Con il trionfo di Gianni Vermeersch si è conclusa la prima edizione dei Mondiali Gravel. Un Mondiale che alla ricognizione era sembrato tutto sommato facile e con un finale scontato, alla prova dei fatti si è rivelato entusiasmante e imprevedibile, per entrambe le categorie maschile e femminile.
Il podio delle donne è stato dominato da tre biker, e la cosa poteva anche starci, visto che parliamo del Gota della specialità con Pauline Ferrand-Prévot che ha conquistato il suo decimo titolo iridato a completare una collezione da leggenda che la vede, unico ciclista della storia, maschile e femminile, ad aver conquistato i titoli mondiali Strada, Ciclocross, XCC, XCO, XCM e da ultimo Gravel con, seconda, la medaglia d’argento di Tokyo 2021 e Campionessa del mondo XCC 2021 Sina Frei e terza la nostra Chiara Teocchi che si prende una sonora rivincita dopo un paio di stagioni travagliate, causa problemi fisici.
Piccola nota a margine: Pauline oggi ha vinto la Roc d’Azur, davanti alle nostre ragazze Martina Berta e Giada Specia.
Ma, a conti fatti, anche il podio maschile vede la presenza di due ciclocrossisti e un corridore eclettico, per non dire un artista della bici come Daniel Oss (che non possiamo dimenticare essere gregario, nonché compagno di avventure, di quel funambolo della bici che risponde al nome di Peter Sagan).
E se la presenza di MVDP sul podio non stupisce, visto che era il grande favorito, Gianni Vermeersch e Oss sono una sorpresa per gli appassionati della strada, ma non così tanto per chi ha seguito la gara delle Donne di ieri e per chi mastica di Ciclocross e Gravel.
Sia la gara del sabato che quella della domenica hanno premiato chi ha avuto il coraggio di correre come se si trattasse di una gara XCO o di una gara di Ciclocross.
Le ragazze che abbiamo ritrovato sul podio hanno attaccato fin dalla salita di Monte Berico e hanno sfruttato un particolare che, ora lo abbiamo capito tutti, caratterizza il Gravel. Indipendentemente dalla difficoltà tecnica di base del percorso, le gare Gravel, proprio come le gare XCO e le gare di ciclocross, presentano una serie di ostacoli improvvisi, rallentamenti e rilanci che rendono praticamente impossibile attuare un inseguimento di tipo classico come si vede sulla strada.
È bastato vedere quanto fatale sia stato il vantaggio lasciato ai fuggitivi della gara maschile: Oss e Vermeersch sono arrivati a cinque minuti di vantaggio ai -60 chilometri dall’arrivo, vantaggio ridotto, in quanto ad inseguirli c’era un pezzo da novanta come Van der Poel, ma mai più recuperato dagli inseguitori.
In uno scenario parallelo, su strada, sarebbero stati recuperati e avrebbero così lasciato un finale aperto. La gara andava interpretata e corsa a tutta dall’inizio alla fine.
Del resto, abbiamo visto come il ciclismo stia cambiando molto velocemente e anche le corse su strada, negli ultimi anni, siano diventate un mix di diverse discipline. A rafforzare questa tesi c’è anche la multidisciplinarità praticata dai vari atleti.
Il risultato, alla fine, ha dato ragione ai CT della Nazionale Italiana (Daniele Pontoni e Mirko Celestino) che avevano dichiarato ai nostri microfoni che nei tratti tecnici, ma non solo, sarebbe stata fondamentale la capacità di condurre la bici e la velocità del colpo d’occhio, e ci avevano già pronosticato gli azzurri sul podio.
Non solo, anche i piazzamenti nella top 10 sono stati parecchi: 5 azzurre e 3 azzurri, segno che a livello di tecnica di guida la scuola italiana è ancora ad alto livello.
Anche Ilenia Lazzaro, volto tecnico di Eurosport, ci ha confermato che, specie nel finale, si sono messe in mostra le abilità tecniche dei nostri corridori. Vi consigliamo, se non l’avete già fatto, di vedere l’intervista a inizio articolo.
Con quali biciclette?
Da regolamento la gara poteva essere corsa con qualsiasi bici, ma le case produttrici (come riferito anche da Daniel Oss e Gianni Vermeersch) hanno preso questa occasione per testare le proprie bici su questo percorso e capire meglio su quali soluzioni tecniche lavorare e adottare in futuro.
Tra le donne, ad esempio, hanno optato tutte per bici gravel, tranne Specialized che ha fornito ai suoi corridori la Roubaix, unica bici specificatamente progettata per le pietre dell’Inferno del Nord e dotata del sistema di assorbimento delle vibrazioni “future shock” che, proprio per la geometria specifica rendono le bici decisamente più maneggevoli e quindi più “facili”.
–> la tecnica del Mondiale Gravel
Tra gli uomini la scelta è andata per la maggiore verso bici prettamente stradali, esclusi ovviamente i corridori Specialized come già specificato, ma il risultato ha comunque premiato corridori con indiscusse capacità di guida.
Come spunti tecnici possiamo concludere che, allo stato attuale, per il Gravel racing vanno sviluppate bici estremamente rigide e reattive, molto vicine alle corrispondenti da strada, come già fatto ad esempio da BMC con la Kaius, o Cannondale con la SuperSix Evo CX e come si apprestano a fare i principali competitors. C’è da dire che questa politica può essere vantaggiosa per gli stradisti che volessero cimentarsi in questa disciplina, in quanto queste bici possono tranquillamente sostituire la specialissima con queste bici e una doppia coppia di ruote e ridare nuova linfa alle cosiddette bici endurance che, infatti, stanno uscendo con passaggi ruota più ampi sia per esigenze aerodinamiche che, più prosaicamente, per poter ospitare coperture più larghe.
9 ott 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside