1 ago 2019 – Faceva un caldo bestiale quel 14 luglio del 1976 e all’inizio dell’Izoard Simone Fraccaro si era trovato quella strada dritta “di quelle che non ti rendi conto della pendenza proprio perché è dritta”.
Il baffo è da fiammingo, l’approccio da corridore era lo stesso. Capelli biondi, a volte lunghi e quegli occhi chiari che “ancora oggi mi parlano in inglese o tedesco”. Simone Fraccaro sorride e accoglie i giornalisti nella sua azienda.
«Non avevo pace su quella salita, non trovavo il modo per avere sollievo dal caldo. Hai presente la lana? Ti resta appiccicata addosso, avrò provato mille modi per tirare su la maglia, scoprire il busto, tiravo giù, forzavo, ma non c’era niente da fare.
«Anzi, qualcosa c’era, ma ci avrei pensato una volta smesso di correre».
Già, c’era da cambiare qualcosa. Non “de drio” come intuì Tullio Campagnolo prima inventare lo sgancio rapido, il suo primo brevetto, ma addosso direttamente al ciclista.
Era il tempo di cambiare ed era anche il momento giusto.
«Quando ho smesso di correre, nel 1984, era l’anno giusto per cominciare a pensare a un abbigliamento diverso dalla lana. Stavano arrivando i nuovi tessuti e c’era tantissimo da fare».
Simone Fraccaro è stato da subito all’avanguardia dal punto di vista tecnologico e non solo per i tessuti.
«Ho puntato subito a fare l’abbigliamento personalizzato – racconta – perché in Italia c’è sempre stato tanto mercato, tanti piccoli gruppi sportivi che non si possono fare carico di investimenti importanti per tanto materiale, ma cercano comunque qualcosa di speciale solo per loro. Tanto più adesso che si fa abbigliamento personalizzato anche per piccoli eventi.
«Pensa – Fraccaro appare timido all’approccio, ma una volta dato il là non si ferma più – che sono stato tra i primi a ricorrere al digitale per la stampa delle maglie. Saranno più di 20 anni che ho visto la prima macchina digitale per realizzare le maglie, ero a San Francisco e ho fatto di tutto per averla qui».
Oggi il laboratorio GSG ha una quantità impressionante di plotter pronti a parare quasi qualsiasi quantitativo di richieste. Nell’azienda trevigiana lavorano circa settanta persone, dalla prima progettazione, la definizione dei tessuti e delle linee da seguire, alle realizzazioni grafiche dei bozzetti, fino alla stampa negli enormi plotter che preparano i rotoli prestampati su cui si andranno a posizionare i pannelli di tessuto.
Una volta pronti passeranno alla cucitura, tutta manuale, e infine al controllo qualità e al confezionamento.
Fondelli fatti in casa
Ancora più particolare, per Giessegi, è la scelta di realizzare i fondelli dei pantaloncini da ciclista, direttamente in casa. Ci sono ottime aziende che ne producono di ogni foggica, ma così la personalizzazione può essere più elevata e modifiche ed elaborazioni si possono realizzare quasi al volo.
La costruzione del fondello parte dalla base, che andrà a contatto col pantaloncino, su cui vengono “montati” i vari spessori con diverse densità a seconda della costruzione da realizzare. La manualità delle operaie a sistemare le varie parti è notevole, un fondello prende vita in pochi minuti.
Non a caso Giessegi è famosa proprio per la qualità dei pantaloncini.
Made in Italy
Fatto in Italia e non c’è rischio di sbagliare. «Per noi Made in Italy è sinonimo di flessibilità e personalizzazione – racconta Ronnie Fraccaro, il figlio di Simone che contribuisce da anni all’azienda – è l’unico modo per poter stare dietro ai gruppi sportivi o ai negozi in maniera efficiente.
«In questo modo possiamo offrire anche un adeguato servizio post vendita ed essere flessibili sul mercato. Oltretutto lavorando con i corridori professionisti siamo in grado di avere dei riscontri immediati sul lavoro fatto, ma possiamo anche intervenire rapidamente se ci sono da fare degli aggiustamenti».
Collezioni di varie tipologie
Sentendo le esigenze di ciclisti molto diversi sono state definite diverse linee di prodotto, da quelle dedicate ai corridori, fino a quelle pensate per chi in bicicletta va con meno agonismo, ma comunque può passare in sella tante ore. Poi c’è la linea femminile….
Una delle ultime arrivate è, a dire il vero, una mini collezione GSG celebrativa del 35° anno di attività, ricordato dalle date e dai colori: su tutti il celeste che ricorda la Bianchi, poi il rosa del Giro d’Italia e piccole personalizzazioni da ordinare al volo per avere direttamente a casa il proprio completo personalizzato.
Affianco ai capi più tecnici, come le linee dedicate all’agonismo e fatte di tessuti attillati (da un po’ di tempo anche GSG sta lavorando in galleria del vento e se è vero, come è facile intuire, che il ciclista conta all’80 per cento nell’insieme con la bicicletta, il senso c’è), ci sono modelli più comodi. Addirittura con pantaloncini meno attillati.
Dalle collezioni Apricae Fedaia, tanto per citare alcune delle più affascinanti in termini di tecnologia, si arriva alla maglia Enduro e ai pantaloncini Leogang. Nascono per la mtb e il gravel, ma possono essere perfetti per chi viaggia in bicicletta e non vuole lasciare a casa il vantaggio di un capo “tecnico” (definizione che solitamente dice poco, ma in questo caso ci appare perfetta per definire un prodotto ideale per un determinato utilizzo, la bicicletta in questo caso).
Quelli appena nominati sono alcuni dei capi della collezione primavera-estate 2020. Una serie di capi completata anche da accessori di varie tipologie.
Donna
Menzione speciale per l’abbigliamento da donna. E vale la pena partire dai pantaloncini “monobretella” (modello Garnet), soluzione semplice che permette di indossare i pantaloncini senza togliere completamente la maglia e la bretella non disturba il seno.
Una nota di merito va anche alle scelte grafiche. Le linee proposte sono piuttosto sobrie, senza colori o fantasie esagerate, molte cicliste (e ciclisti) apprezzeranno. Ovviamente, poi, c’è il personalizzabile.
Intimo e non solo
Nella nuova collezione entra anche l’abbigliamento intimo con maglie e canottiere a loro volta personalizzabili.
Maglie classiche o senza maniche (diverse proposte anche per le linee uomo) seguono le richieste del mercato.
Sorride Simone Fraccaro.
«Le avessi avute io queste maglie quando correvo – e aggiunge – anche le biciclette di oggi a dire il vero”. In discesa, c’è da scommetterci, avrebbe fatto vedere i sorci verdi a tutti.
«Ah. Ma quello me lo ricordo ancora eh, se è sterrato poi mica mi sta dietro nessuno».
Galleria fotografica
Ulteriori informazioni: https://www.giessegi.com
Guido P. Rubino