19 mag 2017 – Le affermazioni di Cipollini prima, poi quelle di Fondriest e Bettini, ed infine l’intervista a Cassani hanno colpito i corridori Italiani. In gruppo c’è stato risentimento, ed alcuni, come per esempio Giovanni Visconti, si sono schierati apertamente in difesa sua e degli altri nostri connazionali, dichiarandosi anche in parte indignati per questa presa di posizione di ex-corridori non più in attività. Io non penso che ci sia una ragione, ma semplicemente una serie di cause che portano a questa situazione.
IL WORLDTOUR
Questa è l’edizione del Giro d’Italia con il minor numero di Italiani della storia. Questo in numeri di vittorie di tappa vuole dire molto. L’asse del Mondo del ciclismo non è più Italia, Belgio, Francia e Spagna, ma si è spostato più che d’altro dove esistono economie forti. Quest’anno è anche il primo anno della storia dove al Giro d’Italia non c’è una squadra di primo piano, una ProTour. Lontani i tempi dell’armata Bianchi, o della Molteni di Merckx, o della Gatorade di Bugno e della Del Tongo di Chioccioli. Cassani lo dice: per creare una squadra ProTour ci vogliono budget da 15 – 20 milioni di euro. Budget da sceicchi. La mia domanda fuori dal coro, che continuo a ripetere dal 2005 senza avere alcuna risposta è: perché i signori che tiravano le fila dei Professionisti in Italia hanno largamente appoggiato il ProTour, quando l’Italia aveva un grosso peso sulle scelte internazionali, e si stava palesemente suicidando, cosa che si è poi puntualmente verificata 12 anni dopo quando abbiamo dato l’addio alle squadre ProTour Italiane? Ora di peso sulle decisioni internazionali ne abbiamo poco, e le cose andranno a peggiorare, perché si sa che minando l’organizzazione si mina poi anche la crescita generale. In questo caso non avendo squadre di primo livello, probabilmente si avrà nel corso degli anni a venire una decrescita generale, sia come livello di atleti che come livello di squadre minori.
L’ORGANIZZAZIONE DEL GIRO
L’anno scorso si è fatta tanta polemica dopo il ritiro di Greipel, in maglia ciclamino. Ancora una volta a confermare che molti corridori di primo piano e molte squadre ProTour considerano il Giro una corsa di serie B, comunque nemmeno da paragonare al Tour e uno scalino sotto alla Vuelta di Spagna. Eppure non si fa sconti alle squadre Professional Italiane: si preferisce avere della gente ProTour alla quale non importa nulla del Giro, piuttosto che realtà che con il Giro d’Italia hanno la loro ragion di vita e darebbero tutto per parteciparvi e fare bella figura. La prova è che siamo a metà Giro e praticamente tutti i giorni abbiamo avuto una fuga promossa dai team Professional. Senza di loro, avremmo perso un mucchio di spettacolo.
TALENTI NON VUOL DIRE FENOMENI
Si dice che gli Italiani non hanno ancora vinto, ma non avere il fenomeno non vuol dire non avere un buon vivaio. Se avessimo il Campione, forse avremmo vinto, ma in realtà abbiamo avuto tutti i giorni tanti piazzati. La buona scuola significa avere diversi corridori ad alto livello. Il fenomeno, che porta più facilmente vittorie, è un’altra cosa.
IL PASSAGGIO AL PROFESSIONISMO
Bettini dice una cosa giusta: abbiamo fortissimi Under23 che si perdono. Causa stress, forse, come dice l’ex Campione Olimpico. Ma come si passa Professionisti? Con buoni risultati, dimostrando di avere i numeri? Con una condotta di carriera intoccabile, lontana da problemi con la giustizia sportiva e con un lavoro continuo come fidato uomo squadra? Con il raggiungimento di un punteggio minimo o comunque con determinati risultati richiesti? Manco per sogno. Il passaggio al professionismo rimane tutt’oggi uno dei lati più oscuri del ciclismo. Agli Under23 è stato imposto un limite di soli 4 anni dove devono trovare a tutti i costi un contratto, e questo contratto non è chiaro come salterà fuori. Tutti danno il massimo, in una situazione di stress altissima. Alla fine alcuni ce la fanno, altri ottengono il contratto in modo un po’ misterioso, visto che spesso non ci sono i presupposti per un passaggio che invece avviene, senza alcun controllo da autorità superiori. Molti talenti non ce la fanno. Il loro posto è preso da gente con minori capacità ciclistiche, ma con forse altre credenziali. Fatto sta che molti che potremmo vedere lì a battagliare al Giro con onore, hanno smesso a 24 anni, senza nemmeno aver potuto provarci.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)