1 gen 2018 – Eravate abituati ad entusiasmarvi e divertirvi per Fabio Aru riconoscendolo subito in mezzo al gruppo grazie alla sua maglia tricolore?
Quest’anno farete marcia indietro. Fabio Aru ci farà divertire ed entusiasmare ancora (glielo auguriamo e ce lo auguriamo con forza!) ma non distingueremo più facilmente la sua maglia tricolore perché… il tricolore non c’è più.
Anche la UAE, la nuova squadra del corridore sardo, si è allineata a quella abitudine pessima e antistorica (e anche illegale, per il ciclismo) di nascondere il titolo nazionale nella grafica della maglia: solo una banda tricolore nella parte bassa della maglia, quella che si vede meno, perché lo spazio principale è ai colori del team e ai nomi degli sponsor. Che poi anche sulla maglia tricolore tradizionale il nome degli sponsor si è sempre fatto risaltare bene: sono professionisti ed è giusto così.
Peccato, perché sapevamo come il tricolore di Aru in Astana (il suo team del 2017) sia stato un colpo di furbizia del personale che segue l’italiano, proprio per evitare quell’altra brutta maglia tricolore che l’Astana aveva riservato a Nibali, ma ora è tutto da rifare. Anzi, purtroppo è tutto già fatto.
Soprattutto perché non si tratta nemmeno di una logica di squadra, visto che la maglia di campione europeo di Kristoff ha i colori giusti. Sa un po’ di beffa e il tutto con buona pace della Federazione che aveva accettato un’eccezione al regolamento incredibile già ai tempi di Nibali. Chissà se ora dirà qualcosa. Un silenzio, certo, sarebbe imbarazzante.
RC
Che peccato e che delusione, proprio da Aru che in Astana era riuscito a fare una maglia di campione nazionale corretta, impresa che non era riuscita a Nibali.
Il ciclismo si nutre di tradizioni e non rispettarle lo impoverisce.
Peccato, ma non rassegniamoci e facciamo tanti commenti negativi, così che Aru, Saronni e gli altri della UAE, magari, possano cambiare idea.