Ho ritrovato la poesia del ciclismo a Trento al Festival dello Sport. In mezzo a tanta tecnologia e modernità, c’è stato quel richiamo alla memoria delle imprese, quelle belle, senza tempo, che hanno ispirato e ispirano i ciclisti epici di oggi.
Una voce su tutte quella di Vittorio Adorni, classe 1937 che ai Campionati del Mondo di Imola nel 1968, con i suoi 9 minuti e 50 di vantaggio da Van Springel, salì sul podio scalzo per paura di rovinare gli scarpini nuovi che la mattina gli aveva consegnato la figlia dell’artigiano toscano Colombini (un parente del Libero, decano partecipante di tutte le ciclostoriche?)
Poi Saronni che dichiara di esser venuto a Trento per controllare l’annata del vino Moser e non per ricordare la vittoria di GoodWood del 1982. Il vero motivo che spinse Saronni a volere fortemente vincere con l’Italia? Non sfigurare nei confronti del calcio che nel precedente luglio aveva conquistato la Coppa del Mondo.
E le favelas e la povertà nel racconto e negli occhi di Moser che fu inseguito dagli avvoltoi che si posavano sulla spazzatura a cielo aperto e divorarono la carcassa di un cane investito durante il Mondiale di San Cristibal del 1977.
Saronni e Moser? Obbligati a litigare per far scrivere pagine di giornalismo perchè alla fine il ciclismo è sempre un equilibrio tra due antagonisti e i racconti hanno bisogno di essere alimentati da gesta che devono ricalcare le tenzoni epiche del passato.
Perchè allora, nei bar, si parlava di ciclismo come se fosse il calcio.
Un po’ come faceva Giancarlo Brocci al barrino dove, da bambino, leggeva la Gazzetta, quella che parlava del ciclismo, ai vecchi del paese, ignari che Gaiole sarebbe diventata il centro del mondo nella prima settimana di ottobre del 2022.
25 anni. Ben portati. Saremo migliaia e abbiamo iniziato a muoverci verso Casa Eroica.
29 set 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside