31 mag 2017 – I social si stanno dividendo fra commenti positivi, dove si ammira l’incredibile performance di Dumoulin che ha soprattutto battuto la sfortuna, e le critiche fatte ai suoi diretti rivali, accusati di non aver saputo mettere in crisi l’Olandese e di non aver saputo pigiare il piede sull’acceleratore al momento giusto.
Le salite in questo Giro erano tantissime, ma per attaccare non basta la salita. Ho già scritto che le salite sono molto differenti fra loro, ma bisogna obbligatoriamente fare un piccolo accenno al fatto che i percorsi sono un intero dal quale non si può semplicemente scindere la parte di salita o la discesa.
E per l’appunto partiamo dalla discesa: l’attacco di Nibali giù dallo Stelvio acquista valore doppio se si è a conoscenza del fatto che si tratta di una discesa assolutamente NON tecnica. Certo, grandi velocità, ad ogni rettilineo si viaggia circa a 90 km/h, ma questa è una situazione usuale per dei pro.
Il fatto è che in una discesa a curve medie e veloci il pilota che ha un una buona velocità di attraversamento curva fa la differenza, mentre con i tornanti dello Stelvio al massimo si può guadagnare frenando molto tardi prima della curva, ma in uscita di curva non si riesce a fare grandi differenze. Quindi onore al merito doppio per la differenza che è riuscito a fare Nibali.
Salite tante, abbiamo detto, ma se poi fra una salita e l’altra troviamo un lungo falso piano con vento, come c’è tra Mortirolo e Stelvio, è chiaro che un attacco diventa un suicidio. Stessa cosa per un arrivo come quello di Ortisei, spettacolare e bel coronamento di una tappa corta ma durissima, ma in realtà con un finale molto meno duro di quello che l’altimetria lascia pensare. Attaccare in queste condizioni vorrebbe dire essere nettamente superiori, ma non è stato assolutamente il caso di questo Giro d’Italia, dove il livellamento delle forze è stato entusiasmante dal punto di vista dello spettacolo.
L’unico appunto che posso fare, se si può fare a campioni di questo calibro, è che mi sono sembrati impauriti uno dell’altro. Tolto Nibali che è sempre feroce quando c’è da dare tutto e Dumoulin che ha avuto un sangue freddo da “vecchio” del gruppo, gli altri, ad esempio Quintana o Pinot, mentre attaccavano continuavano a guardarsi indietro. Ma per “fare male” quando si decide di attaccare bisogna tenere giù la testa 2 o 3 km, e poi solo dopo guardare se l’attacco è riuscito.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)
Salve Guido! Perfettamente d’accordo su tutta l’analisi. Il grande livellamento verso l’alto, ma soprattutto il continuo controllo tra i big non ci hanno regalato immagini di attacchi spettacolari un montagna (a parte il caso Nibali) tali da essere ricordati in futuro. Ha vinto la regolarità di un ragazzo che senza squadra e contro la sfortuna ha comunque dato la zampata decisiva nella tappa a lui più congeniale. Quintana grande delusione, Pinot avrà tempo e modo per rifarsi.
Pozzovivo oltre ogni aspettativa, Landa generoso e plauso speciale a Gaviris!
Grazie Max. L’articolo è a firma di Stefano Boggia :-)
Ooooops!!!
Chiedo pubblicamente scusa a Stefano Boggia!!