiasi discussione quando si parla di eventi che mettono a confronto le aziende con il mercato.
Già, il pubblico. Perché si va in fiera se non per incontrare il pubblico? A CosmoBike Show in due giorni ci sono stati oltre 30.000 visitatori. Gli organizzatori ne hanno dichiarati 32.000, se vogliamo fare un po’ di tara all’ottimismo di chi promuove il suo evento, rimangono comunque numeri importantissimi (maggiori di qualsiasi altro evento italiano dedicato alla bicicletta). E la presenza notevole di persone in giro per i corridoi era evidente: sabato mattina spesso si faceva fatica a camminare nonostante un prezzo del biglietto di 12 euro che qualcuno ha giudicato un po’ abbondante per una fiera non di ampio respiro come ci avevano abituati in altre situazioni gli organizzatori.
«Abbiamo fatto il possibile per portare dentro più aziende possibili – è il rammarico degli organizzatori – ma per molti non c’è stato verso. Però molti che erano dubbiosi nel partecipare, alla fine ci hanno dato riscontri importanti. E già ci chiedono per il prossimo anno».
Vero, chiedendo in giro a molti la soddisfazione dei partecipanti è stata tangibile. Qualcuno, anzi, oltre a stupirsi per il pubblico inaspettato (c’è anche chi ha finito i cataloghi troppo presto non immaginando tanti visitatori) ha fatto notare anche come gli interessi di chi è venuto a Verona siano diversi rispetto a chi visita gli eventi di fine anno: più persone interessate al cicloturismo, magari agli accessori. Forse un pubblico diverso ma certamente un interesse destato in chi, iniziando a fiutare le belle giornate, decide che ricominciare a pedalare sia una buona idea. Tantissimi praticanti.
Fiera evento
A portare tanti appassionati in fiera ha contribuito certamente la partnership azzeccata con la Gazzetta dello Sport. Un flusso di campioni importante ha permesso al pubblico di sentire storie di corse appassionanti. La fiera è diventata un evento e un’occasione per tanti incontri. Un seme gettato che può germogliare bene: la chiave è quella giusta anche nella promozione aziendale: il racconto di Selle Italia con i campioni è stato una vetrina formidabile per l’azienda.
E la prova delle biciclette? C’era anche quella, in un padiglione dedicato. Chiaro: quasi tutti hanno pedalato in borghese, niente abbigliamento tecnico per rendersi conto come avviene, invece, in un bike test, ma prove decisamente più soft e dedicate, soprattutto, alle e-bike cittadine e alle e-mtb.
Ecco, uno dei nodi è qui. Chi preferisce i bike test alle classiche fiere porta ad argomentazione il riscontro diretto dell’aumento di vendite dei negozi della zona nelle settimane successive all’evento. Bike test che risultano più economici nell’organizzazione (anche appoggiandosi a rivenditori locali) e quindi appaiono più redditizi. Perché ok il tanto pubblico, ma il fine di una fiera è sempre quello economico ed è logico. E se si parte dal confronto di quando in fiera si chiudevano i contratti il paragone diventa subito impietoso. Una fiera non fa business direttamente, ma se porta tanto pubblico (ed è inutile girarci intorno: ce n’è molto di più che in qualsiasi bike test) un risultato economico lo porta inevitabilmente, anche se su un’onda più lunga e meno quantificabile direttamente.
A chi serve la fiera?
Domanda posta sovente durante la manifestazione. Una domanda che già a guardare CosmoBike Show trovava diverse risposte. Appurato che i grandi marchi snobbano le fiere avendo altre vetrine (le squadre pro’ World Tour, ad esempio) lo spazio lasciato ai più piccoli diventa importante e può essere sfruttato molto. Ed è stata dimostrata, ancora una volta, che i piccoli marchi hanno perso un’occasione di conoscenza e non ha senso dire che “vengo solo se ci sono i grandi”. Anzi, dovrebbero averne maggiore interesse!
