28 mag 2018 – Difficile essere tecnici, magari anche imparziali, quando si tratta di parlare di un Giro come questo, così emozionante, così fuori dai soliti schemi fatti di calcoli e di qualche secondo rosicchiato qua e là? Come si fa ad essere imparziali nel valutare una corsa che ci ha riportati indietro di anni, di decenni? Una corsa fatta di colpi di scena, di crisi clamorose, di ribaltoni impensabili, di imprese memorabili?
…sua Maestà Christopher Froome: trovatemelo voi un aggettivo appropriato per descrivere quello che ha fatto “il Keniano bianco” in questo Giro. Perché io ci provo da giorni, ma non riesco a individuarlo. Eppure con le parole, di solito, non me la cavo male. Fantastico? Stratosferico? Epico? Storico? Leggendario? Emozionante? Unico? Nessuno di questi aggettivi mi convince completamente. Sì, forse l’insieme di tutti questi, non so. Ma mancherebbe comunque qualcosa. Sta di fatto che mi ritengo fortunato ad essere stato uno dei tanti puntini lì a bordo strada nel giorno della mitica tappa del Colle delle Finestre e dello Jaffereau. Mi ritengo fortunato a poterla raccontare adesso. Mi ritengo molto fortunato di poter serbare quel ricordo meraviglioso e di potere un giorno, vicino o lontano, poter dire ai posteri “io quel giorno sulla strada c’ero!”. Non aggiungo altro, anche se potrei dilungarmi per ore. Voto: 10 e lode. Solo perché credo non si possa andare oltre, come invece, con la testa e col cuore, ha fatto Chris in questo Giro.
Tom Dumoulin: ebbene sì, lo confesso, credo di poterlo fare senza suscitare gelosie particolari: io amo Tom Dumoulin. Ne amo lo stile perfetto, quasi regale. Ne amo le doti di intelligenza e di freddezza che gli consentono di uscire quasi sempre in maniera brillante da situazioni complicate. Ne amo la costanza ad alti livelli, che ne ha fatto sicuramente il corridore più regolare di questo Giro. Ne amo la signorilità nella vittoria, ed anche nella sconfitta. Ne amo le doti di lottatore incapace di arrendersi, che sono venute fuori soprattutto nella parte finale di questo Giro. Tom per me è stato grande, ed avrebbe di sicuro bissato il successo dello scorso anno, se non fosse stato per il sublime volo del “Mostro”. Ma, nello sport come nella vita, accade di trovare qualcuno più forte e più bravo. Stavolta è capitato a lui. Per me comunque merita un bel 9.
Simon Yates: A metà della famigerata “ultima settimana” sembrava lui il “baciato dalle stelle”. Volava in salita, e si era persino difeso egregiamente a cronometro. Niente e nessuno pareva poter intaccare il “regime” del giovanotto di Manchester. Invece, quando tutti pensavano di vedere in lui il primo britannico a vestirsi di rosa (cosa poi veramente accaduta, ma non grazie a lui), ecco il passaggio a vuoto di Prato Nevoso. Preludio della cotta solenne montatagli sulla schiena sul Colle delle Finestre e portata in spalle per la Val Chisone e la Val Susa fino allo Jaffereau. Peccato davvero, Simon. Il tuo giro fino alla terzultima tappa sarebbe stato da 10, ma purtroppo per te le grandi corse durano tre settimane intere. Ti do comunque 8 per come hai saputo infiammare le prime due settimane. In ogni caso sono abbastanza convinto che tu sia l’uomo del futuro. Ti aspetto quindi nei prossimi anni, con maggiore fondo e con più esperienza sulle spalle: i migliori rimedi contro la “scimmia” della cotta solenne che arriva, ti sale addosso, e non ti molla più.
Miguel Angel Lopez: Sempre, o quasi, attaccato al treno dei migliori che ha anche saputo punzecchiare di tanto in tanto. Gli è mancato l’acuto che gli avrebbe permesso di aggiudicarsi una tappa, come forse avrebbe anche meritato. La maglia bianca ed il terzo posto nella generale sono comunque risultati ottimi per un ragazzo di soli 24 anni. Anche lui, come Yates, da rivedere. Voto: 7,5.
Richard Carapaz: Vale quanto detto sopra per Lopez, con la differenza che il venticinquenne ecuadoriano una vittoria parziale ha saputo conquistarla, in quel di Montevergine. Lo conoscevo poco alla vigilia di questo Giro, e ne sono stato favorevolmente impressionato. Voto: 7,5 pure a lui.
