Li aveva nelle gambe e lo sapevano, nessuna sorpresa. Perché quando provi un record come quello dell’ora deve essere tutto calcolato, previsto e “già visto”.
Se l’impressione del Record dell’Ora di Vittoria Bussi può essere stata di una cosa improvvisata, mettetevi comodi e iniziate a leggere qui: capirete che è stato esattamente il contrario. È stato un record preparato a lungo, dalla galleria del vento alla prova davvero maniacale dei materiali realizzati appositamente.
Una storia che vale la pena raccontare perché non è solo questione sportiva, ma una vera e propria avventura costellata di altissima tecnologia e studi che hanno portato a risultati che potrebbero essere molto importanti e notevoli. Rivoluzionari per quanto contro corrente.
Un’ora guardando la linea nera da seguire, appena prima di essere mangiata dalla ruota anteriore di una bicicletta studiata appositamente, in una posizione definita dopo una serie infinita di tentativi, di prove, di esperimenti. Una prova massacrante dal punto di vista atletico e devastante da quello psicologico. Ci vogliono concentrazione e volontà fuori dal comune, anche rabbia.
Ne ha messa tanta Vittoria Bussi in questi anni. La rabbia per lei è diventata un motore e le sue qualità sono ben descritte dalle domande più semplici che abbiamo fatto a Luca Riceputi, il suo preparatore.
Qual è la caratteristica migliore di Vittoria?
«La tenacia – ha risposto senza esitare Riceputi – ma una tenacia disarmante, come gruppo di lavoro abbiamo pensato in tante occasioni che potesse mollare e nessuno gliene avrebbe fatto torto, con quel che ha passato, dalle porte chiuse sbattute in faccia che si è trovata ai momenti dei dubbi infiniti. Invece, ogni volta, ripartiva più forte di prima.
«Pensa solo a cosa ci vuole a stare lì ad allenarsi a stare per un’ora guardando la linea nera da seguire, nella posizione perfetta che non le permetteva di alzare gli occhi, neanche il tablet con i tempi poteva scorgere in quel modo, dovevamo urlarglieli noi, da bordo pista».
E la caratteristica peggiore?
«È collegata alla prima ed è la sua insoddisfazione continua. Un momento di gioia può tramutarsi, un attimo dopo, in una tensione. Ma poi proprio da qui ripartiva ancora più forte.
«Ho avuto l’impressione che certe delusioni, alla fine, le abbiano dato ancora più forza. Pensa che solo la settimana prima del Record non andava bene niente per lei».
È tutto sbagliato, è tutto da rifare. Vittoria sembrava quasi un Bartali ma, come lui, ripartiva ancora più forte, per devastare un record assoluto, mai come lei nessuna è andata a cinquanta all’ora per sessanta minuti.
Nel cuore del Record dell’Ora
È tutto sbagliato, è tutto da rifare. Vittoria sembrava quasi un Bartali ma, come lui, è ripartita ancora più forte, per devastare, nel suo caso, un record assoluto, mai come lei nessuna è andata a cinquanta all’ora per sessanta minuti.
Chiacchierare con Riceputi è piacevole, è un fiume in piena, ha lavorato anche lui con tenacia e precisione, forte di un gruppo appositamente scelto in ogni figura, ma poi pronto a fare di tutto per compensare le carenze inevitabili di un’impresa fatta limando i costi il più possibile. “Modalità scappati di casa” aveva definito Vittoria il suo team, qualche giorno prima del Record col suo accento romano a dissimulare, invece, un lavoro massacrante fatto con una maniacalità superiore anche ad altri tentativi più organizzati.
Vale la pena approfondire.
Luca, iniziamo a parlare di tecnica, nelle pochissime immagini video che si sono viste Vittoria pedalava a un ritmo molto basso, al contrario di quel che ha fatto, ad esempio, Filippo Ganna che sfiorava le cento pedalate al minuto.
«Sicuramente abbiamo lavorato sulle caratteristiche di Vittoria. Avendo iniziato a pedalare a 27 anni, sarebbe stato impossibile raggiungere la cadenza di un pistard dei livelli di Ganna, ad esempio. Questo ovviamente potrebbe essere visto come un limite ma abbiamo lavorato molto sulla tecnica per raggiungere il compromesso migliore per Vittoria».
Nel tempo avevamo imparato che la potenza di un ciclista è collegata all’alta frequenza di pedalata…
«Il nostro approccio è stato quello di NON basarci su studi scientifici. Siamo approdati al progetto con la mentalità di chi non avesse mai fatto pista e non ci siamo dati limiti su test vari andando a sperimentare gli opposti, gli estremi, cose che di norma non trovi scritte in articoli scientifici. Ricordiamoci che nello sport molti articoli si basano su statistiche quindi l’approccio corretto sarebbe ogni volta creare un caso studio».
