19 feb 2020 – Il 16 febbraio 2020 è mancato Adamo Modolo, fondatore dell’azienda ormai storica di componentistica per biciclette.
Lo ricordiamo con il testo pubblicato sul libro “Biciclette Italiane” (Bolis Edizioni, 2011) mandando, al contempo e da parte di tutti noi un abbraccio al figlio Domenico Modolo e alla signora Serena. Adamo Modolo fu il fondatore di questa bella avventura portata avanti, come vedremo, proprio dal figlio Domenico che ha sempre avuto idee molto avanzate rispetto ai tempi in cui sono state proposte.
Si comincia… frenando
Nel ciclismo, a parlare di Modolo, si pensa immediatamente ai freni. Sono proprio i freni il motivo dominante del marchio nato nel 1952 ad opera di Adamo Modolo e fortemente rilanciato dal 1976 quando, in azienda, entra Domenico Modolo, il figlio del fondatore.
Laureato in ingegneria meccanica, Domenico Modolo dà una spinta importante al marchio che, fino a quel momento era conosciuto per la produzione di parti e accessori in acciaio per le biciclette. Soprattutto si rende conto che tecnologia e precisione possono essere concetti da portare all’estremo in bicicletta. È così che nel 1977 arrivano le guaine autolubrificanti in Teflon. I sistemi indicizzati dei giorni nostri sono ancora piuttosto lontani, ma l’aumento di fluidità che deriva da una soluzione di questo tipo viene apprezzata da chi prova il nuovo prodotto.
Modolo propone anche sul mercato un sistema di freni completo chiamato “Top”. È realizzato in lega leggera e il suo successo è immediato tanto da essere esportato in tutto il mondo. Dura fino al 1990 quando il mercato, di fatto, lo mette da parte sotto la spinta di gruppi completi dei marchi più famosi e di una produzione orientale che inizia a invadere l’Occidente con sempre maggiore insistenza.
Il lavoro sui freni Modolo lo fa con meticolosità e cercando soluzioni nuove: dalle leve fino agli archetti e ai pattini. È l’azienda veneta a firmare i comandi Kronos realizzati in una resina che comprende anche carbonio, e siamo solo nel 1980. L’anno successivo le leve vengono completate da un freno particolare: un meccanismo racchiuso dentro un corpo freno ridotto per rendere il sistema molto leggero; ne vengono prodotti solo tremila esemplari. Il nuovo freno fa da precursore ad un sistema idraulico che lo stesso Modolo mette a punto collaborando nella realizzazione della prima bici Colnago-Ferrari.
Qualche anno più tardi, nel 1985, Modolo sperimenta e immette sul mercato uno speciale pattino freno: la composizione non si basa più su una mescola di gomma, ma è il risultato della compressione di speciali polveri sinterizzate che promettono di ottenere una coppia frenante migliore in caso di pioggia. Una soluzione apprezzata moltissimo dai corridori professionisti che adotteranno spesso i pattini freno sinterizzati.
Arrivano i manubri
I freni rappresentano solo una parte del lavoro effettuato da Modolo negli anni. Un altro settore della bicicletta attira l’attenzione del progettista: il manubrio.
Fino agli anni Novanta le curve manubrio erano di due tipi: a cassetta (detta anche “alla Merckx” proprio per la preferenza del campione per questa tipologia di manubrio, oppure da pista, con la parte esterna più scoscesa verso la presa più bassa. Nella sua forma il manubrio della bicicletta da corsa permette al ciclista diverse possibilità di appoggio delle mani.
Modolo si rende conto che la presa sulla piega può essere migliorata: maggiore è la superficie di contatto nei vari punti del manubrio, migliore la comodità del ciclista. In realtà Modolo ha già realizzato una curva sagomata con sei zone d’appoggio ben definite. È un lavoro iniziato nel 1986 che viene lentamente migliorato e pian piano fino al 1990 quando si arriva ad una curva anatomica dedicata agli sprinter: la parte inferiore del manubrio, quella che si impugna nelle fasi di massimo impegno, smette di essere curvata, ma segue la forma del palmo della mano permettendo una presa più salda.
Lo studio sull’appoggio delle mani non si ferma e Modolo lo applica anche al settore fuoristradistico proponendo il manubrio Yuma e poi ancora nella strada con diverse varianti del progetto originario. Nel 2000 si arriverà al manubrio “Curvissima”, subito dopo aver proposto una variante della curva sagomata dedicata alle granfondo. Nel 2002 la Curvissima viene proposta anche in fibra di carbonio.
Quei comandi ibridi
Un’altra innovazione che però non ha avuto il successo meritato è stata l’introduzione del comando integrato Morphos. I comandi cambio ormai sono sul manubrio e Modolo gioca come battitore libero: si adatta sia al sistema Shimano che a quello Campagnolo con un comando integrato unico che si adatta solo spostando un registro. La versatilità è massima vista anche la semplicità con cui il comando sinistro può comandare sia una doppia che una tripla moltiplica. Il mercato ha risposto tiepidamente poiché il settore è fatto da fedelissimi di una o dell’altra schiera (Campagnolo e Shimano), ma l’idea di Modolo rimane comunque molto interessante.
E ancora non finisce qui. Negli anni Modolo ha via via affrontato tutti i settori della bicicletta. Dalle curve manubrio è passato agli attacchi e ai reggisella trovando soluzioni molto interessanti per aumentare le possibilità nel regolare la posizione in sella.
Poi sono arrivate anche le ruote, ormai è storia recente, e si parla fortemente di fibra di carbonio (introdotta, proprio per le ruote, anche nella mountain bike) così come per altri componenti e accessori: dalle guarniture ai portaborraccia. L’ultimo ingresso è un telaio in acciaio. Modolo ha voluto dedicarlo alla single speed con un richiamo all’artigianato italiano nella sua massima espressione. Un telaio dal gusto retrò, su misura e rigorosamente numerato. Roba da intenditori o da ingegneri della bicicletta.
Guido P. Rubino
Condoglianze ai familiari del sig. Modolo.
Ricordo con piacere di aver utilizzato i comandi Morphos, semplicemente geniali e molto, molto robusti, precisi ed affidabili.