Domenico Pozzovivo: Fino alla tappa del Finestre/Jaffereau il suo giro era assolutamente da 9. Non ci voleva per lui quella giornata storta che gli ha fatto perdere un podio tutto sommato “possibile”. E sarebbe stata una gran cosa davvero. Terminare al quinto posto, migliore degli Italiani, a otto minuti dal “Mostro” è comunque per me un buonissimo risultato. Purtroppo mai un acuto che gli permettesse di vincere una tappa. Voto 7.
Thibaut Pinot: Come nel caso di Yates e di Pozzovivo, il suo Giro era stato, pur senza acuti, buono fino ad un certo punto, salvo poi affondare improvvisamente a causa da un virus intestinale maligno nel corso della penultima tappa. Senza quella crisi, probabilmente sarebbe salito sul podio. Peccato davvero, mon cher Thibaud. Voto 6.
Davide Formolo: Il decimo posto nella classifica generale è senza dubbio un discreto piazzamento, ma gli anni passano inesorabili e non si è ancora riusciti a capire che razza di corridore sia il buon Davide. Ha velleità di classifica? Allora il decimo posto è discreto, ma niente di che. Vuole puntare alle tappe? Allora meglio non parlarne visto lo zero assoluto anche quest’anno. Insomma, sarebbe opportuno che lui ed il suo staff decidessero quale direzione ciclistica prendere. Mi rincresce, ma per me è da 5.
Fabio Aru: Ahi! Ahi, Fabietto! Nota dolente, dolentissima. Doveva essere, a quasi ventotto anni, il Giro della svolta dopo che la sorte gli aveva impedito di partecipare alle due edizioni precedenti. E tutti sappiamo com’è finita. Mai in gara, staccato sempre, umiliato, ritirato proprio quando era lecito attendersi almeno una reazione d’orgoglio in una delle tappe finali. Non stava bene, questo è evidente. Ma al di là di ciò, credo che a questa età anche per il buon Fabietto ed il suo staff si renda opportuna una riflessione sul futuro. Insomma: mi piacerebbe capire che razza di corridore sia Fabio in realtà. Se quello degli esordi, della Vuelta vinta e della prima parte dello scorso Tour, o quello imbarazzante visto quest’anno e pure in altre occasioni in passato. Il voto non può che essere un 2 fin generoso. Nella speranza che esso possa essere rimediato con tanti bei voti in futuro. Magari già a partire dal prossimo Tour.
Elia Viviani: Bravo, bravo, bravo, bravo Elia ciclamino! Peccato per la volata di Roma. Voto 9
Sam Bennet: Si è dimostrato la migliore e più credibile alternativa ad Elia Viviani, con le sue tre vittorie-tre, tra le quali quella più importante a Roma. E pensare che il velocista irlandese, prima di questo Giro, non era mai riuscito a vincere alcuna tappa in un grande giro. Voto 8.
I fugaioli e gli eroi di giornata: Tim Wellens, Enrico Battaglin, Esteban Chaves, Matej Mohoric, Rohan Dennis, Maximilian Schachmann, Mikel Nieve. Nessun voto, ma tanti applausi. A voi, ma anche a tutti coloro che, non avendo avuto la stessa vostra abilità e fortuna, non sono riusciti a vincere ma hanno contribuito ad animare questo meraviglioso giro.
Il percorso: Comunque la si veda, la partenza da Gerusalemme ha avuto un suo senso dal punto di vista simbolico, anche se le tappe israeliane non hanno poi detto gran che dal punto di vista tecnico. Percorso molto equilibrato, con salite ben distribuite. Trasferimenti probabilmente troppo pesanti. Forse una cronometro un po’ più lunga ci poteva stare, ma trovo comunque sensata l’idea di collocare la crono non proprio all’inizio come accadeva un tempo ma dopo la prima “porzione” pesante di salite. Le tappe sulle Alpi Piemontesi si sono ancora una volta rivelate decisive, e la tappa del Finestre merita da sola il mio 9.
Il pubblico: dalla Sicilia, al Friuli, al Piemonte, fino a Roma. Ovunque, come sempre, tanta e tanta gente sulla strada. Una menzione particolare, ma qui sono di parte essendo un “enfant du pays”, per la cornice di pubblico del “Finestre”. Gente salita a piedi, per chilometri e chilometri, lungo uno dei due versanti. Gente salita in camper o in auto giorni e giorni prima. Gente che, stavolta, ha visto ricompensati i suoi sforzi e la sua attesa avendo la fortuna di assistere in presa diretta ad una delle imprese ciclistiche più clamorose di ogni tempo, portandone il ricordo per sempre.
Voto: 10.
Ebbene sì, un Giro promosso a pieni voti. Roba da darci un pizzicotto, in certi momenti, per essere sicuri che fosse tutto vero.
Walter Panero