15 mag 2017 – Potremmo discutere per mesi sulla moto della Polizia che suo malgrado ha fatto una vera e propria strage al Giro d’Italia. Doveva proprio fermarsi proprio in quel punto? Aveva l’assoluta necessità di fermarsi subito? Nessuno di noi può sapere quale coordinazione avevano le varie moto fra di loro in quel momento via radio. Ma io sono certo di una cosa: le staffette sulle gare ci sono. E in una gara come il Giro le moto sono incredibilmente tante. E questo i corridori lo sanno.
In questo Giro ho visto un nervosismo, una tensione fra i corridori altissima, sfociata persino in rabbia in alcune occasioni. L’esempio più lampante a tutti è stata la discussione arrivata alle mani fra Diego Rosa e Javier Moreno, ma sebbene sia stato l’unico episodio finito sotto i riflettori, non è stato il solo momento di tensione nel gruppo.
All’attacco dell’Etna abbiamo visto spallate, gente costretta a mettere il piede a terra, una caduta. Stiamo parlando di una salita dura, dove davanti ci devono stare solo gli atleti che sanno di poter far bene. Eppure per attaccare la salita c’erano tantissimi corridori in agitazione che volevano stare davanti. Voglio dire: ognuno deve sapere qual è il suo posto. Sicuramente Gaviria non cercherà mai di prendere la salita per primo. Non è nel suo interesse, sa di non essere competitivo, semplicemente come si dice in gergo “cerca di portare la pelle all’arrivo”. Eppure per essere così in tanti lì davanti, ci devono essere stati parecchi che erano lì solo per infastidire gli scalatori.
Tappa di Cagliari. Ad un certo punto nel trambusto creato dal vento e dal potente treno Quick Step, si intravede Greipel costretto a mettere il piede a terra per un contatto. Riparte, ma ormai ha perso la possibilità di giocarsi la tappa e così anche di mantenere la Maglia Rosa. Può succedere, fra i velocisti la tensione è sempre alta, e prima di arrivare alla volata ci sono mille spallate, porte che si chiudono, passaggi pericolosi. Ma non alla maglia rosa. Il possessore della maglia rosa di solito rimane in gruppo con un’aurea di “intoccabilità”, e gli avversari hanno contatti con lui meno volentieri. Ma in questo caso nessuno ha avuto questo particolare rispetto per la maglia rosa del Gorilla.
Le spallate fra treni in questo Giro si sono sprecate. Addirittura siamo arrivati a litigi fra corridori che si intrometto nel treno di altre squadre, una cosa da Esordienti, sicuramente non fatti da Professionisti. Fino ad arrivare al Blockhaus, dove è avvenuto il fattaccio. Ora io mi chiedo se per andare a prendere una salita come quella, talmente dura che non lascia spazio all’inventiva e dove se non hai gambe fai fatica anche solo ad arrivare in cima, erano davvero necessari tutti quei treni-squadra per prendere la salita in testa. Temevano che perdendo cinque secondi alla prima curva non avrebbero avuto il tempo di recuperare? Pensavano che prendendo la salita primi sarebbero rimasti primi fino in cima?
Al Blockhaus c’erano circa 20 corridori che sapevano di poter giocarsi un ruolo da protagonista. Gli altri, potevano anche mettersi tutti dietro e finire la loro tappa in modo dignitoso. L’unico che doveva prendere la salita davanti era Quintana, perché era l’unico che correva in attacco. Tutti gli altri hanno solo cercato di rispondere ai colpi del colombiano, di tenergli la ruota, e di perdere meno tempo possibile. E chi stava tirando, non ha visto la moto ferma davanti? Era così vicino l’arrivo da non poter nemmeno urlare il classico “occhio” a chi segue, e fare un gesto con la mano?
Ho letto tanti commenti dei corridori, tutti contro la moto che ha creato lo scompiglio. Non voglio assolvere totalmente quella staffetta, ma la mia domanda è: come Professionisti state facendo il vostro lavoro? Pensate alla sicurezza vostra e degli altri, o vi buttate in una mischia carica di foga e di egocentrismo? Mi tornano in mente le parole di Peter Sagan di un anno fa, quando disse che tutti si vogliono buttare a fare la volata, anche chi non ne ha le carte in regola, e questo rende tutto follemente pericoloso. Parole forti pronunciate da un Campione del Mondo in carica. Ma probabilmente aveva ragione.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)
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