21 set 2018 – A meno di un mese dalla “madre di tutte le ciclostoriche” ecco una serie di servizi per presentarsi al meglio alla grande classica del cicloturismo d’epoca che si svolge il 7 ottobre a Gaiole in Chianti. Ci occuperemo a puntate della tipologia di bici, degli accessori da portare, della componentistica, dell’abbigliamento e della sicurezza cui badare per affrontare al meglio L’Eroica. Iniziamo da quella che abbiamo messo per ultima, ma non certo per importanza, la sicurezza.
Sia che abbiate scelto di affrontare il percorso corto da 32 chilometri che quello “monster” da 209 il discorso non cambia: la bicicletta con cui vi schiererete al via dovrà avere canoni funzionali e strutturali adeguati, necessari per la vostra sicurezza e la vostra incolumità. Già, proprio così, conosciamo e apprezziamo il clima leggero, scanzonato e a tratti goliardico che si respira a Gaiole nei giorni de L’Eroica, ma l’errore più grande che si può fare è trasferire questo sentimento anche sulla bicicletta, attrezzandosi con un “ferro vecchio” rimediato all’ultimo momento da amici o conoscenti e sorvolando su aspetti tecnico-meccanici essenziali a garantire una marcia efficiente e soprattutto sicura. Quel che è certo è che ripristinare all’uso una bici che non circola da moltissimi anni impone di rimpiazzare con parti rigorosamente nuove alcuni specifici componenti. L’aggiornamento sacrificherà un poco l’originalità della bici nel suo insieme, ma si rende assolutamente necessario se nel migliore dei casi volete evitare di rimanere “in panne” e se nel peggiore dei casi volete evitare pericolosi ruzzoloni.
I componenti che più degli altri meritano attenzione sono gli pneumatici, che siano essi di tipo copertoncino o peggio tubolare. È infatti sempre a causa del fenomeno della degradazione del materiali che una copertura molto vecchia (cioè che abbia al minimo dieci, quindici anni) perde con il tempo tutte le sue caratteristiche di elasticità e resistenza, con la conseguenza che diventerà estremamente facile da forare e assolutamente inaffidabile per quel che riguarda la tenuta sul fondo stradale. Via allora le coperture originali, anche nel caso in cui si è verificato che non ci sono perdite d’aria: un tubolare “secco” scoppierà alla prima discesa, mentre un copertoncino d’annata avrà come minimo la camera d’aria degradata e il battistrada indurito, con conseguente aderenza pari a zero se si transita sul bagnato.
Motivazioni simili a quelle viste per gli pneumatici impongono allo stesso modo di sostituire i pattini dei freni: con il tempo, questi ultimi tendono a diventare secchi e rigidi, vanificando quasi del tutto le loro capacità frenanti. L’inadeguatezza di pattini freno vecchi è ancor più pericolosa in caso di pioggia, perché in queste condizioni la mescola secca tende a consumarsi in modo incredibilmente più rapido quando a contatto con il cerchio, e di conseguenza a condurre presto l’impianto frenante alla totale inabilità.
Componentistica a parte, le vecchie bici hanno in realtà un aspetto ancor più nascosto che impone la massima attenzione se si parla di sicurezza. Questo aspetto è legato alla degradazione del materiale, cioè quel processo che, esponendo il materiale all’ambiente e ai suoi agenti, peggiora nel corso del tempo le caratteristiche meccaniche dello stesso: in questo senso, la bici sembra integra e con i componenti funzionanti, ma in realtà quando la si comincia a usare può verificarsi un cedimento strutturale. Come affrontare la questione? Sicuramente con un esame visivo il più possibile accurato: sui tubi in acciaio del telaio il fenomeno della degradazione si manifesta principalmente sotto forma di ossidazione esterna, è per questo particolarmente evidente ed è relativamente facile da controllare. Se l’ossidazione riguarda solo lo strato superficiale di vernice non ci sono motivi di preoccuparsi; se, invece, l’ossido è esteso su buona porzione dei tubi del telaio ed ha una colorazione più “viva”, probabilmente potrebbero esserci alterazioni strutturali su un tubo che è stato attaccato anche internamente. In questo caso sarà decisamente meglio evitare l’utilizzo. Ancor più subdola, e talvolta difficile da riconoscere, è invece la degradazione che talvolta attacca le componenti realizzate in leghe metalliche leggere, come ad esempio reggisella, corpi freno, manubrio e attacco manubrio. Alterazioni del colore, venature o opacizzazioni superficiali possono essere importanti segnali che indicano un probabile processo di degradazione in corso; altre volte invece questo fenomeno non da segnali, se non quello del cedimento strutturale improvviso del componente durante l’uso…
Una bicicletta nuova?
Lo sappiamo, probabilmente i veri del collezionismo vintage storceranno il naso, ma tutto quel che abbiamo detto depone a favore di tutti coloro che, al posto delle vecchie bici da corsa originali, a L’Eroica preferiscono utilizzare le riedizioni moderne di biciclette da corsa ispirate ai canoni estetici del passato, costruite con telaio rigorosamente in acciaio e allestite con tutto ciò che serve per dare loro sembianze dichiaratamente “vintage”: cablaggi esterni, cerchi a basso profilo, attacco manubrio a “pipa” e sella in cuoio rivettata. Per carità, bici del genere l’originalità e il Made in Italy non sanno neanche cosa siano, ma state pur certi che il loro utilizzo, e in particolare l’utilizzo dei loro componenti, scansa il pericoloso rischio a cui sono soggetti tutte le bici prodotte trenta quaranta o più anni fa
Se, invece, siete “puristi” del ciclismo d’epoca e se siete decisi a fare L’Eroica in sella a una vecchia bici tirata fuori da una cantina, preoccupatevi prima di ispezionare il mezzo come si deve e in un secondo momento di provarlo, mettendo in uso la sua meccanica in modo progressivo, prima con delicatezza e poi “con la frusta” . Nella maniera più assoluta non limitatevi a salire sulla vostra vecchia bici direttamente il giorno della “gara” oppure ad effettuarci una semplice “girata” di pochi chilometri il giorno prima. Infine, per quanto possibile, le prove con la bici d’epoca andranno fatte su fondi stradali il più possibile simili a quelli della ciclostorica toscana, quindi su strade sterrate e su fondi spesso irregolari.
Maurizio Coccia