26 mag 2018 – Il ciclismo che emoziona ce lo doveva regalare Chris Froome. Chi lo avrebbe detto?
No, nessuno. Decisamente.
Era venuto al Giro per vincere? No, per allenarsi? No, tanto non va. È caduto subito prima del via, poi pure su un tornante. Dove va il morale quando succedono queste cose?
Froome ha vissuto il ciclismo da gregario e da campione. È diventato un campione moderno e calcolato, con una squadra che spesso è stata criticata per il suo modo di interpretare il ciclismo in maniera rigida e asettica. L’accostamento all’inavvicinabilità della Formula 1 è stata una critica che ha spesso accompagnato la Sky, come spesso abbiamo criticato il modo di “proteggere” i suoi corridori negando quel che del ciclismo è l’essenza: il contatto col pubblico.
Froome ieri, ma anche nei giorni precedenti, quando le cose non andavano così tanto bene per lui, si è mostrato diverso del solito. Meno schivo, più sorridente, socievole pure. È riuscito, piano piano, a ribaltare un’immagine che gli si era costruita intorno e che evidentemente gli stava stretta. D’altra parte Froome è l’uomo delle trasformazioni, e non lo diciamo con malizia. Da gregario a campione. Da scalatore a discesista.
Da ciclista modernissimo al più antico di tutti, ieri, con una tattica perfettamente antica eppure attualissima: ha calcolato tutto, anche dove trovare supporto dai suoi, tatticamente messi nei punti strategici lungo la strada, segno di una strategia immaginata e progettata con cura maniacale. Poi ci ha messo anche del suo, perché certe cose, il misuratore di potenza, non te le dice. E quando attacchi a più di ottanta chilometri dal traguardo non c’è strumento che possa dirti se finirà bene o no.
Una tenuta mentale, prima ancora che fisica, mostruosa. Quanti avrebbero mollato al posto suo? Sarebbe stato logico: vedrai che troverà il modo per abbandonare la corsa, si diceva nelle prime tappe così opache per lui. Invece è rimasto lì, lui che ha già vinto Tour e Vuelta e che, tutto sommato, non aveva niente da dimostrare.
Invece è rimasto, perché più che il Giro voleva conquistare il pubblico italiano e lo ha fatto nel modo più tradizionale nel ciclismo: attaccando da lontano e ricordando i campioni di una volta.
Ora non sappiamo come andrà a finire oggi. Potrebbe stravincere oppure no, a Cervinia. Ma anche prendesse mezz’ora Froome la sua sfida più difficile l’ha vinta già, anche a dispetto dei detrattori. E ieri ha ringraziato il pubblico italiano che ha riconosciuto il campione.
Mica poco
Guido P. Rubino
Non sono mai stato tra gli ammiratori di Froome… Quella pedalata sgraziata, quello sguardo fisso sul misuratore di potenza, quella “arroganza di squadra” dove tanti atleti che singolarmente sarebbero (e sono..) dei campioni, messi tutti lì in fila a tirare per uno solo, quel caso irrisolto del salbutamolo alla Vuelta ’17 ancora irrisolto non me lo rendevano particolarmente simpatico.
E invece, poi… La magia delle strade del Giro, quella vittoria sullo Zoncolan quando tanti, a partire da me, lo dsavano per ririrato… Quella frullata epica sul Finestre e la successiva cavalcata solitaria fino al traguardo, senza mai voltarsi, staccando gli avversari e lasciando indietro i fantasmi dela sua immaginazione… Mi hanno conquistato e fatto conoscere un corridore tanto tanto umano che, forse, nonostante i quattro Tour e la Vuelta vinti, nascondeva una timidezza ed un calore inaspettato, in un campione di questa levatura.
Grazie Chris!
Sono abbastanza sconvolto. quando si dice che gli italiani hanno la memoria corta. Articoli e articoli per inneggiare a Froome, senza più una parola sulla pesante accusa di doping che pende sulla sua testa, senza più ricordare che per quello che ha fatto Froome altri ciclisti, meno potenti, sono stati squalificati per mesi.
Non ho parole, mi aspettavo dal vostro sito un po’ più di serietà e di spirito critico.
e invece no, Froome ha vinto, evviva Froome!!!
Perché ha vinto come nessuno si sarebbe aspettato. E questo gli va riconosciuto. Sulla vicenda della sua positività i dubbi rimangono tutti. Poi Froome e la Sky in questo Giro hanno anche cambiato atteggiamento. E questo gli va riconosciuto.