15 mag 2018 – Provaci a sorridere e a rispondere alle domande quando sei sfinito. Provaci quando sei secondo in classifica generale che ci pensi pure alla classifica finale e invece in un giorno cambia tutto. E la salita che fino a due giorni fa era casa tua diventa estranea e cattiva.
Le gambe non girano più e appena gli avversari se ne accorgono diventano schiaffi e dolore. Che poi provi pure a inseguire, limando i secondi ancora ci credi finché, all’improvviso, sei di nuovo in alto mare. Anzi lontano da quella casa che ogni giorno cambia sede ma è sempre dove c’è un letto comodo che ti aspetta la sera. Vita da gitani, giorno per giorno e con più di 200 chilometri davanti quando Chaves si è accorto che non sarebbe stata come gli altri giorni.
Che poi i chilometri passano lenti quando stai male, non ne hai più e non ti puoi nemmeno ritirare perché sei al Giro d’Italia e domani c’è un’altra tappa.
Poi il traguardo, a più di 25 minuti da quelli bravi: l’infinito, col gruppo dei velocisti e pure le domande da rispondere.
E Chaves, cappellino Mitchelton-Scott a ripararsi dal freddo, lo fa a modo suo, spiega all’interlocutore nel suo italiano:
«Il Giro è così, sai? Ora è un po’ dura per il morale ma è la vita, avevo le gambe senza forza, sono cose che succedono».
Ancora non sa spiegare bene cosa gli sia successo, allergia forse? (Ed Ettore Giovannelli che chiede a Froome, nel dopo corsa, cosa pensi dell’allergia di Chaves è tanta roba, concedetecelo).
Però ci mette poco, Chaves, il tempo di inghiottire un attimo e rilancia subito col suo sorriso che conquista tutti: «Queste cose capitano, ma il Giro in fondo è bello proprio per questo».
E ride ancora, l’occhio un po’ meno vispo degli altri giorni (240 chilometri, duecentoquaranta di fatica!), lui, oggetto sacrificale dello spettacolo, che oggi, tutto d’un colpo, ha lasciato 25 minuti e 26 secondi in classifica generale e i sogni in rosa.
Ha perduto tantissimo ma forse, oggi, ha vinto ancora di più.
>>> La tappa di Gualdo Tadino e la crisi di Chaves
Guido P. Rubino