9 mag 2018 – Il Giro d’Italia è fatto di tre settimane e non si scappa. La tradizione di una volta parlava di una prima settimana dedicata ai velocisti, la seconda ai cacciatori di tappe, poi le montagne che decretano il vincitore finale, magari una cronometro pure per dare una possibilità in più a chi non è direttamente scalatore e per rimescolare un po’ le carte.
Chi disegna il Giro d’Italia sa che la storia dice questo e prova a creare situazioni più stimolanti per lo spettacolo. E anche per mettere i corridori sul chi vive: attenzione ad arrivare con una condizione non perfetta e da rifinire durante le prime settimane così da avere l’ultima settimana, quella in cui si decide tutto, nel massimo della forma.
Poi, però, tocca sempre fare i conti con i corridori. E se si parte in una tappa, come quella di oggi, col vento contro per i primi ottanta chilometri, ci sta pure che la media sia bassa (32 chilometri percorsi nella prima ora, qualche cicloamatore potrebbe sorridere – ma, appunto, tenete conto del vento). Ci sta che la fatica sia tanta, quella da fare più di quella fatto ovviamente, e si vada via prudenti.
Al punto da trasformare anche una tappa nervosa come quella che ha portato il Giro d’Italia da Agrigento a Santa Ninfa in una tappa quasi per velocisti e far considerare alla giuria poco influenti i balzelli altimetrici finali. Tant’è che nel finale l’organizzazione della corsa, in accordo con con i giudici dell’UCI, ha deciso di applicare anche a questa tappa il regolamento sulla neutralizzazione degli ultimi tre chilometri e del distacco dei tre secondi (di cui abbiamo appena parlato qui).
Non esageriamo, quindi, a descrivere come noiosa questa frazione e senza nulla togliere alla fuga di giornata partita sin da subito dopo il via e che ha visto protagonisti Vendrame, Didier, Zhupa e Mullen. Il gruppo ha interpretato così e forse ha pure ragione nell’economia di un Giro d’Italia che però, oggi, il gruppo non ha voluto onorare più di tanto.
Per questo allora l’applauso va ancora più forte ai corridori in fuga, che si sono gestiti per tantissimi chilometri e in particolare per Andrea Vendrame, scattato a una ventina di chilometri dall’arrivo per un tentativo solitario dopo essere stato il primo a essere scattato al via della tappa. Per lui la fuga solitaria è da encomio e si è concluso ai meno tre dall’arrivo. A momenti ci sperava pure e avrebbe fatto bene.
La cronaca della tappa, fuga a parte, parla di una caduta ai meno 13 chilometri con diversi corridori costretti a un recupero imprevisto, tra cui la maglia bianca Schachmann e anche Domenico Pozzovivo rimasto inizialmente da solo a inseguire e poi aspettato dai compagni di squadra. Anche la maglia bianca riesce in un recupero formidabile.
Una caduta anche per Lopez, dell’Astana, altro uomo che punterebbe alla classifica finale. Gli ultimi due chilometri sono una volata in salita che fa vedere un po’ tutti i possibili vincitori del Giro.
Allo sprint con curve il vincitore è Enrico Battaglin che batte Visconti e si rifà dell’arrivo di ieri dove per un attimo aveva accarezzato il sogno di una nuova vittoria al Giro d’Italia.
Redazione Cyclinside