11 lug 2018 – Più o meno ogni anno ci ritroviamo a luglio a ripetere la stessa frase. Ed è una verità: ogni anno il Tour vive una flagellazione di cadute che vanno addirittura a influire sulla classifica finale già dalle prime tappe. Alcuni criticano le strade – ma in realtà sebbene non facili quelle della Francia non sono certamente peggiori delle vie di tante altre Nazioni Europee, sia in termini di numero di incroci o rotonde, sia come larghezza e qualità.
Van Avermaet punta il dito sulla pressione psicologica che devono reggere i corridori. Sagan colpevolizza i corridori stessi, rei di non rispettare i ruoli negli ultimi chilometri, dove chi non è un velocista dovrebbe fare un passo indietro e lasciare via libera a chi si gioca la tappa. Ma perché avviene questo? Se limitando il numero dei corridori si fosse andati nella direzione opposta all’obiettivo di aumentare la sicurezza?
Ci sono troppi corridori accalcati in testa al gruppo negli ultimi chilometri. Ci sono squadre che portano il capitano davanti per tenerlo fuori dalle cadute, e riescono a stare davanti senza nemmeno avere grandi passisti tra le loro file. Ci sono corridori che stanno lì davanti solo per mantenere la posizione. Le squadre di velocisti aspettano l’ultimissimo secondo per partire, per non sprecare energie. Tutto questo rende l’andatura piuttosto sostenibile da tutti: lo vediamo dal gps che ci indica velocità ben inferiori a quelle che si tenevano negli ultimi chilometri di gara di 20 anni fa. Questo perché mancano grandi passisti pronti a mettere tutti in fila indiana già negli ultimi 20 chilometri, non solo nelle fasi finali, a cinque o sei chilometri dall’arrivo.
Se avessimo squadre con due o tre corridori in più che si potrebbero quindi organizzare per tempo con dei passisti scelti l’andatura del finale si alzerebbe di più e prima. Con un gruppo in fila indiana le cadute diminuirebbero. E lo spettacolo non ne verrebbe danneggiato. Con le tappe disegnate in questo modo, come abbiamo visto finora, è quasi impossibile che una fuga arrivi, e non il numero dei corridori è apparso evidentemente ininfluente in questo senso, non importa che siano sette, otto o dieci per squadra. Ma con più corridori ci sarebbe, molto probabilmente, un ritorno ai vecchi treni organizzati, spettacolari anch’essi nella loro tecnica e tattica. Sicuramente più belli da vedere di tutti questi mini-trenini che si affiancano di continuo senza prevalere uno sull’altro finché non prende in mano la situazione la Quick Step.
Stefano Boggia