23 ott 2020 – C’è stata un imboscata al Giro d’Italia. I corridori certo non si sono accorti dopo pochi chilometri che c’era un problema meteo nella tappa di oggi. Chissà, forse c’era già un accordo partito tra i velocisti nel gruppetto di ieri, sicuramente qualcuno sapeva perché una cosa così non si decide all’ultimo e se ne poteva parlare ieri sera o stamattina, prima del via.
Che poi il pasticcio si è anche rivolto contro gli stessi corridori, fermi sotto la pioggia ad aspettare i pullman che intanto erano andati via, forse prendevano meno freddo a pedalare.
Lo avevamo scritto anche stamattina: si capisce la protesta, ragionevole anche nelle intenzioni. Pensare di fare più di 250 chilometri sotto il diluvio e con le temperature di fine ottobre è roba da masochisti. I corridori a volte lo sono, il ciclismo lo è. Oggi no. Oggi il ciclismo si è svegliato stanco, quindi comprensibile umanamente, meno dal punto di vista professionale, ancora meno per i modi: dopo la partenza, con imbarazzo dell’organizzazione che si è trovata davanti una scelta già presa e senza possibilità di ribattere, in diretta tv in tutto il mondo. Oggi i corridori hanno detto che il Giro non conta niente. Si sono permessi di mancargli di rispetto senza rendersi conto che la faccia, in ogni caso, la mettono loro e con loro il ciclismo.
Sì, ieri c’è stata una tappa durissima con logistica mal organizzata a quanto pare. Tempi lunghi per raggiungere gli alberghi, traffico, cose che al Tour accadono di rado visto che l’organizzazione pensa anche a questo e al Giro decisamente meno.
Ma che oggi sarebbe stata una tappa di pioggia lo si sapeva già da un paio di giorni, sicuramente da ieri. Che fosse una tappa lunghissima, dopo tanta fatica, lo si sapeva prima della partenza del Giro. Insomma, se c’era da stare attenti e prendere una decisione, al più, si poteva farlo – pure – in anticipo. Dopo no, si scivola irrimediabilmente nel torto e nel grottesco, fino al ridicolo. E in un anno come questo il ciclismo non ne aveva proprio bisogno. Come non aveva bisogno di vedere un Gianni Bugno annaspare in diretta per restare a galla nel suo doppio ruolo di commentatore Rai e presidente CPA, l’organismo che rappresenta i corridori. Alla fine ha ammesso pure di non saperne niente prima, male. E ha continuato a difenderli perché “quello sarebbe il suo ruolo”. Ma un rappresentante di un gruppo deve pensare al suo bene, non allinearsi acriticamente alla massa. Dopo qualcosa ha ammesso, troppo tardi. E anche di questo si dovrà parlare in casa Rai al termine del Giro.
Che poi il paragone è ovvio: avrebbero fatto lo stesso al Tour?
E se domani, a pedalare per tre volte il Sestriere, dovesse piovere, che succede? Non scherziamo per favore. Le condizioni meteo avverse sono contemplate anche dall’UCI e la giornata di oggi non ci si avvicinava neanche da lontano. Il ciclismo oggi ha scritto una pagina buia e vergognosa di cui non c’era bisogno. Sicuramente si è creata una spaccatura in gruppo, diversi non erano d’accordo (a cominciare dalla Bora di Peter Sagan, uno che sa bene cosa significhi il ciclismo).
Troppi corridori oggi hanno fatto da pedine, chi corre – lo dicono gli ex – tende a pensare che il essere al centro di tutto il mondo ciclistico, col rischio di uscirne completamente. Come oggi. Meglio nascondere questa giornata ai nuovi sponsor.
Cronaca della tappa
Dopo il via dato, quindi, ad Abbiategrasso, per 120 chilometri totali, parte subito una fuga con diversi corridori. A tirare è solo la Bora di Sagan, l’unico a credere nella volata. Gli altri tutti a ruota anche per la presenza di corridori di diverse squadre davanti. Nel finale la selezione è lanciata da Campenarts su un paio di strappi in salita. Lo scatto vincente è di Josef Cerny, della CCC che fa un numero notevole rispetto ai cinque inseguitori (Campenaerts, Kejsse, Clarke, Arme e Mosca) rimasti dalla fuga iniziale.
Redazione Cyclinside