In primavera il freddo in alcuni Paesi è ancora pungente, soprattutto in certe aree dell’Europa dove si corrono le grandi classiche del Nord. Quelle del pavè, del freddo e del fango. Le corse che hanno fatto la storia del ciclismo e che si vincono grazie alla classe, alla buona sorte e curando dettagli impensabili che solo uno specialista, come Davide Martinelli, atleta del Team Quick Step Floors, ci può svelare.
Correre “alla belga” significa prepararsi anche a combattere il freddo. Lo abbiamo visto in questi giorni di prime Classiche del Nord dove, a partire dal Giro delle Fiandre, la temperatura ha messo a dura prova i corridori assieme alla strada.
Come si preparano i corridori alle gare più dure dal punto di vista climatico?
Non è solo questione di indossare l’abbigliamento adeguato.
Ecco cosa racconta Davide Martinelli, corridore della Quick Step:
«Tutti pensano che la crema riscaldante vada messa solo nelle parti esposte. In realtà la si applica su tutto il corpo – spiega Martinelli – Su mani e piedi è fondamentale. Ne spalmiamo un tipo più leggero sotto l’abbigliamento e una più pesante fuori. Ho suggerito questi accorgimenti ad amici per l’ultima Eroica e si sono trovati bene. Anche i polsi e le caviglie vanno trattati con la crema pesante. Sono punti sottovalutati ma il gambale o il manicotto li lasciano spesso scoperti».
Davide corre per la Quick Step, formazione belga. Ti hanno insegnato loro questi segreti?
«Esatto, e non solo questo. Poi ci sono dei cerotti da mettere sulla schiena. Due dietro le spalle e due nell’addome basso e addominale esterno. Sono le zone dove passa molto sangue che va alle gambe. Non si mette la crema sulla schiena perché lì non arriva aria e se esce un po’ di sole non va bene».
«Poi occorre proteggere mani e piedi, è fondamentale. Per questo uso calze pesanti, anche di lana, del tipo di quelle utilizzate dagli sciatori».
Nelle gare un’altra soluzione è mettere un prodotto riscaldante nel piede, i cosiddetti “foot warmer”. «Uso quelli da 5×10 centimetri – spiega Martinelli – e creano un ambiente caldo. Una piccola sauna del piede che dura qualche ora e aiuta a evitare il congelamento. Quando passa l’effetto sei nella fase più importante di gara e allora va bene così, non serve più. Ci sono l’attenzione e la tensione agonistica a far passare il freddo in secondo piano.
E per la bicicletta che attenzioni ci sono nelle gare contro il freddo?
«Ormai si usano tubolari da 25 millimetri di sezione che possono essere gonfiati a pressioni più basse che con l’asciutto. Si viaggia attorno alle 6-8 atmosfere. Io mi trovo bene così perché mi permette di affrontare meglio i tratti in pavé. Pesando 70 chili mi possono bastare anche 5,5 atmosfere. Poi monto pure il piccolo parafango posteriore che la sua funzione la fa bene».
Sul mangiare come ci si regola?
«Spesso ci si prepara con del gel sotto al pantaloncino, nella salopette, sulla parte addominale. Ne metto tre a destra e tre a sinistra e sono a posto. Poi posso mettere un paio di barrette tra maglia e mantellina.
«Anche per l’idratazione ci possono essere soluzioni particolari. Invece dell’acqua si preferiscono maltodestrine e bevande molto zuccherate. Lo stress di queste gare richiede più calorie possibili e le bevande è meglio averle ricche di carboidrati invece che di sali minerali, d’altra parte si suda meno che alle corse estive».
Torniamo all’equipaggiamento. I guanti:
«I modelli in neoprene sono certamente i più richiesti. Quelli da sub da 2 a 5 millimetri, a seconda della sensibilità. L’importante è sentire bene l’azione sui freni. Prendere spunti da altri sport può essere utile e se fa molto freddo si scelgono anche quelli da un centimetro.
«Io poi preferisco non cambiare i guanti in corsa quando sono bagnati. Per me è un errore perché l’acqua che penetra all’interno viene comunque scaldata dal corpo. Cambiando i guanti ti si gelano le mani. Vanno cambiati, invece, se smette di piovere.
«Attenzione anche ai metodi per scaldare le mani, non ricordo chi mi ha insegnato questa accortezza – spiega Davide – si possono battere le mani per mandare più sangue alla periferia, ma un’accortezza è anche stare un po’ al vento. Il cuore sale di quei 10-15 battiti che sono sufficienti a scaldare il resto del corpo. Sopravanzare un attimo il gruppo tenendo i battiti a 120-130 non stanca ma serve allo scopo».
Redazione Cyclinside
(in collaborazione con il blog di Davide Marinelli su SPH Sport Plus Healt)