17 mg 2017 – Vorrei far notare un piccolo gesto, forse trascurabile per i più, ma che io penso sia molto significativo. Guardando la crono ho visto Dumoulin estrarre la borraccia e poi smettere tranquillamente di pedalare per reinserirla nel porta borraccia.
Sembra nulla, ma immaginate la tensione incredibile che butta addosso una gara a cronometro. Crea un’agitazione che porta a limare il centesimo di secondo in ogni frangente: dallo scendere dalla rampa di partenza in poi è impensabile smettere un attimo di pedalare. Ne è una dimostrazione la caduta quasi infantile di Kiryienka, che inizia a pedalare a metà curva toccando con il pedale in terra e rovinando una prestazione eccezionale. Ma questo errore è dato dal nervosismo della crono misto alla fatica. Smettere di pedalare per bere durante una crono mentre si è in gioco per la vittoria vuole dire sentirsi pienamente sicuri e tranquilli. La scena mi ha riportato alla mente lo stesso ragionamento fatto anni fa con Jan Ullrich al Tour de France.
Le crono sembrano un esercizio di pura forza, ma così non è. Sono anche una lotta psicologica e una prova di stile. Sembra incredibile a dirsi, ma lo stile durante le prove contro il tempo regala qualche secondo e Dumoulin ne è la prova: bellissimo da vedere. Mi verrebbe da dire che Mollema, se imparasse a pedalare con un po’ più di grazia, forse arriverebbe 20 o 30 secondi prima. Due Olandesi ma di stile opposto: Mollema ha pedalato più con le spalle che con le gambe.
Se fossi stato Quintana, io non avrei usato le ruote super aerodinamiche. Il colombiano, così leggero, era come una bandiera che sventolava. Ma veramente avrebbe perso aerodinamica con una ruota “normale” sull’anteriore, senza quella a razze bellissima ma difficile da guidare? O invece avrebbe anche azzeccato qualche traiettoria migliore?
Perché tra l’altro Quintana ha fatto pessima pubblicità alle doti discesistiche dei Colombiani, sbagliando le curve anche in pianura. Va detto che la cattiva fama dei Colombiani in discesa deriva da un colossale errore di valutazione dell’allora cronista Adriano De Zan, quando nel lontano 1991 fece questo commento alla televisione vedendo cadere Leonardo Sierra mente era impegnato a scendere dal Mortirolo (affrontato per la prima volta nella storia) su asfalto umido. In realtà Sierra (a dire il vero Venezuelano, ma la cattiva fama si è estesa ai Sudamericani in generale) era un ottimo discesista, e nonostante la caduta si rialzò ed aumentò il proprio vantaggio proprio in discesa, presentandosi sull’Aprica a braccia alzate, ma ormai De Zan aveva fatto la frittata, e tutti iniziarono a schernire i Sudamericani come grandi scalatori incapaci in discesa. Penso però che Quintana abbia buttato via parecchi secondi in curva durante la crono, e si è dovuto anche prodigare in un salvataggio spettacolare riuscito con salto del cordolo divisorio di corsia. Forse due ruote meno estreme avrebbero concesso qualcosa i più in termini di maneggevolezza.
>>> Il salto del cordolo di Quintana
Onore al merito a Nibali, che ha improntato tutta la crono per fare un gran finale. Non facile gestire le proprie forze così bene. E anche a Pozzovivo, che i cronisti hanno menzionato poco, ma che ha perso solo 14 secondi da Quintana. Mica male.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)
Io ho dei dubbi anche riguartdo alla misura della bici usata da Quintana.