Inutile insistere, Luca Receputi al momento tiene in serbo il risultato della sua ricerca con Vittoria, ma la cosa appare decisamente interessante. Sul web sono pure apparse immagini di una moltiplica Digirit, marchio orientale, utilizzato dalla Bussi. C’è chi ha contato 71 denti addirittura ma la smentita è stata secca: non è quella la corona utilizzata nella prova, anche se l’impressione è di non essere comunque troppo lontani dalla verità
Perché questa confusione?
«In realtà – ci ha spiegato Riceputi – Digirit ci ha fornito dentature di ogni tipo e abbiamo fatto dei test approfonditi su tutto, una cosa maniacale in cui giusto una come Vittoria poteva cimentarsi senza mollare tutto. Pian piano abbiamo trovato la combinazione idea.
«Abbiamo fatto prove massacranti variando il ritmo di pedalata di un giro/minuto alla volta, con corona e pignone adeguati, proprio per individuare la soluzione perfetta per Vittoria. Un lavoro infinito.
«Ci piace ribadire che per il team è importante che non vengano diffuse notizie basate su quello che si trova sui social. Siamo quindi attenti per quanto possibile a controllare quello che sta uscendo. Ad esempio, Digirit ha chiesto scusa ed ha già cancellando il post. È stato una loro leggerezza quella di fotografare una corona ed un pignone a caso tra i tanti mandati. Solo il team e i commissari UCI conoscono il rapporto usato».
Lo studio della posizione
A proposito di prove, anche la posizione appare cambiata rispetto al record precedente, in questo sembrava meno aerodinamica di prima, come si spiega?
«È vero, ma anche lì, c’è un motivo valido e qui entra in ballo un’altra collaborazione importante. Quando Hope (il marchio inglese che ha fornito bicicletta e ruote) si è mostrata interessata al progetto ci ha messo in contatto con Simon Smart e Drag 2 Zero. Abbiamo fatto alcune prove a Silverstone, in galleria del vento, estenuanti, per capire la soluzione migliore. Vittoria aveva un problema a un’anca che non la faceva pedalare bene e la posizione troppo in avanti la portava ad accentuare il problema perdendo, di fatto, efficacia. Arretrare l’appoggio delle braccia significava perdere in aerodinamica e lei era molto preoccupata per questo, ma alla fine i numeri ci hanno detto quale fosse la cosa migliore da fare.
«Abbiamo provato anche telai di taglia diversa e definito ruote e forcella che sono state realizzate dalla stessa Hope appositamente per il Record dell’Ora di Vittoria».
Facciamo un passo indietro. Quando hai conosciuto Vittoria?
«Avevo scritto un libro sulla biomeccanica (Biomeccanica applicata al ciclismo, ATS, 2021, ndr) e avevo contattato Vittoria per un’appendice dedicata all’aerodinamica e da lì ci siamo conosciuti, nel 2020, dopo i Campionati Italiani a Faenza, Vittoria mi ha chiesto di prendere in mano l’intero progetto formando tutta la squadra che poi ci ha portato qui».
La nascita del Record dell’Ora
C’era già l’idea di tentare nuovamente il Record dell’Ora?
«È nata l’anno dopo, quando Vittoria si è resa conto che con la nazionale a cronometro non c’era molto da fare: agli Europei si classificò prima delle italiane poi non fu portata ai Mondiali, l’unica era provare sulla pista dove pensava di avere più possibilità, ma anche lì ci furono delle delusioni e allora si iniziò a pensare cosa poter fare da soli, il Record era ideale».
Qual era secondo te il problema principale?
«Se non sei in una squadra World Tour, purtroppo, le cose si complicano e c’era anche la difficoltà a reperire i materiali, Pinarello non era interessata e Hope fu davvero un’occasione. Col tempo mi sono reso conto che Vittoria Bussi è davvero un animale da test».
Cosa intendi?
«Che non cede mai, dà sempre quel che serve nel momento in cui serve. Per provare tutto, negli ultimi sei mesi, si è allenata sull’ora tutte le settimane e già in allenamento aveva dimostrato di avere i 50 chilometri nelle gambe, di fatto il Record lo aveva già fatto al di fuori dei cronometraggi ufficiali, figurati quando ci è arrivata in quei giorni con il picco di forma previsto proprio lì. Anche rimandare qualche giorno, come abbiamo dovuto fare per il meteo sfavorevole, non è stato un problema».
Com’è stato per te il giorno del Record?
«Ah, io ero a casa, in Italia. Per problemi economici e logistici non potevamo essere lì tutti, ma tanto il mio lavoro lo avevo fatto e avevo la certezza matematica del risultato.
Nessun dubbio?
«Sì, che potesse scoppiare una gomma».