31 mag 2018 – L’impresa di Froome al Jafferau è di quelle che se ne vedono poche nella storia, ed è stato spettacolo puro. Per molti inaspettato, perché pensavano che il percorso del Giro di quest’anno avendo meno tappe sulle Dolomiti sarebbe stato meno duro. In realtà le grandi fughe non nascono solo grazie alle grandi salite, anzi, ci deve essere tutto un contorno che aiuti l’attacco.
Per esempio l’anno scorso molti si aspettavano scintille dalla tappa con Mortirolo, Stelvio e Umbrailpass, ma così non è stato. Perché? Semplicemente un attacco sul Mortirolo sarebbe stata una follia: finita la discesa si imboccava un lungo falsopiano controvento, dove un corridore da solo o un piccolo gruppetto avrebbero fatto una fatica immane rispetto al grosso del gruppo. Le discese poi contano molto. Scendere dallo Stelvio è bellissimo e spettacolare, ma sicuramente non si tratta di una discesa selettiva. Piccoli distacchi al massimo, giocati nelle frenate dei tornanti. Ma senza nessuna serie di curve medie e veloci dove chi sa valutare bene la velocità di ingresso in curva riesce a far la differenza, sicuramente non si ottiene grossi distacchi.
Alla tappa del Jafferau non mancava nessun ingrediente: salita durissima seguita da altre salite e poi saliscendi con molte curve. Le curve si sa, aiutano a togliere la visuale agli inseguitori, e da sempre aiutano i fuggitivi. La differenza certo l’ha fatta Froome, che ha guadagnato in ogni dove: in salita, in discesa, in pianura. Da solo contro un gruppetto di inseguitori che annoverava un campione del mondo a cronometro e un podio al Tour de France. Però il percorso ha aiutato, tant’è vero che tutti sono arrivati molto sgranati, e tutti hanno fatto la loro piccola cronometro individuale di circa 80 km per arrivare all’arrivo di questa tappa tremenda.
Quindi da Piemontese lasciatemi essere di parte: il Giro non ha perso niente quest’anno saltando qualche passaggio storico sulle Dolomiti, anzi. E speriamo che chi disegna i tracciati si ricordi in futuro di valutare bene la pianura e la discesa che circonda le grandi salite, come ha fatto quest’anno.
Stefano Boggia