A dire il vero qualche grande “brand” in fiera c’era pure. Prendiamo marchi come Wilier Triestina e Scott, ma anche lo stesso De Rosa, tutti fornitori di squadre professionistiche di alto livello, poi Bottecchia, Focus e tanti altri. Per gli appassionati è stata l’occasione di vedere tutta l’esposizione di una gamma ormai impossibile da trovare, al completo, nei negozi. Anche l’occasione per fare le domande ai responsabili dell’aziende per avere i consigli giusti e senza lasciare dubbi. Marchi che sono usciti dalla fiera soddisfatti e con moltissimi visitatori con ben chiaro il loro prodotto. Non poco.
Poi ci sono quelli più piccoli, gli artigiani. Da questo punto di vista la fiera diventa una vera e propria manna per gli appassionati che possono trovare biciclette personalizzate e su misura con un contatto diretto e senza doversi sobbarcare chilometri e chilometri per poterli vedere tutti. Da Sarto a T°Red, ma anche Grandis e Bressan. Nomi da intenditori che in fiera hanno saputo dare dritte importante a chi chiedeva consigli non necessariamente sul loro prodotto.
Ecco che la fiera diventa una ricchezza culturale e tecnica che va oltre il contatto che può avvenire virtualmente.
Segno anche di un settore in fermento. Proprio in questi giorni stiamo parlando di novità tecnologiche spesso discusse dai nostri lettori nei commenti o nelle stesse email che ci inviano direttamente (ne parleremo). Dal nuovo gruppo Sram alle novità idrauliche di Rotor, fino anche allo stand Campagnolo preso letteralmente d’assalto per saperne di più, capire, discutere.
La bicicletta è tutt’altro che ferma e una fiera è anche il termometro di un settore economico di un Paese. La fiera, a questo punto, diventa un traino anche comunicativo (e i passaggi continui nei TG nazionali sono una fortuna che capita solo agli eventi di valore e che fanno bene al settore, guai a trascurare questa opportunità).
E ancora non abbiamo nominato le e-bike.
In fiera la mobilità era uno dei temi importanti nei dibattiti che si sono svolti affianco a quelli organizzati dalla Gazzetta dello Sport. Il ciclismo agonistico era vestito del rosa nazionale, ma il palco di CosmoBike è stato teatro di tantissime discussioni dedicate alla mobilità ma anche alle e-bike.
Molto apprezzata, ad esempio, la presentazione del circuito e-mtb di Franco Monchiero che ha dato un’idea chiara – a chi ancora avesse dei dubbi – sulla logica di una gara in sella a un’e-mtb. Una formula pensata per mettere in evidenza i ciclisti anche all’interno della pedalata assistita (e si può fare agonismo ma ottenere anche tanto divertimento esplorando i territori dal punto di vista della natura).
In fiera c’era un’area dedicata alle e-bike (oltre a quelle presenti negli stand) dove poter avere un’occhiata rapida delle proposte più importanti del mercato.
E adesso che succede?
«Non sapevamo neanche noi bene cosa aspettarci – ci ha spiegato Paolo Coin, manager di CosmoBike Show – ma il pubblico ci ha dato ragione. C’è da migliorare? sempre. Ma consideriamo la fiera di quest’anno come un nuovo punto di partenza completamente diverso da quanto fatto in questi anni, a cominciare dalla conferma del periodo: si rifarà a febbraio anche l’anno prossimo».
C’è da mettersi a lavorare insomma, con energie fresche. Se mai ne servisse conferma anche per Verona Fiere, che ospita CosmoBike, l’evento può funzionare bene e diventare redditizio. Però tocca crederci, e l’ente fiera, abituato anche a eventi molto più grandi (Fiera Cavalli, Vinitaly, tanto per dire) deve dare la spinta per un cambio di passo sempre annunciato ma mai visto realmente, nonostante gli sforzi degli organizzatori di CosmoBike. Le potenzialità, per una città come Verona, ci sono tutte. A partire da quelle logistiche che potrebbero mettere in discussione l’esistenza di fiere ben più grandi. Ma questo lo avevamo già scritto.
C’è solo da metterlo in pratica e convincere gli scettici con un piano di crescita al quale deve diventare impossibile dire di no. Servirebbe a tutti, a cominciare dalle aziende che potrebbero, finalmente, vedere un obiettivo comune e poter parlare di settore in crescita nel nostro Paese. Sarebbe una vetrina strepitosa e una bella figura internazionale.
Guido P. Rubino