5 mag 2017 – Lo amo questo ciclismo e lo odio. Abbiamo visto la presentazione delle squadre. Ci sono arrivate le prime foto e poi quelle belle dei fotografi nella redazione sparsa per l’Italia di un giornale online.
Lo amo questo ciclismo perché il tributo che il Giro d’Italia ha fatto a Michele Scarponi nel giorno della vigilia ha raccontato tutto e non solo di Scarponi e della sua tragedia nel non averlo con noi a correre.
Guardatelo bene, è un video che parla del ciclismo e dell’amore. Quello della gente per uno sport che ti passa sotto casa ma che sei disposto a fare chilometri a piedi per andare a vedere e poi aspettarlo per ore, magari al freddo di una salita o cuocendosi sotto a sole aspettando, come premio, pochi secondi di passaggio di un gruppo dove magari non riesci a individuare nemmeno le facce di quelli che conosci e vorresti applaudire.
E allora batti le mani per tutti. Ti scappa un urlo è un “dai”. Perché se pure tieni a un corridore come fai a non applaudire quelli che vanno forte quel giorno.
Ecco i ciclismo, quello che applaudi tutti così come tutti oggi hanno preso l’applauso del popolo di Sardegna (e guardate la nostra galleria, in basso, che spettacolo).
Immagini uniche che raccontano come il Giro sia più di una corsa, diventa un trampolino di lancio per i sogni da realizzare a pedali o meno.
Ecco perché poi fa male.
Fa male di più accidenti.
Fa male quando leggi che due corridori sono “risultati positivi”. Ma come, a cosa sono risultati positivi? È possibile ancora oggi?
Certo che lo è, perché la realtà è il muro su cui vanno a sbattere i sogni troppo veloci, come quelli di un ciclismo pulito. C’è ancora chi ci prova a quanto pare, forse ci sarà sempre.
Viene da pensare che il ciclismo non sia cambiato per niente dai tempi bui. Forse non è cambiata la mentalità di chi dovrebbe insegnare e ancora tramanda il modo di fare del “provarci” comunque e mal che vada si butta via il corridore che ha fatto tutto da solo. E si ricomincia con qualcun altro.
Però fa male pure perché la brutta notizia arriva doppia: due corridori, per giunta della stessa squadra. Inaccettabile nel professionismo in cui nulla è lasciato al caso. È vero che i corridori non possono essere controllati dal proprio team 24 ore su 24, ma è vero pure che direttori sportivi e medici della squadra siano un po’ come il meccanico delle auto. Sei gli portiamo una vecchia Fiat 500 che fa i 150 all’ora la domanda di come l’abbiamo modificata è naturale. Sa bene che quel tipo di veicolo è fatto per altre velocità, così come chi ha in squadra dei ragazzi sa quali siano le loro caratteristiche in anni, ma anche solo mesi, di conoscenza.
Però fermiamoci qui. Non è neppure giusto dire altro finché non ci sia la conferma della colpa. La giustizia faccia il suo corso e vanno aspettate le controanalisi prima di puntare il dito con fermezza. Anche perché sembrerebbe assurdo che una squadra che dovesse vedere due corridori improvvisamente fenomeni si arrischi a portarli al Giro. In passato è giù successo di corridori fermati dalla propria squadra perché insospettita da prestazioni anomale. Fermiamoci.
Un’amarezza resta però e di questo non ci sono controanalisi da aspettare. Perché proprio ieri? Questo attendere il massimo del clamore per dare una notizia, il giorno della presentazione delle squadre al Giro è un cazzotto in faccia al ciclismo, uno sputo sull’onore di uno sport che ha fatto più di altri nella lotta al doping. Ecco, diciamo anche questo a chi dice che “i soliti ciclisti”. E non vuol dire farsi belli perché gli altri sono peggio, ma solo ricordare un paio di cosine.
Buon Giro d’Italia allora. Perché è uno spettacolo che sta partendo e spettacolo sarà e avrà i suoi protagonisti meritati, anche se altri cercano di farne il proprio trampolino.
Vi lasciamo alle immagini della presentazione, prima di quelle vere, di gara, che stanno per arrivare e ci faranno lasciare chiacchiere e mal di testa alle spalle.
Vinte dall’adrenalina!
Galleria fotografica
Guido P. Rubino