Ci sono due partiti ed è difficile prendere posizione. Perché il commento alla (ancora non) tappa di oggi non può essere fatto senza tenere conto di come il Giro d’Italia sia arrivato fino a qui: con una continuità di pioggia e freddo che è difficile da ricordare per intensità e durata.
Perché a guardare solo la situazione odierna difficile non sposare la dichiarazione di Moscon (corridore presente al Giro d’Italia): “il ciclismo è questo, se hanno freddo possono fermarsi dove vogliono, mica ce l’ha ordinato il dottore di correre in bicicletta”.
Il popolo del ciclismo ne riconosce la santità, ma la maggior parte dei suoi colleghi la pensano diversamente e alla fine la soluzione è stata presa dagli organizzatori insieme ai corridori. Che, visti eventi passati, suona un po’ come “o si fa così o non corriamo” che portò alla figuraccia di quella Morbegno-Asti del 2020.
Proprio questa esperienza probabilmente ha portato a una soluzione più soft con un accordo dichiarato bilateralmente e la sottolineatura da parte di Mauro Vegni che i corridori hanno assicurato tappa normale nel finale, quindi battagliata.
Staremo a vedere. C’è anche chi ha messo in discussione l’applicabilità del “protocollo meteo” dell’UCI per temperature estreme (ma l’abbigliamento tecnico adatto esiste pure… ed è quello indossato dai tifosi che se ne stanno tornando a casa dopo essere andati lungo il percorso).
Resta il rammarico dello spettacolo mancato (un’alternativa proposta pare sia stata percorrere il Gran San Bernardo, come previsto nel percorso già addolcito previsto in mattinata, evitando l’arrivo a Crans Montana), dei comuni interessanti che hanno investito su un passaggio di corsa che non ci sarà e guardano la pioggia scendere come tante altre volte al Giro d’Italia.
La domanda che resta martellante in testa è: ma al Tour sarebbe andata allo stesso modo?